L’uovo dell’Angelo Recensione
L'opera di svolta di Mamoru Oshii torna al cinema, pronto a essere riscoperto
Se frequentate ambienti o amici appassionati di animazione giapponese, L’uovo dell’Angelo (“Tenshi no Tamago”) è possibile che sia uno di quei film di cui abbiate sentito parlare, ma che per età e difficile reperibilità sia rimasto nella categoria “nicchia della nicchia”.
Diretto da Mamoru Oshii, diventato poi famoso per opere come Ghost in the Shell, che ne ha anche curato la storia assieme a Yoshitaka Amano, a sua volta anche character design e direttore artistico, il film è uscito originariamente nel 1985 e rappresenta un esperimento straordinario che fonde estetica e simbolismo. La sua produzione, piuttosto ridotta in termini di budget, non gli ha impedito nel tempo di ascendere a status di cult del genere, soprattutto grazie alla sua capacità di evocare emozioni tramite immagini potenti e suggestive.
In occasione dei quarant’anni dall’uscita originale, L’uovo dell’angelo è stato rimasterizzato in 4K e rilasciato nuovamente nei cinema, offrendo una nuova occasione di esplorarlo sia per chi lo aveva già amato, sia per le nuove generazioni che non hanno avuto la possibilità di vederlo prima d’ora. E se per voi questo è il caso, è una lacuna che vi consigliamo caldamente di colmare.
La nuova versione è un omaggio alla bellezza visiva e alla profondità di un’opera che, pur non raccontando una storia nel senso tradizionale del termine, lascia un’impressione duratura, che sprona lo spettatore a pensare, a riflettere sul suo messaggio implicito, e a cercare di decifrare i numerosi simboli nascosti nelle sue immagini.

Le rovine della civiltà
Il film si apre su un’ambientazione apocalittica, quella che appare una civiltà decaduta, dipinta con una fusione di elementi gotici e surreali, immersa nella solitudine e sovrastata da un cielo pesante che la sferza con un forte vento e un’incessante pioggia. Una ragazza misteriosa cammina attraverso il desolante paesaggio. Non un dialogo, solo il suono atmosferico che la accompagna. La giovane si aggira per quel mondo desolato portando con sé un uovo che sembra essere il centro del suo destino.
L’uovo che la ragazza porta con sé resta un simbolo enigmatico, ma anche una chiave di lettura che il film offre al pubblico. La presenza dell’uovo, con la sua fragile bellezza, è l’unico elemento che potrebbe dare un senso di conforto, una speranza per un mondo privo di luce e certezze.
Insieme a questa figura femminile, nel film appare anche un misterioso giovane uomo dallo sguardo spento e armato di un’arma, un grosso fucile a forma di croce. L’interazione tra i due, come pure gli oggetti che portano con sé, è simbolicamente densa, ricca di non-detti e di silenzi carichi di significato. La loro relazione è inquietante quanto affascinante, e la tacita tensione tra i due è il mezzo che porta avanti la riflessione filosofica che il film tenta di sviluppare. In questo modo, Oshii ci invita a non cercare risposte immediate ma a lasciare che l’esperienza visiva e sensoriale ci accompagni nel misterioso viaggio.

Tra silenzi e simbolismo
L’uovo dell’angelo è un film che trascende le convenzioni narrative tradizionali. Nonostante il suo linguaggio visivo complesso e l’apparente assenza di una trama chiara, il film cerca di trasmettere in modo tutt’altro che didascalico temi legati alla dualità tra innocenza e corruzione, irrimediabilmente legata alla natura umana.
L’ambientazione apocalittica è pregna di simbologia che si rifà al mitologema del diluvio universale. Il paesaggio desertico e le figure misteriose che popolano la storia sembrano suggerire un mondo in cui l’umanità ha perduto la sua strada, ma dove la possibilità di un nuovo inizio è comunque presente. La ricerca della protagonista si fa quindi metafora della ricerca umana di significato in un mondo che sembra privo di ordine e di giustizia.

In diversi momenti, il film sembra quasi sospeso: più che raccontare una vicenda, cerca di evocare sensazioni, emozioni, immagini… un’esperienza visiva e sensoriale piuttosto che un intreccio. Ogni immagine, scandita da lunghi momenti di immobilità, suggerisce una riflessione sull’umanità, sulla sua relazione con la spiritualità e sul suo impatto sul mondo. La solitudine della giovane non è solo fisica, ma anche esistenziale. L’uovo che porta con sé è il simbolo di una speranza, di innocenza, di salvezza, tanto fondamentale quanto fragile.
Oshii, con la sua regia meticolosa e con l’uso di lunghi silenzi, ci invita a riflettere sulla difficoltà di trovare risposte in un mondo che rischia di sfuggirci tra le dita, ma anche sull’importanza di questa ricerca, pur nella sua incertezza.

L’uovo dell’angelo: un’esperienza cinematografica unica e sfuggente
L’uovo dell’angelo non è un film che può essere facilmente compreso al primo sguardo, e non è nemmeno un film che cerca di offrire risposte concrete. È fondamentale che non vi approcciate con l’aspettativa di trovare azione, dialoghi corposi o spiegazioni.
È un’opera che affida al pubblico la responsabilità di interpretare i suoi simboli, i suoi temi e i suoi silenzi. Ogni sequenza è un invito a riflettere, a immergersi in un mondo che, pur nel suo mistero e nella sua indolenza, sa affascinare in modo inquietante.
La nuova versione rimasterizzata in 4K restituisce la bellezza visiva del tratto artistico di Yoshitaka Amano e la potenza emotiva che avevano reso questo film un capolavoro cult della storia del cinema d’animazione, che si riconferma un’esperienza immersiva, quasi sensoriale.
Per chi non ha mai visto L’uovo dell’angelo, questa è un’opportunità imperdibile di esplorare un’opera che ha sfidato le convenzioni del cinema d’animazione e che, ancora oggi, continua a conquistare le sensibilità. Per chi lo aveva già apprezzato in passato, la versione rimasterizzata è un’occasione per riscoprire la magia di un film che rimane una delle esperienze più affascinanti e misteriose del panorama cinematografico internazionale.
Un cult immortale da riscoprire
Pro
- Visivamente magnifico
- Pregno di simbologia e significato
- Emotivamente e intellettualmente stimolante
Contro
- Per qualcuno potrebbe essere eccessivamente lento e criptico