Brink, diario di sviluppo n. 4: S.M.A.R.T. System

Qui di seguito è riportato il quarto diario di sviluppo di Brink in cui il Technical Designer Aubrey Hesselgren racconta in maniera molto approfondita la libertà di movimento che caratterizza il gioco nonché le peculiarità dello S.M.A.R.T. System.
 

 

La Sfida

 

 
Introduzione
Sei o setti anni fa, per un breve periodo, non sono stato grasso. Anzi, ero magro, veloce, agile ed in piena forma. Per una volta avevo un passatempo che potrebbe essere ragionevolmente menzionato quando si è in buona compagnia.  Gli amici ed i parenti ipotizzarono (sbagliando) che mi dessi alla pazza gioia a Southampton la notte,  in improbabili scorribande con amici scapestrati. Ma non era così. Avevo scoperto Parkour: l’arte del movimento efficiente, in alto, in basso e attraverso qualsiasi ostacolo incontrassi sulla mia strada.

E poi due anni da sono entrato a far parte di Splash Damage. Mi presentarono l’attività di pre-produzione di quello che in seguito sarebbe diventato Brink. Ma aveva attirato veramente la mia attenzione il desiderio di disporre un sistema che permettesse la massima libertà di movimento. Dopo aver imparato qualcosa su come muovermi liberamente e averne capito i  vantaggi, sembrava proprio di giocare in paradiso.
 

 
Un terreno casuale…
Ark, lo scenario artificiale di Brink creato dall’uomo, non era stato progettato per ospitare centinaia di abitanti. Era stato realizzato solo per alcuni scienziati, uomini d’affari, lavoratori e celebrità: la gente doveva adattarsi e conformarsi alla razionale struttura risonante dell’architettura. Ma l’eccessivo sovraffollamento, il decadimento e la dilapidazione si trasformarono in una rete di strade molto diverse: contenitori impilati contro pareti sarebbero stati sufficientemente utili per essere scalati e le barriere che una volta obbligavano i pedoni a seguire una specifica direzione  ora non potevano che essere scalate.
Nella vita reale, gli spazi progettati per definire arbitrariamente il flusso della gente ora sarebbero diventati il terreno di gioco definitivamente fantastico di Parkour. Abbiamo cercato di trasferire la stessa filosofia nel mondo di Brink perché, se un designer di alto livello rende il salto di un muro troppo ovvio, si impossessa del senso di creatività e improvvisazione del giocatore – che è essenziale per lo spirito di Parkour. Da molti punti di vista sono le cadute accidentali, i salti di parete e i passi felpati a 180° sulla punta delle dita che permettono di ottenere le migliori analogie del videogame con lo spirito di ricerca libero e creativo di Parkour.

…si adatta a un movimento ovattato

Sfortunatamente quando si entra in un gioco FPS, in ostri alter ego virtuali sono in realtà come frigoriferi i su rollerskate, consumati dalla vergogna: anche se sentiamo l’avvicinarsi di passi e vediamo le braccia e le armi innanzi a noi, si tratta solo di una grande scatola che scivola su una geometria determinata con un campo visivo limitato. Come giocatori, sviluppiamo capacità complesse, ben acuite per compensare la nostra ingombrate presenza virtuale ed i nostri sensi artificiali decisamente poco sviluppati. 
Man mano che i mondi diventano più complicati, è sempre più difficile destreggiarsi, incapaci di sfruttare il nostro senso di movimento fluttuante e libero. Una soluzione è lasciare che il frigorifero salti ad altezze impossibili, evitando la necessità di rispettare insignificanti geometrie che invece sarebbero così semplici da seguire nella vita reale. Può sicuramente risultarne un movimento elegante, flessibile, dinamico (ad esempio i salti incredibili che è possibile compiere in QUAKE II o III), ma troppo bello per essere credibile. 
La nostra sfida quindi era creare un sistema di movimento che potesse essere ripetuto elegantemente in questi ambienti così unici rispettando e perpetuando il senso di controllo e creatività del giocatore.
 
 
Saltiamo alle conclusioni
Stilisticamente, volevano che il senso di movimento fluido senza ostacoli dei traceur originali come David Belle (Banlieu 13) e Sebastien Foucan (Jump Britain/Casino Royale) fosse mantenuto. Era nostra intenzione che i giocatori si sentissero a loro agio, senza interruzioni di movimento ma, al tempo stesso, volevamo che fosse permesso loro capire come potessero essere veramente applicate le tecniche Parkour. I movimenti avrebbero dovuto essere utili e non semplicemente fulminei. 
Per permettere agli altri nello studio di capire cosa intendevo con libertà di movimento, ho ripreso nuovamente Parkour. Mi sono avventurato nella fattoria dei miei genitori nel sud-ovest dell’Inghilterra, mi sono legato una bandana in testa e ho cominciato a correre intorno al cortile.
Tutti in studio pensavano che stessi misurando le distanze per il gioco – che ogni rincorsa, salita, ripresa registrate della telecamera potesse in qualche modo essere digitalizzata e tradotta nel gioco stesso. Invece era mia intenzione dimostrare come la realtà del Parkour fosse incompatibile con l’incarnazione del gioco. 
Saltando cancelli e arrampicandomi sulle pareti, ero pienamente consapevole del mio orientamento corporeo (detto anche "propriocezione”) ma in fase di montaggio, la ripresa raccontava una storia davvero diversa: le immagini erano sovrapposte, tanto da rendere davvero impossibile capire cosa stavo facendo. Qualsiasi giocatore che cerca di controllare la sua traballante telecamera con un mouse o un controller sarebbe istantaneamente disorientato e non potrebbe assolutamente godere dell’esperienza. Ho certo di spiegarlo al lavoro, ma gli altri continuavano a trasmettere la sequenza in cui mio padre mi dava un cazzotto in faccia.
Una svolta smesso di sbellicarsi dalle risate, abbiamo potuto giungere alla conclusione che la telecamera era troppo instabile e che le animazioni dovevano informare e non disorientare. E dopo una fetente codifica, non abbiamo potuto fare altro.
E quello che rimaneva erano solo mesi di fotocopie, iterazioni, finalizzazione e un acronimo divertente: S.M.A.R.T. — Smooth Movement Across Random Terrain – Movimento flessibile e dinamico lungo un terreno accidentato. 

 

In breve: come funziona SMART
Questa è stata la parte divertente. Abbiamo pre-processato la geometria piana per creare un modello semplificato che registra solo aree navigabili e  i “reachability – spazi raggiuntibili” tra le aree.
I nostri arguti codificatori hanno capito che realizzare “tracce” in un ambiente nuovo per capire se un movimento SMART fosse possibile  era troppo costoso per 16 giocatori insieme, ma tutte le informazioni necessarie per trovare appigli e aree abbassate erano già contenute nella Bot Navigation Mesh. I nostri level designers non hanno previsto spazi specifici affinché I giocatori scalino rocce, saltino o scivolino: il sistema semplicemente li pre-calcola dove è possibile.
Man mano che un giocatore passa di livello, cerchiamo le aree raggiungibili invisibili prima che le raggiunga. Filtriamo poi una lista delle stesse in base alla loro posizione e orientamento. Tenuto conto delle molteplici vie che un giocatore può seguire in qualsiasi momento, la scelta è sempre varia anche dopo una simile selezione. Vogliamo che la navigazione per il giocatore sia più semplice e immediata, ma non vogliamo che si lanci in un movimento che non avrebbe mai fatto (una capriola in avanti quando invece il giocatore avrebbe voluto scivolare, ad esempio).
Ed è qui che entra in gioco la funzione SMART: oltre a permettere al giocatore di sprintare, il tasto SMART permette al sistema di movimento di capire che si vuole fare una capriola, scivolare, scalare una parete e saltare tanto che il movimento inizia subito appena ci si sposta. Quando la scelta è molteplice, si usa il puntatore per prendere la decisione finale. Dato il percorso, è possibile scivolare o saltare, guardando in basso per concludere una scivolata e guardando in alto per saltare.
Dopo una serie di tentativi, risulta essere piuttosto intuitivo, se gli occhi sono ben allenati.

 
Semi-automatico per tutti
Vale la pena di precisare che SMART non è un pilota automatico e non gioca in sostituzione del giocatore. Piuttosto è uno strumento progettato per fare in modo che si possa giocare a BRINK come si vuole, un supporto per godere al meglio del gioco invece di una barriera al suo accesso.
Per quanto possibile, la capacità di puntare e sparare non è stata modificata. Se si volteggia mentre si ricarica l’arma,  la procedura di ricarica continua da dove la si è interrotta, invece di essere “cancellata”. I movimenti sono brevi o continui, riducendo il tempo impiegato in attesa che l’animazione abbia il pieno controllo dell’avatar.
I salti sono veloci, registrando la velocità intrinseca, riducendo la velocità per mantenere fluidità.  Le scivolate presentano un leggero after-touch per mantenere un senso di controllo. I cambiamenti di immagine sono ridotti al minimo in modo che si possa sempre puntare direttamente, indipendentemente dal movimento che si sta concludendo. Anche l’effetto di squilibrio dell’immagine in prima persona viene compensato (simulando “il fissaggio dell’occhio”) in modo che si possa sempre puntare quando si sceglie di farlo. Come regola generale, si evita l’incrocio con la linea di fuoco solo per migliorarne l’effetto.
Le scalate (delle pareti) sono relativamente veloci e possono essere suddivise in catene di balzi a parete. I balzi a parete non sono un movimento definito, ma piuttosto un secondo saldo altamente collegabile. Questo contribuisce a dare l’idea di un controllo totale sempre: quello che si prova quando si testano i movimenti Parkour più pericolosi  nel mondo reale.
 
 
E’ sempre comunque possibile saltare nel vecchio modo e accovacciarsi per sfruttare manualmente i salti, le scalate, gli scivolamenti e i balzi a parete. Si tratta di una combinazione perfetta di movimento SMART e manuale,  che permette di ottenere però la massima versatilità, allargando gli orizzonti e concentrandosi su altro. Ma per un difficile salto a parete, che potrebbe trasformare una capriola in un balzo decisamente più veloce, forse si potrebbe scegliere un salto manuale per stabilire meglio la tempistica, senza evitare di utilizzare SMART quando si inchioda il salto. Garantito sempre il massimo controllo  dell’automazione ed è possibile scegliere di premere o rilasciare il tasto SMART quando ci si muove.

 

Conclusione
Quando in ufficio mi parlano delle esperienze di gioco con SMART, solitamente mi dicono: quando torno ad altri giochi FPS, sembra sempre che manchi il tasto SMART. Digby, uno dei nostri tester, mi ha detto che si è ritrovato con un amico in un altro popolare gioco online FPS semplicemente imbambolato in fondo ad una parete, aspettandosi di rialzarsi e saltare. E l’amico gli ha chiesto “Ma Diggers…. Che cavolo stai facendo Diggers?” ed a quel punto, memore del Contratto di riservatezza che aveva firmato, ha potuto unicamente limitarsi a rispondere "Err… non posso dirtelo….".
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