Back in Time – Genji: Days of the Blade

Tanti auguri, Giant Enemy Crab!

I lettori di questa rubrica sanno che siamo soliti celebrare alcuni anniversari, alcuni importanti, altri meno. Questa, però, è la prima volta che celebriamo la nascita di un meme: si tratta del Giant Enemy Crab (nel video sotto, appare poco dopo il minuto 1:20, N.d.R.), nato l’8 maggio del 2006, in seguito alla conferenza Sony in seno all’E3 2006. Il gioco che ospita questo insulso nemico è Genji: Days of the Blade di Game Republic, pubblicato in esclusiva su PlayStation 3. Il capostipite della serie, terminata anzitempo, uscì su PlayStation 2 nel 2005.

Come molti ricorderanno, Genji: Days of the Blade faceva parte della line-up iniziale di PS3, quindi potete immaginare che non sia invecchiato benissimo da un punto di vista tecnico. La verità è proprio questa, ma è doveroso riconoscere che, a suo tempo, la grafica era di buona fattura, nonostante qualche elemento evocasse ancora il 128 bit (il progetto era nato su PS2): scenari suggestivi (anche se dopo aver visto il primo episodio, stupiscono molto meno), buona fluidità, nonostante il numero elevato di nemici su schermo, installazione opzionale.

Discorso analogo per l’audio, la seconda faccia del comparto tecnico, che, comunque, era decisamente meno spumeggiante del lato visivo pure all’epoca. Da un punto di vista artistico, invece, ci troviamo di fronte a un buon accompagnamento sonoro di una quarantina scarsa di tracce, il quale soffre principalmente della marcata somiglianza con quello, pur ottimo, del capostipite. Il doppiaggio, ancora una volta, è di buona qualità se si seleziona l’originale giapponese, mentre quello inglese è inferiore, ma non certo scandaloso.

Genji Days of the Blade

Pad alla mano, però, ci si rende conto che i problemi stanno tutti nel gameplay, il quale non solo non corregge i difetti del primo episodio, come gli scenari non interattivi e un’IA scarsetta, ma si concede pure il lusso di amplificarne alcuni e aggiungerne altri. Genji era un buon action rapido che non beneficiava di un battle system profondo; Days of the Blade è un insipido Hack and Slash infarcito di qualche tediante sezione di piattaforme.

L’impatto iniziale non è così terribile, soprattutto grazie ad alcune novità, di cui non si può intuire subito l’inutilità o l’irrilevanza: la più evidente è l’ampliamento del party a quattro personaggi – i due “nuovi” sono vecchie conoscenze, comunque – sostituibili, questa volta, in tempo reale. Ogni combattente ha caratteristiche e abilità specifiche, indispensabili per superare alcuni frangenti. Sembra molto interessante, ma alla fine è probabile che per gli scontri con i nugoli di nemici preferirete i soliti Yoshitsune e Benkei, mentre per i boss userete l’espediente (che banalizza i duelli) di utilizzare tutti e quattro per scatenare quattro volte il Kamui, la mossa speciale, che a questo giro consiste in un ben poco avvincente Quick Time Event, di cui vi stancherete entro un paio d’ore.

Genji Days of the Blade

Una delle pecche principali, però, è la telecamera semi-fissa: come in God of War, l’analogico di destra viene usato per le schivate (ma, se proprio ci tenete, potete usare i sensori di movimento del pad…), quindi il giocatore non può ruotare la visuale a suo piacimento. La cosa in sé non è tragica, dal momento che molti action in precedenza hanno dimostrato che non è indispensabile, se c’è una sapiente regia dietro, del tutto assente in Genji: Days of the Blade: spesso, anche a causa di ambienti ampi e al numero elevato di nemici, l’azione diventa caotica e illeggibile per il giocatore, che subisce attacchi nemmeno visibili sullo schermo; solo il radar viene in soccorso, ma converrete che non è il massimo. Anche gli scontri con i boss più veloci, quelli in cui dovrebbe emergere l’abilità del giocatore nell’uno contro uno, ne risentono. Aggiungiamo un sistema di lock approssimativo e otteniamo solo un gioco frustrante.

Ecco, questa è un’ottima parola per definire il titolo nel complesso, siccome anche le sezioni esplorative-platform ci mettono del loro. Ampliate – forse è più corretto dire aggiunte – rispetto al primo episodio per allungare il brodo e, in teoria, donare un po’ di varietà, si rivelano, appunto, frustranti, a causa delle telecamere, del sistema di controllo che non è proprio come quello di un Prince of Persia, e di una logica punitiva tediante: spesso, sbagliando un salto, ci si ritrova a un livello inferiore, costretti a ripulire la stanza dai demoni che la infestano (il solito meccanismo dei muri demoniaci, abbinato al simpatico respawn) e a ripercorrere lunghi corridoi per tornare nel luogo dell’errore. Mah…

Genji: Days of the Blade

Ricapitolando, ci sono fattori positivi nel gameplay di Genji: Days of the Blade? Forse no, a meno di non volerli individuare nella presenza di quattro personaggi giocabili diversificati. Il battle system, che già non era il punto di forza del primo Genji, si è orientato sempre più verso il button mashing, e le aggiunte alla formula si sono rivelate infelici.

Rimangono da considerare il reparto narrativo e quello relativo allo sviluppo dei personaggi, legati fra loro da queste due pietre (Amahagane e Mashogane, N.d.R.) dai poteri sovrannaturali: se la prima è una vecchia conoscenza, che, analogamente a quanto succedeva in passato, allunga le barre di vita e Kamui grazie ai frammenti (Essence of Amahagane) disseminati per i livelli, la Mashogane, rilasciata dagli avversari uccisi, è una novità e viene usata per incrementare il potere offensivo delle armi (cinque per personaggio, ma questa volta niente corazze), rivelandosi non meno importante. Il clan degli Heishi, già sconfitto nella prima avventura di Yoshitsune e Benkei, si è accorto di tale potere, che trasforma i semplici soldati in demoni assetati di sangue: inutile dire che i nostri eroi dovranno sventare la nuova minaccia. Per quanto canonica, la trama, grazie anche ai filmati di sicuro impatto, è una delle cose più gradevoli di tutto il gioco e si chiude in maniera soddisfacente. Peccato che per arrivare al finale ci voglia una decina di ore di pessimo gameplay, durata discreta per un action, ma che in questo caso diventa quasi una tortura…

Genji Days of the Blade


Mi era piaciuto molto il primo Genji, pur riconoscendone i difetti. In questo caso, ci ritroviamo davanti un seguito che non solo non corregge le magagne di gameplay, ma addirittura le amplifica: a conti fatti, Days of the Blade è noioso e deludente, nonostante le buone premesse del predecessore. Però c’è il Giant Enemy Crab.

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