Elite: Dangerous – Recensione

L’idea del viaggio è, nel videogioco, uno dei motivi maggiormente ricorrenti. Essendo strettamente correlata ad una delle necessità più intime dell’essere umano, quella di voler spingere la conoscenza di ciò che lo circonda sempre un centimetro più in là, costituisce da tempi non sospetti un anelito a cui poche fra le produzioni moderne riescono a sfuggire.

Esemplificate attraverso meccaniche free roaming e/o sandbox, ci si ritrova soventemente abbarbicati in codici binari de facto minuziose descrizioni di aree esplorabili che, seppur vaste, non beneficiano di estensioni mastodontiche. Perché non mettere a disposizione dell’homo ludens un intero universo generato proceduralmente, perciò? Analizzare una produzione intimamente correlata alla sua capacità di intarsiare avventure potenzialmente infinite accoppiando il proprio DNA digitale a quello organico dell’essere umano che lo esperisce appare essere compito apparentemente improbo, sebbene non sia impossibile definire, con poche, semplici parole, le meccaniche basilari che indistintamente proiettano l’animo di ogni homo ludens in una dimensione fatta di tantissima esplorazione, molto grinding e parecchia tenacia. Un posto da favola, plasmato dal videogiocatore, più che dal programmatore, un perenne divenire denominato, incidentalmente, Elite: Dangerous.

Autopilot in three, two, one…

L’adattamento alle leggi e alle metodologie di controllo che regolano la vita in questo mastodontico universo è tendenzialmente difficile, probabilmente destabilizzante per la maggior parte dei videogiocatori. Pur essendo dotato di un training decisamente completo, le prime ore di Elite: Dangerous spaventano, spingono alla fuga coatta, quasi, ponendo il fruitore nel bel mezzo di una dimensione all’interno della quale poco o nulla appare chiaro ed intelligibile. A meno che non ci si dedichi alle missioni ottenibili nei pressi di qualche stazione spaziale attraccabile, il libero arbitrio soggiacente il codice binario dell’opus ludicum si rivela essere croce e delizia per tutti quei palati abituati oramai ad essere presi per mano, condotti per filo e per segno senza possibilità di alcuna divagazione dai propri obiettivi, costituendo a tutti gli effetti una “lacuna” che, come una scheggia impazzita, mina quell’immediatezza tipica dei giochi indirizzati ai sistemi d’intrattenimento digitali da salotto.

L’universale visione di Braben e soci si rivela essere, paradossalmente, una visione che allontana le masse, in modo particolare chi è poco avvezzo alle simulazioni spaziali. Il rischio? Quello di stancare presto a causa di alcune convoluzioni nel gameplay, soprattutto in mancanza di un obiettivo finale ben preciso.


Elite 2.0

Una constatazione, quest’ultima, più che una critica, una lucida presa di posizione nei confronti di una creazione che altrimenti rasenta la perfezione. Le varie declinazioni giocose presenti all’interno di Elite: Dangerous, sebbene sottendano il più delle volte una (poco) velata chiamata al grinding, deliziano tutti coloro i quali sappiano coglierne l’unicità, pad alla mano, donandogli miriadi di input differenti a seconda della propria, personale, attitudine. Setacciare meteoriti in cerca di risorse, consegnare merci, dare la caccia a temibili pirati spaziali o, perché no, girovagare per l’universo per il semplice piacere di farlo rappresentano solo alcune delle attività ricreative proposte. Si può combattere contro altri players, dando vita a spettacolose battaglie astrali contraddistinte da un elevato tasso di libidine, upgradare il proprio veicolo, scalare le classifiche ed aumentare il proprio ranking, in maniera tale da sbloccare tutta una serie di permessi e navicelle intergalattiche o perché no, lasciarsi coinvolgere anche su Xbox One da Powerplay, nuovo sistema che pone l’accento sull’importanza delle fazioni e della loro influenza all’interno dell’universo di Elite: Dangerous, nonché della competitivissima modalità multigiocatore CQC.


Lavorare di fino

Straordinario. Non esistono altri termini per definire un adattamento console che ha del miracoloso come questo. Frontier è riuscita a risolvere brillantemente ogni possibile problematica derivante dalla migrazione del sistema di controllo da PC a console, ottemperando al non facile compito di distribuire con eleganza e perizia tecnica ogni funzione di gioco disponibile, sfruttando il controller di Xbox One che, per quanto sia davvero buono, presenta un numero di possibilità di input limitato a confronto dell’accoppiata HOTAS-tastiera. Un porting egregio, evidenziato anche dalla caratura della parte tecnica, fantastica grazie all’utilizzo di un motore grafico che riesce a muovere fluidamente l’azione senza deteriorare la qualità complessiva dell’immagine, che a volte riesce ad incantare per mezzo di scorci dannatamente cool.

Un amore di gioco, insomma? In poche parole, sì, e considerando anche le intriganti prospettive future legate al lancio dell’espansione Horizons, Elite: Dangerous non fatica a riverarsi come uno dei titoli di riferimento per tutti gli appassionati della simulazione spaziale tout court.

Che dire? Braben ci fa sognare ancora una volta. Sebbene in misura differente rispetto al capostipite della serie, Elite: Dangerous elargisce a piene mani gran parte delle leccornie che, negli anni, hanno reso la saga talmente unica da venir considerata inarrivabile per qualsiasi altro. Bello, sconfinato, divertente, con questa versione il titolone Frontier conferma la bontà del proprio codice binario anche in ambito console, offrendo la possibilità di calarsi nei panni di un pilota intergalattico in un ecosistema, quello Xbox One, dominato da produzioni decisamente avare di esperienze di questa tipologia. Must buy.
8.5

Pro

  • - Longevità potenzialmente infinita
  • - Divertente ed appassionante
  • - Tecnicamente quasi ineccepibile

Contro

  • - Curva di apprendimento inizialmente ripida
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