Resident Evil 3 Remake – Il flop più clamoroso di Capcom degli ultimi 10 anni

L'analisi del capitolo più controverso della storia dei remake di Capcom.

Resident Evil 3 Remake Title Screen del gioco
Resident Evil 3 Remake Title Screen del gioco

Se nutrite anche solo un interesse marginale per l’universo di Resident Evil, è matematicamente impossibile che nel 2020 siate sfuggiti all’uragano mediatico scatenato da Resident Evil 3 Remake. Parliamo di un titolo che ha polarizzato l’utenza come pochi altri nella storia recente, facendo scorrere fiumi di inchiostro digitale tra poche luci e, purtroppo, moltissime ombre.

L’opera è finita quasi istantaneamente al centro di una gogna pubblica, criticata con una ferocia inaudita.

Il pomo della discordia non è stato tanto il comparto tecnico, quanto una scelta di design percepita come un tradimento: una mole spropositata di tagli ai contenuti emblematici e un cambio di rotta nella formula di gioco, che ha sacrificato la tensione survival originale per una deriva action sbrigativa e lineare, decisamente poco apprezzata dallo zoccolo duro della community.

RE3 Remake: nonostante tutto, il gameplay loop migliore

Tuttavia, bisogna avere l’onestà intellettuale di scindere i contenuti dalle meccaniche. Se analizziamo puramente il feeling pad alla mano, c’è poco da discutere: Resident Evil 3 Remake vanta, a mio avviso, il gameplay loop più solido, raffinato e appagante dell’intera saga di rifacimenti moderni.

Il sistema di gioco non è una semplice copia, ma la naturale sublimazione di quanto visto in Resident Evil 2: prende quella base eccellente e la “sgrezza”, rendendola infinitamente più fluida e reattiva.

Il risultato è un’alchimia perfetta, un connubio che riesce a bilanciare la tensione ansiogena del survival horror classico con il giusto pizzico di action dinamico. Non si limita a farti sopravvivere, ma ti dà gli strumenti per combattere con stile, creando un flusso di gioco che semplicemente funziona in modo impeccabile.

La vera chiave di volta, l’asso nella manica che definisce l’identità meccanica di questo titolo, risiede proprio nel cambio di paradigma difensivo.

Capcom ha avuto il coraggio di rottamare il sistema degli “Oggetti di Difesa” di Resident Evil 2, basato sul consumo passivo di risorse limitate come pugnali e granate per sfuggire alle prese, in favore di un approccio drasticamente più dinamico e, da una parte, skill-based.

L’introduzione della Schivata Perfetta (o Perfect Dodge) non è una semplice aggiunta, ma il cuore pulsante del gameplay: questa meccanica sposta l’ago della bilancia dall’inventario ai riflessi di chi ha il pad in mano. La sopravvivenza non si compra più accumulando risorse, ma si guadagna sul campo leggendo i movimenti del nemico.

È una scelta che velocizza il ritmo dell’azione e gratifica enormemente l’abilità, trasformando ogni attacco subito non in una condanna, ma in un’opportunità per contrattaccare con stile devastante.

Resident Evil 3 Remake La meccanica della schivata presente nel gioco
La meccanica della schivata presente nel gioco

Un Nemesis martoriato

Purtroppo, l’eccellenza del gameplay si infrange contro lacune contenutistiche che definirei incolmabili rispetto all’opera originale. La ferita più dolorosa e imperdonabile riguarda proprio la gestione del Nemesis, l’iconico mostro che dà il titolo al gioco originale.

In questo remake, la figura del persecutore implacabile viene completamente stravolta e, purtroppo, depotenziata; quella che doveva essere l’evoluzione definitiva dello “stalker” videoludico per eccellenza, è stata invece ridotta a una sequenza di eventi scriptati.

A differenza dell’imprevedibilità che caratterizzava il Nemesis del 1999 (o il Mr. X del remake precedente), qui il mostro non ci dà quasi mai la sensazione di essere braccati dinamicamente: compare solo quando la regia lo decide, venendo relegato a una serie di spettacolari ma innocui setpiece cinematografici e a boss fight in arena, mossa che fa perdere all’iconico mostro tutta la sua terrificante onnipresenza.

Nel 1999, il giocatore aveva una reale agency: poteva decidere in una frazione di secondo se affrontare il Nemesis o darsela a gambe. Scegliere la via del combattimento era una tipica scommessa di Rischio vs Ricompensa: se riuscivi ad abbatterlo, ottenevi armi esclusive che cambiavano le sorti della run.

Nel remake, questa profondità strategica è stata azzerata in favore di una linearità disarmante.

Il Nemesis è stato reso, di fatto, immortale durante le fasi di inseguimento: sprecare munizioni contro di lui serve solo a rallentarlo momentaneamente, annullando qualsiasi incentivo allo scontro tattico.

Inoltre, la struttura del gioco ha reso tutte le Boss Fight obbligatorie e scriptate, rimuovendo quella libertà di approccio che permetteva, nell’originale, di scrivere la propria storia di sopravvivenza.

Resident Evil 3 Remake Uno dei tanti incontri con Nemesis
Uno dei tanti incontri con Nemesis

Scelte multiple? Quali scelte multiple?

Un altro pezzo di anima andato perduto è la geniale meccanica del “Live Selection”. Nel Resident Evil 3 originale, il gioco metteva costantemente il giocatore di fronte a bivi decisionali in tempo reale, permettendogli di stravolgere l’esito di una situazione in una frazione di secondo.

Sebbene queste scelte siano ricordate principalmente durante gli incontri con il Nemesis, la loro funzione era molto più estesa: servivano spesso a determinare l’approccio tattico contro intere orde di zombie, magari permettendo di interagire con lo scenario per far crollare impalcature o creare trappole ambientali.

Ebbene, di questa genialità sistemica, nel remake non è rimasta nemmeno l’ombra.

La meccanica è stata completamente estirpata, cancellando di colpo quella stratificazione che rendeva ogni partita diversa dall’altra e costringendo la giocatrice ad un corridoio narrativo privo di vere biforcazioni.

Resident Evil 3 La live selection presente nel gioco originale
La live selection presente nel gioco originale

La scure dei tagli si abbatte anche su delle location iconiche

Ma il vero “elefante nella stanza”, l’aspetto che ha attirato le critiche più feroci e giustificate, è la mutilazione strutturale della mappa di gioco. Questo remake si è guadagnato una triste fama per la scure impietosa con cui Capcom ha rimosso intere macro-sezioni che definivano l’identità dell’originale.

L’esempio più doloroso è senza dubbio la Torre dell’Orologio di Saint Michael: un luogo iconico, fondamentale per l’atmosfera gotica del 1999, che qui è stato ridotto a un mero sfondo inaccessibile per una boss fight.

Ma la lista delle assenze illustri continua con la rimozione totale del Raccoon Park e del cimitero annesso. Tagliando queste aree, gli sviluppatori hanno eliminato anche lo storico scontro con il Grave Digger (il boss verme), impoverendo drasticamente non solo la longevità, ma anche la varietà del bestiario e delle situazioni di gioco.

La beffa finale risiede nel comprendere cosa abbiamo ottenuto in cambio di questi sacrifici.

Tutte le location iconiche rimosse sono state barattate in favore di una sezione dell’Ospedale enormemente dilatata e prolissa, un’espansione di cui, francamente, né la narrazione né i fan sentivano il minimo bisogno.

Questa scelta di design ha finito per distruggere la varietà ambientale che rendeva unico l’originale: invece di un viaggio eclettico tra parchi, cimiteri e torri gotiche, siamo stati costretti a un appiattimento tematico che culmina nel più banale dei cliché: il classico ospedale che nasconde nei sotterranei l’ennesimo, prevedibilissimo Laboratorio dell’Umbrella (il NEST 2).

Sostituire la sporcizia industriale della “Dead Factory” originale con corridoi bianchi e asettici non ha fatto altro che rendere il finale di questo titolo una copia sbiadita di Resident Evil 2, privandolo della sua identità visiva distintiva.

Resident Evil 3 Remake Una delle sezioni dell'Ospedale
Una delle sezioni dell’Ospedale

Almeno narrativamente Resident Evil 3 Remake si eleva dall’originale

Tuttavia, in questo quadro complessivo a tinte fosche, brilla una luce intensa: il comparto narrativo.

È doveroso ammettere che, almeno sotto il profilo della scrittura, Resident Evil 3 Remake si eleva nettamente sopra la sua controparte originale, riuscendo a espandere e approfondire tutto ciò che nella trama del 1999 era solo abbozzato.

A trarre il maggior beneficio da questa opera di riscrittura sono i personaggi secondari (in particolare Carlos Oliveira e il team U.B.C.S.), finalmente, queste figure cessano di essere semplici ‘macchiette’ o stereotipi bidimensionali messi lì solo per fare da sfondo all’avventura di Jill.

Nel remake, acquisiscono uno spessore psicologico reale, motivazioni credibili e una chimica relazionale tangibile, trasformandosi da comparse dimenticabili a veri e propri coprotagonisti capaci di dare un peso emotivo alla storia.

Ma il vertice di questa maturazione narrativa è rappresentato proprio da lei: Jill Valentine. Rispetto all’eroina stoica e un po’ stereotipata del 1999, questa nuova incarnazione vanta una profondità emotiva e psicologica inedita.

Il cambiamento è palpabile fin dai primi secondi di gioco: l’intro davanti allo specchio non è una semplice scena d’apertura, ma una potente dichiarazione d’intenti.

Vediamo una donna segnata, vulnerabile, che soffre di un evidente PTSD causato dagli orrori vissuti pochi mesi prima a Villa Spencer: questa scelta di mostrare le cicatrici mentali rende il personaggio incredibilmente umano e tridimensionale.

Jill smette di essere un semplice avatar action; diventa una persona reale, capace di mostrare paura, rabbia, sarcasmo e compassione.

Il suo spettro emotivo esplode finalmente nelle relazioni con gli altri personaggi, trasformandola da “super-poliziotta” a sopravvissuta credibile con cui è impossibile non empatizzare.

Resident Evil 3 Remake Nikolai uno dei personaggi migliori in questo remake
Nikolai uno dei personaggi migliori in questo remake

Molte ombre e poche luci

In conclusione, il verdetto su Resident Evil 3 Remake non può che essere severo: purtroppo, rischia di rimanere nella storia come un capitolo dimenticabile, un’occasione mancata schiacciata dal peso di errori di design e tagli ai contenuti che, ancora oggi, appaiono del tutto ingiustificabili.

È un vero peccato, un autentico spreco di potenziale, il rammarico brucia ancora di più perché, paradossalmente, il gioco aveva le carte in regola per eccellere: narrativamente riesce a compiere un miracolo, elevando “infinitamente” la struttura dell’originale e raggiungendo un livello di scrittura e caratterizzazione davvero pregevole.

Ma se penso a cosa sarebbe potuto diventare questo titolo se quella splendida narrazione fosse stata supportata dalla stessa tridimensionalità sistemica, dalla stessa libertà e dalla stessa ricchezza di ambientazioni che aveva l’opera del 1999, la sensazione dominante non è rabbia, ma un profondo, persistente amaro in bocca.

Vi lascio infine il mio scorso editoriale su Resident Evil 2 Remake, ed il link per acquistare il gioco da Steam.

Vai alla scheda di Resident Evil 3 Remake
Ti è piaciuto quello che hai letto? Vuoi mettere le mani su giochi in anteprima, partecipare a eventi esclusivi e scrivere su quello che ti appassiona? Unisciti al nostro staff! Clicca qui per venire a far parte della nostra squadra!

Potrebbe interessarti anche