Gaming e alta formazione: l’Italia è pronta al salto di qualità?

Il videogioco tra crescita di mercato, stereotipi e sfide educative ancora aperte

Formazione Gamification
Il videogioco in Italia è ancora visto come mero intrattenimento fine a sé stesso, quando ormai nel 2025 bisognerebbe aprire i propri orizzonti

In Italia, il settore videoludico continua a crescere a ritmi sostenuti, ma il mondo accademico fatica a riconoscerne il valore della formazione. Sebbene i videogiochi siano ormai parte integrante del panorama culturale e tecnologico globale, permangono pregiudizi che li relegano a semplice passatempo. È quanto emerge dal progetto europeo P+ARTS(Partnership for Artistic Research in Technology and Sustainability), promosso da dieci istituzione AFAM e finanziato dal PNRR, che punta a ridefinire il rapporto tra arte, tecnologia e formazione.

Secondo l’ultimo report di IIDEA, nel 2023 il mercato videoludico italiano ha generato un fatturato di oltre 2.3 miliardi di euro, con una crescita del 5% rispetto al 2022e del 28% sul 2019. Gli utenti attivi sono 13 milioni, con un’età media di 30 anni. Nonostante questi numeri, l’alta formazione in ambito gaming è ancora limitata e disomogenea.

Formazione e mercato: un disallineamento da colmare

L’Osservatorio sull’industria Videoludica, coordinato dal SAE Institute, ha anlizzato 150 corsi universitari in Europa, evidenziando come in Italia manchi una formazione verticale e coerente con le esigenze del settore. Oltre il 75% dell’offerta è erogata da enti privati, concentrati nel nord, mentre il sud resta fortemente sottorappresentato. Inoltre, molti percorsi accademici trattano il videogioco come disciplina secondaria, all’interno di corsi di informatica, design o comunicazione.

“Il videogioco è un medium potente e trasversale. Integra logica, tecnica, narrazione, arte e musica. Serve superare la visione riduttica che lo associa solo all’intrattenimento”, sottolinea Andrea Bonsignore, CEO di Faberludum.

L’assenza di docenti altamente specializzati e la rapida evoluzione tecnologica, soprattutto in ambiti come intelligenza artificiale e realtà aumentata, rappresentano ostacoli importanti per aggiornare l’offerta formativa. Tuttavia, gli usi innovativi del gaming – dalla formazione aziendale alla valorizzazione dei beni culturali, fino alla didattica ambientale – dimostrano quanto sia urgente investire in nuovi modelli educativi.

Il SAE Institute propone tre direttrici per il rilancio:

  • Più umanesimo nei percorsi STEM: l’arte e la cultura devono dialogare con la tecnologia;
  • Connessione reale con il mercato del lavoro: formare professionisti per le esigenze concrete delle aziende;
  • Ripesare il videogioco come linguaggio: non solo medium, ma ambiente culturale, educativo e sociale.

“Con progetti come Can You Renew It?, abbiamo trasformato il gaming in uno strumento educativo per sensibilizzare su temi come la sostenibilità. La gamification è un ponte tra sapere e fare”, racconta Bonsignore.

Non mancano esempi concreti di come l’Italia stia lasciando il segno a livello internazionale. Titoli come Alaloth: Champions of the Four Kingdoms – un action RPG sviluppato da Gamera Interactive con una forte ispirazione ai classici occidentali – o Enotria: The Last Song, il “soulslike all’italiana” ambientato in un mondo ispirato al folklore mediterraneo, dimostrano come sia possibile unire competenza tecnica, visione artistica e identità culturale. Sono progetti che parlano una lingua globale, ma con radici ben piantate nel territori.

Il potenziale c’è: servono solo gli strumenti formativi e culturali per liberarlo davvero.

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