Back in Time – Final Fantasy I Anniversary

Il mondo dei videogiochi corre a una velocità spaventosa: ancora non abbiamo fatto tempo a riprenderci da un ricchissimo 2017 che il 2018 già ci incalza, con uscite di assoluto rilievo come Dragon Ball FighterZ, Monster Hunter World e Dissidia Final Fantasy NT. Nel mezzo di questo marasma però, è bene ogni tanto fermarsi e guardare al passato: per questo motivo oggi inauguriamo una rubrica settimanale di retrogame, in cui vi proporremo diversi giochi più o meno vecchi, alcuni famosi, altri sconosciuti, alcuni meritevoli, altri meno.

Il nostro primo titolo, considerata la recente uscita del succitato Dissidia, è Final Fantasy I nella sua edizione Anniversary, uscita originariamente in Giappone nel 2007. La piattaforma di elezione è stata PlayStation Portable, ma poi tale versione è approdata anche su iOS, Android e Windows Phone.

Final Fantasy I

Questa ennesima edizione di Final Fantasy I fu sviluppata per celebrare i primi vent’anni della serie. Celebrare o, come potrebbero dire i più maligni, “spremere” ulteriormente questo capitolo (e il secondo) in modo da raggranellare qualche soldo a fronte di un investimento quasi nullo (una svecchiata al comparto tecnico, uguale nella riedizione di Final Fantasy I e in quella di Final Fantasy II). Singolare, tra l’altro, come in tale occasione i due giochi furono venduti separatamente, quando Final Fantasy Origins e Dawn of Souls li raccoglievano entrambi.

Ulteriore motivo di lagnanza è l’assenza della localizzazione italiana, presente in Dawn of Souls: questo perché all’epoca fu Nintendo a occuparsi della traduzione e non Square Enix.

Final Fantasy I

E pensare che tradurre il gioco non sarebbe stato un grande sforzo, dal momento che – nonostante lo script aggiuntivo ereditato da Dawn of Souls – i testi sono ridotti: come gli altri pionieri del genere. D’altronde, Final Fantasy I ha una storia basilare, protagonisti muti e una durata inferiore alle venti ore. Prima ancora del gameplay è proprio il comparto narrativo e di caratterizzazione dei personaggi a rendere indigesto il titolo a chiunque lo approcci adesso aspettandosi un gioco ancora attuale. Uno dei riflessi negativi ad esempio è il disorientamento provocato dal vagare quasi privi di meta (ma solo in vista dell’obiettivo finale di salvare il mondo) e spesso senza indicazioni chiare su dove recarsi.

Come anticipato poc’anzi, il plot si riduce a una banale missione dei quattro Cavalieri della Luce, i quali devono sconfiggere il male. Nulla di più e nulla di meno, tanto che la situazione resta tale fino a un minuto prima dello scontro con il boss finale, quando avviene un colpo di scena piuttosto irrilevante e non molto sorprendente. I personaggi poi mancano del tutto di una caratterizzazione estetica che dipende unicamente dalla classe assegnata al guerriero all’inizio: se scegliete quattro Knight avrete quattro gocce d’acqua per esempio. Manca anche l’aspetto della caratterizzazione interiore, siccome non parlano e non agiscono singolarmente,  nemmeno hanno un nome: tutto normale per il 1987 ovviamente.

Final Fantasy I

Anche il gameplay risente inevitabilmente della vetustà del titolo: battle system a turni rigidi (l’Active Time Battle risale a Final Fantasy IV), growth system classicissimo a livelli, ma soprattutto centinaia di incontri casuali. Questo è il più grande difetto ereditato dal passato, dal momento che i turni sono comunque accettabilissimi – anzi, molti JRPGisti li amano ancora – e il sistema a livelli è tuttora utilizzato, anche se spesso arricchito con altri elementi. A ogni decina di passi il giocatore viene attaccato da un massimo di nove nemici, spezzando eccessivamente l’esplorazione, con il rischio di perdersi.

Un aspetto del genere avrebbe potuto essere ridimensionato dal momento che comunque il gameplay è stato rimaneggiato: il restauro è riassumibile in una consistente riduzione della difficoltà la quale, accompagnata dall’aggiunta di molti oggetti curativi (Hi-potion, X-potion, eteri assortiti, code di fenice, ecc.) rende il livello di sfida piuttosto basso. Diversi elementi sono stati ricalibrati come ad esempio il sistema delle magie: nella versione primigenia esse erano suddivise in livelli e consumavano gli MP di quel livello; in questo remake invece si è deciso di unificare i livelli di MP, mantenendo invece quelli delle magie che ora danno semplicemente un’indicazione sommaria sulla potenza e sul consumo di mana. Si tratta di piccole cose che rendono il gioco più digeribile adesso, ma che comunque non bastano a renderlo al passo coi tempi e potrebbero infastidire chi pensava di trovarsi davanti a una versione fedele di Final Fantasy I.

Final Fantasy I

Da promuovere senza riserve invece il rinnovato comparto audiovisivo, ottimo compromesso fra aderenza all’originale e modernità. La grafica ricorda piuttosto da vicino le versioni precedenti – se non la prima, quelle a partire dall’edizione per WonderSwan Color – però è molto più nitida e colorata, e gli effetti speciali sono nuovi di zecca, a differenza della computer graphic introduttiva, presa di peso da Final Fantasy Origins. Non ci troviamo davanti al miracolo tecnico su PlayStation Portable, ma era difficile aspettarsi di meglio, mantenendo quel look retro che deve rimanere rigorosamente 2D. Molto meglio del remake tridimensionale di Final Fantasy III, per intenderci.

Il sonoro invece, spicca soprattutto per le tracce di Nobuo Uematsu, non essendoci parlato o effetti sonori degni di nota. I brani sono gli stessi dell’epoca, semplicemente tirati a lucido e con l’aggiunta di qualche pezzo proveniente da altri Final Fantasy: controllate gli extra una volta finito il gioco – impiegherete una ventina di ore scarse – per averli tutti a vostra disposizione.

Final Fantasy I


Final Fantasy I Anniversary Edition è il modo più indolore di recuperare Final Fantasy I. I JRPG negli anni Ottanta erano rudimentali e spietati, ma molti fan di Final Fantasy vengono prima o poi colti dal desiderio di giocare a tutti gli episodi numerati. Se siete fra questi, la Anniversary è l’edizione più completa e appetibile, fermo restando che non rispecchia l’esperienza di gioco originale (molto più difficile) e che non può competere per complessità con i JRPG moderni.

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