Recensione Assassinio a Venezia: un caso sovrannaturale per Poirot
Recensione Assassinio a Venezia | Kenneth Branagh porta il celebre detective in una Venezia spettrale grazie a un film che sfida il giallo classico.
Assassinio a Venezia ha un innegabile tocco di eleganza. Kenneth Branagh e lo sceneggiatore Michael Green ci regalano un adattamento originale di uno dei romanzi di Agatha Christie meno noti, ma non per questo meno carico di tensione.
In questo terzo capitolo, Hercule Poirot si trova a Venezia, immerso in un contesto circoscritto (e a tratti claustrofobico), ovvero un decadente palazzo sul Canal Grande durante una tempesta che impedisce a chiunque di lasciare il luogo, e dove l’omicidio diventa inevitabile.
Assassinio e Venezia RECENSIONE | Cosa aspettarsi
Dopo la rigidità meccanica di Assassinio sull’Orient Express e la rappresentazione un po’ sbiadita e prevedibile di Assassinio sul Nilo, Branagh interpreta ancora una volta il celebre investigatore e sembra finalmente liberarsi da molte restrizioni per abbracciare una dimensione più sofisticata. Poirot, icona di logica e metodo, in Assassinio a Venezia (titolo originale A Haunting in Venice) si trova costretto dalle circostanze a confrontarsi con l’irrazionalità, l’occulto e addirittura la fede.
L’origine di Assassinio a Venezia
La trama di Assassinio a Venezia si basa su un’idea di Agatha Christie e l’adattamento porta con sé nuovi personaggi e molte differenze rispetto all’opera originale: ci troviamo infatti in un tempo e in un luogo completamente diversi rispetto all’ambientazione del romanzo Poirot e la strage degli innocenti.
Pubblicato nel 1969 e situato nella piccola cittadina inglese di Woodleigh Common, nell’adattamento cinematografico, il setting si sposta nella Venezia dell’anno 1947. Alcuni personaggi chiave rimangono invariati, insieme a determinati sviluppi narrativi, ma è interessante notare che l’azione si svolge nella notte di Ognissanti. Anche se, per l’ambientazione lagunare, una festa di Halloween può sembrare un pelino po’ inusuale.
In questo contesto purtroppo lo spettatore deve fare lo sforzo di accettare, con una temporanea sospensione della realtà, alcune discutibili scelte geografiche, climatiche e persino architettoniche. Prima su tutte: anche se non si è intenditori di Venezia, ci si chiede se non ci siano altri modi, in casi come questi, per avvicinarsi a un palazzo da un’altra direzione, ad esempio via terra. Assassinio a Venezia si presenta tuttavia come un film che mescola abilmente elementi di horror puro con la tradizione del giallo.
Un Poirot a riposo a Venezia
In ritiro autoimposto nella suggestiva ed enigmatica Venezia del secondo dopoguerra, Hercule Poirot evita accuratamente qualsiasi contatto con il mondo esterno, protetto diligentemente dalla sua affidabile guardia del corpo, Vitale.
La sua quiete viene disturbata quando, dopo un’inattesa visita da parte di un’amica, l’autrice di gialli americana Ariadne Oliver. Poirot viene convinto, seppur riluttante, a partecipare a una seduta spiritica che si terrà in un palazzo decadente e dal fascino spettrale, situato sulle sponde della laguna, proprio alla vigilia di Ognissanti.
Sebbene l’investigatore smascheri in pochi minuti l’inganno orchestrato da una medium che manipola la seduta, la situazione si complica quando Poirot si trova di fronte a una serie di fenomeni inspiegabili, strettamente legati al passato dei personaggi che lo circondano, un intricato labirinto che dovrà risolvere con la sua acuta abilità deduttiva.
Le scelte di regia di Branagh
Kenneth Branagh, ricorrendo ai cliché tipici degli horror come i banali jumpscare, si concentra meno sul mistero alla “chi è il colpevole” (whodunit), mostrando indizi che possono almeno parzialmente svelare alcuni aspetti dell’intrigo agli spettatori più smaliziati.
Tuttavia, il mistero rimane al centro della narrazione e il giallo c’è, e si vede soprattutto tramite l’approccio graduale di Poirot alle indagini, che proseguono principalmente attraverso gli interrogatori dei personaggi. Questi interrogatori rivelano retroscena e possibili moventi, seguendo una struttura narrativa rigorosa ma coerente con il genere. È interessante notare che il film evita scene di combattimento o inseguimenti in favore di una rappresentazione più sottintesa della violenza, che resta spesso fuori campo.
In veste sia di attore che di regista, Branagh trasmette l’essenza del divertimento attraverso il proprio personaggio, Poirot, capace di trovare la logica nell’apparentemente illogico, anche quando è palese che, a causa di una prolungata inattività, una ferita alla testa e altre complicazioni, non sia al massimo delle sue capacità.
L’elemento sovrannaturale rappresenta un ulteriore strumento narrativo nel film, sia nel suo sviluppo, sia attraverso numerosi dettagli visivi che, giocando con distorsioni, fish-eye, primi piani esagerati e piani olandesi, suggeriscono un indizio essenziale per avvicinarsi alla soluzione finale.
Si conosce più a fondo Poirot
Assassinio a Venezia prosegue, in una certa misura, il percorso di umanizzazione del personaggio creato da Agatha Christie da parte di Kenneth Branagh. Se in Assassinio sul Nilo, oltre a svelare l’origine dei leggendari baffi di Poirot, Branagh aveva già iniziato a creare crepe emotive nella corazza apparentemente indistruttibile del detective, ora lo costringe ad affrontare qualcosa che è ancora più al di là della realtà empirica.
È un incontro insolito per Poirot, quello in cui è costretto a mettersi in dubbio: gli strani fenomeni che sembrano verificarsi in una sontuosa, ma maledetta dimora veneziana, e che persino Poirot stesso fatica a spiegare, sono reali o indotti? Il film si concentra intensamente sul tema del dubbio e, nel finale, offre uno sguardo sull’apertura di una di queste crepe nell’armatura emotiva del detective belga. Questa crepa non lo rende più fragile, ma piuttosto lo arricchisce.
Assassinio e Venezia RECENSIONE | Vale la pena guardarlo?
Potrebbe essere troppo banale per i fan dell’horror, ma la svolta gotica di un giallo funziona straordinariamente bene. Con un’ambientazione deliberatamente circoscritta, l’azione risulta influenzata e, in qualche modo, la trama di Assassinio a Venezia manca di incisività, non riuscendo a sfruttare appieno le complesse psicologie dei personaggi secondari. Tanto da far sembrare il cast di talento quasi sprecato.
Tuttavia, nonostante queste limitazioni, assistere alle indagini di Poirot rimane sempre un piacere. A patto che, almeno in questo capitolo, si sia disposti a tollerare un’interessante alternanza di suspence, jumpscare e spiegoni dettagliati. Assassinio a Venezia offre un’esperienza diversa rispetto ai capitoli precedenti: gli indizi e le false confessioni giocano un ruolo significativo, fino alla fine.
Assassinio a Venezia è prodotto da 20th Century Studios e distribuito nelle sale italiane a partire dal 14 settembre da The Walt Disney Company Italia. Questa volta, il cast vanta una serie di volti noti, da Kyle Allen a Jamie Dornan, Tina Fey, Kelly Reilly e Michelle Yeoh, e aggiunge un tocco italiano con la presenza di Riccardo Scamarcio.
Kenneth Branagh continua a essere un grande fan di Agatha Christie in questo adattamento molto personale.
Pro
- Un allontanamento stilistico dai precedenti Poirot di Branagh
- Interessante mix tra horror e giallo
- Poirot viene umanizzato e approfondito
Contro
- Cast e personaggi secondari sprecati
- Troppi jumpscare a spezzare la suspence