Back in Time – Goat Simulator

Legga Dante, legga Manzoni, impari quella capra! [cit.]

Il Pesce d’aprile è una ricorrenza piuttosto “sentita” nell’ambito videoludico; solitamente prende la forma di fake news ironiche, ma otto anni fa gli sviluppatori di Coffee Stain Studios gli hanno dato una forma (caprina e) ludica, giocabile, o quasi: stiamo parlando di Goat Simulator, oggetto della puntata odierna di Back in Time.

Nato come uno scherzo, Goat Simulator è “an old school skating game, except instead of being a skater, you’re a goat, and instead of doing tricks, you wreck stuff“, cioè “un vecchio gioco di skate, solo che invece di essere uno skater sei una capra, e invece di fare trick, rompi cose”, per usare le parole del lead developer Ibrisagic. Nei panni di una capra (e non solo… ), il giocatore si muove in due location di dimensioni contenute, ma ricolme di segreti, chicche e, soprattutto, cose da distruggere.

Gli sviluppatori hanno approntato una lista di “missioni” per ciascun livello: mentre alcune sono uguali (ad esempio, fare 1000, 2000 e 3000 punti in manual), altre sono specifiche di Goatville o di Goat City Bay. Questi incarichi hanno contenuti vari: si va dall’accumulo di punti, tramite un sistema di combo che coniuga le (poche) acrobazie con la distruzione di (molti) oggetti, al semplice belare o raggiungere determinate altezze in salto o in volo. A ciò si aggiungono gli Obiettivi, tutti tendenzialmente fuori di testa.

goat simulator

Il sistema di controllo è tanto semplice quanto inefficiente. Con la levetta sinistra si muove la capra e si effettuano i manual – ma scordatevi la sensibilità di un gioco di skate –, con A si salta, con X si lecca (mossa utilissima per le combo), con B si attiva il ragdoll (for the lulz, immagino – N.d.R.) e con Y il cosiddetto “uso speciale”. L’uso speciale si lega quasi sempre ai “mutatori”, che costituiscono il folle corredo della capra; alcuni sono disponibili sin dall’inizio, mentre altri si trovano in giro compiendo gesta assurde. Segnaliamo a titolo di esempio il doppio salto, l’unico normale, un ingovernabile jetpack e la capacità di parlare la lingua dei draghi (!). Completiamo la carrellata dei comandi con lo zoom, il bullet time e il belato, assolutamente fondamentale.

Tutto è volutamente approssimativo, quindi alcune manovre “di precisione” possono risultare piuttosto difficili; i veicoli (biciclette, longboard) sono sostanzialmente inservibili. Ma se volete effettuare manovre di precisione potete scegliere un altro gioco. Goat Simulator è rotto e si vanta di esserlo.

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Anche e soprattutto sotto il profilo tecnico, Goat Simulator è un gioco rotto. Al di là dell’infimo livello di dettaglio, della modellazione poligonale effettuata con l’accetta e delle compenetrazioni, il titolo di Coffee Stain Studios mantiene tutti i suoi infiniti glitch, anche nei port di Double Eleven. Gli sviluppatori si sono curati solo di evitare i crash; per il resto, hanno conservato gelosamente ogni bug immaginabile, in modo da rendere il gioco ancora più ridicolo e divertente, almeno in un certo senso; fatevi un giro su YouTube e troverete di tutto. Addirittura, è stata inserita un’opzione di respawn per ovviare all’inconveniente delle innumerevoli situazioni in cui la capra si trova bloccata o incastrata in qualcosa.

Il “bello” di Goat Simulator sta qui, in fin dei conti: si tratta di “a small, broken and stupid game”, che diverte il giocatore non con un gameplay ben strutturato, ma con tanta demenzialità, che deriva in parte dalla realizzazione volutamente approssimativa – la fisica è davvero assurda – e in parte dalle trovate degli sviluppatori, che hanno stipato nei due livelli disponibili un certo numero di assurdità. In compagnia di tre amici – uno, se giocate su Xbox 360 e PlayStation 3 – sul divano le risate sono assicurate, almeno per un po’. Ecco, forse è meglio la versione PC, dal momento che su Steam sono presenti anche i contenuti prodotti dall’utenza nello Steam Workshop.

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Di fronte a Goat Simulator, mi trovo in imbarazzo a formulare un giudizio. L’opera di Coffee Stain Studios si fa beffe dei suoi difetti (macroscopici), anzi, li ostenta per provocare l’ilarità del giocatore. Supero questa impasse e vi dico che è un capolavoro! Pesce d’aprile?

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