Yakuza Kiwami – Recensione

Recensito su PlayStation 4

Sul finire del 2005 debuttava in Giappone Ryū ga Gotoku, giunto qualche mese dopo in Occidente con il nome – decisamente più prosaico – di Yakuza. Il gioco, grazie all’ottimo successo in patria, divenne capostipite di una prolifica serie che però dalle nostre parti non è stata altrettanto fortunata, pur diventando una saga di culto in una cerchia ristretta. In occasione del decimo anniversario del brand Sega ha deciso di realizzare un remake, intitolato Yakuza Kiwami, che sarà disponibile anche in Europa fra poco più di una settimana.

Yakuza Kiwami


Come un drago

Prima di analizzare le aggiunte e migliorie apportate dal remake, è opportuno spendere due parole sul gioco originale, considerato che all’epoca gli acquirenti non furono proprio numerosissimi.

Yakuza, come quasi tutti i suoi epigoni, è essenzialmente un picchiaduro a scorrimento in tre dimensioni calato in un contesto open world (in questo caso Kamurocho, quartiere fittizio di Tokyo), ricco di collectible, subquest e minigiochi, che possono involgere generi diversi, come quello dei dating sim e dei rhythm game. Il protagonista è Kazuma Kiryu, uno yakuza appena uscito dal carcere dopo aver scontato una pena di dieci anni di reclusione. Al suo ritorno a Tokyo, il nostro eroe si renderà conto che molte cose sono cambiate non proprio per il meglio e si troverà invischiato in un intricatissimo e pericolosissimo affare da dieci miliardi di yen.

Yakuza Kiwami

Per quanto la tentazione di definire Yakuza un GTA orientale fosse forte all’epoca, le analogie si fermano al contesto open world (peraltro sviluppato in modo del tutto diverso) e al tema malavitoso: Ryū ga Gotoku è un’avventura fortemente story driven, in cui non si guidano veicoli, non si esplorano intere città o addirittura stati, non si usano in modo diffuso le armi da fuoco, che hanno un ruolo ancillare rispetto alle scazzottate.


Yakuza ai tempi nostri

Con Yakuza Kiwami Sega non voleva reinventare un gioco, bensì adattarlo agli standard odierni della serie: in un certo senso si può dire che questo remake è proprio come sarebbe stato Yakuza se solo fosse uscito dieci anni dopo. Graficamente il titolo si presenta infinitamente superiore rispetto all’originale (come potete vedere sotto), ma ciò è del tutto normale, visto che non si tratta del remaster, già uscito nel 2012 ma rimasto inedito in Occidente. La resa è del tutto analoga a quella di Yakuza 0, non certo strabiliante nel 2017, ma tali miglioramenti tecnici impattano notevolmente anche sulla fruibilità del gioco: in particolare, il frame rate è decisamente più stabile e i caricamenti – che costituivano una vera e propria piaga – sono ridotti sia in frequenza sia in durata.

Considerazioni a parte, invece, merita la localizzazione. Nel 2006 Yakuza giunse con doppiaggio in inglese e traduzione in italiano, ma tutti gli episodi successivi, incluso Yakuza Kiwami, sono stati portati in Occidente con le voci originali e i testi in inglese; d’altro canto, il materiale aggiuntivo (fra cui figurano anche cutscene relative alla trama) avrebbe determinato la necessità di ridoppiare e ritradurre il gioco. Considerata, poi, la scarsa qualità della prima opera di localizzazione – specialmente per quanto riguarda proprio il doppiaggio “gangsta” decisamente fuori luogo – non è il caso di dolersene troppo.

Yakuza Kiwami

Quanto al gameplay il discorso è analogo: d’altronde nell’ambito di una serie molto conservatrice non sarebbe stato ragionevole aspettarsi rivoluzioni proprio da un remake come Yakuza Kiwami. I combattimenti ricordano da vicino quelli apprezzati in Yakuza 0, da cui sono stati mutuati i quattro stili di lotta, che servono a sopperire alla mancanza di altri personaggi utilizzabili, come da consuetudine per la serie da Yakuza 4 in poi. Anche gli aspetti di contorno quali il sistema di crescita e la gestione delle subquest sono stati rimodernati per allinearsi a Ryū ga Gotoku 0, anche se manca tutta la parte relativa al business.

Le aggiunte riguardano per lo più il materiale opzionale e meccaniche secondarie, come quella – peraltro non inedita – dei Completion Point. Fra tutte spicca Majima Everywhere, una lunghissima subquest che consentirà a Kazuma di riscoprire lo stile del Drago di Dojima. In sostanza durante le passeggiate per Kamurocho può capitare di imbattersi in diverse varianti di Majima, da sconfiggere per apprendere nuove abilità e per accumulare una valanga di punti esperienza, che vi serviranno in grandi quantità se vorrete completare gli skill tree.

Esistono poi due ulteriori minigiochi cui si legano diverse nuove substory: uno di Mini 4WD mutuato da Yakuza 0 e MesuKing, un gioco di carte basato sullo schema sasso-carta-forbici. In buona sostanza dunque il discorso fatto per il comparto tecnico si attaglia anche al gameplay: con Kiwami, Yakuza è stato adattato agli standard di Yakuza 0, e ciò ha comportato un incremento notevole della longevità per i completisti. Anche se forse qualcuno (non chi scrive, di sicuro, NdR) si è stancato di setacciare Kamurocho per l’ennesima volta…

Yakuza Kiwami


Yakuza Kiwami conserva i pregi del gioco originale e lo eleva allo stadio evolutivo raggiunto dalla serie con Yakuza 0, rivelandosi un’esperienza congeniale sia per i neofiti (che farebbero bene a iniziare proprio da qui, a questo punto), sia per i conoscitori della saga. Certo, l’uscita è un po’ troppo ravvicinata rispetto a quella di Yakuza 0 (gennaio 2017), ma siamo sicuri che i fan di Kazuma non si lasceranno scappare Kiwami nell’attesa di Yakuza 6.

8.5

Pro

  • Le migliorie tecniche impattano positivamente sulla fruibilità del gioco
  • Numerose aggiunte, anche a beneficio della trama

Contro

  • Tecnicamente risente dello sviluppo cross-gen
  • L'originale Yakuza era stato tradotto in italiano
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