Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Ma non nei videogiochi.

Parole veriterie quelle del titolo, la storia è fatta dagli uomini. Eppure nelle dicerie, accanto al fondo di verità, vi è sempre un’eccezione, e in questo caso la fanno i videogiochi.
Una particolarità che è diventata tale solamente nell’ultima generazione videoludica, ma che rappresenta una svolta interessante. Prima però di addentrarsi nell’analisi di questo fenomeno, è giusto fare un salto indietro e vedere la situazione precedente, totalmente diversa da quella attuale. I videogiocatori più maturi ricorderanno che il leit motiv dei primi titoli videoludici era il salvataggio della principessa catturata. Gli esempi sono lampanti: Mario in giro per gli otto mondi per salvare Peach da Bowser, o Link in cerca di Zelda rapita dal malefico Ganon. Insomma, vi era il topos della donzella in difficoltà salvata dall’eroe. Tuttavia, già nell’era PlayStation, la situazione sembra cambiare. Accanto a carismatiche figure maschili come quella di Snake di Metal Gear Solid, si affiancano le eroine: Lara Croft (di cui si parlerà meglio in seguito), Jill Valentine di Resident Evil, Regina di Dino Crisis. Adesso non si vedono solo dolci fanciulle in difficoltà, anzi, la protagonista è donna, è armata, ed è pronta ad affrontare qualsiasi pericolo. I motivi di questa trasformazione sono facili da comprendere. Sono state citate Jill e Regina, personaggi legati al mondo del survival e dunque, per quanto la loro caratterizzazione le mostra come carismatiche e sicure, è normale che in una visione horror e adrenalinica avere le redini di una donna possa dare quel tocco di pathos in più che mai guasta. Quanto a Lara Croft, le avventure dell’archeologa hanno divertito milioni di videogiocatori, ma se a quest’ultimi venisse chiesto cosa si ricordano più volentieri della “sexy tombarola” (per citare Mr. Faz e la sua recensione) la risposta non sarebbero le due pistole, ma altre due generose gemelle. Per carità, non c’è niente di male nell’apprezzare i doni della natura (in questo caso cibernetica) , ma è chiaro che dare la possibilità a giovani adolescenti di comandare una femme fatale come la Croft abbia permesso la formazione di questo leggendario mito. 
 


Proseguendo negli anni la lenta metamorfosi della figura femminile in ambito videoludico è diventata sempre più evidente. È giusto citare tra le eroine la cara Jade di Beyond Good & Evil. Non bella, o comunque non ai livelli delle protagoniste citate precedentemente. È una ventenne alta circa 164 centimetri, normopeso; eppure la sua espressione intensa (quasi malinconica se ci si sofferma sugli occhi) ,  le sue abilità da combattente e da fotografa, e un background misterioso quanto coinvolgente, permettono a Jade di entrare a far parte dei personaggi femminili più apprezzati nella storia dei videogiochi. 

 



È evidente la netta differenza con quanto delineato sopra. L’attenzione viene focalizzata sul personaggio in quanto tale, ovvero sulla sua caratterizzazione, e non solamente sul lato fisico o su strategie di gioco. Jade rappresenta una svolta significativa, anche se rimane una mosca bianca in mezzo al resto. Sempre i videogiocatori maturi ricorderanno infatti come i personaggi più gettonati dell’epoca rimanevano quelli maschili e carismatici: Dante di Devil May Cry, Master Chief di Halo, Leon di Resident Evil 4, Jak di Jak & Dexter, giusto per fare qualche nome.

Dopo questo veloce excursus, si giunge così all’ultima generazione di console, che è quella in cui la figura femminile è ormai del tutto autonoma e consueta. Accanto agli eroi ci sono le eroine… e che eroine, signori! Gli esempi da fare sono moltissimi. Si ricorda che tra i primi titoli esclusivi PlayStation 3 figura un certo Heavenly Sword, un action game che ha per protagonista la bellissima e profonda Nariko. Precorritrice dell’eroina cibernetica moderna, la bella rossa orientale vive con disagio la sua natura di donna. Secondo antiche credenze ella sarebbe dovuta nascere uomo per poter impugnare la Heavenly Sword e liberare le terre dal malvagio re Bohan. Proprio per questa ragione viene denigrata e alienata non solo dai membri del suo clan, ma anche dallo stesso padre. Eppure, nonostante le voci, il malessere di sapere di aver disonorato la sua gente e la sua famiglia, non ferma Nariko nell’usare la leggendaria spada, pur sapendo di andare incontro a gravi pericoli. Si dice infatti che la spada in cambio di dare potere, risucchi l’energia vitale di chi la usa. Ma il volersi riscattare per il bene del proprio popolo, e soprattutto per il bene della libertà, porterà la giovane guerriera all’inizio della sua avventura.

 

 

Si vive dunque il dramma della protagonista, spinta a lottare sia per sconfiggere l’antagonista, sia per superare il dissidio interiore. Non ricorda qualcosa di antico? Sì? E allora non sembra di assistere a una tragedia greca interattiva?
“Non sarei dovuta nascere” dice Nariko nel video iniziale del gioco. Una frase breve ma cruda e intensa, in cui si racchiude il malessere del personaggio che è messo in gioco per superare delle prove con se stesso attraverso una lotta universale. Il personaggio femminile passa dunque da semplice strumento dilettevole del giocatore a una figura caratterizzata interiormente con la quale il giocatore si immedesima, e l’accompagna nella lotta e nella crescita.
Ma Nariko, a differenza di Jade, non rimane un singolare esempio della nuova figura femminile. Nel 2008 fa la sua comparsa Faith Connors, protagonista dell’affascinante Mirror’s Edge. Si potrebbe fare un discorso molto controverso sul perché, nonostante l’originalità, questo titolo non abbia raggiunto il successo sperato; eppure l’effetto è estremistico: o il lavoro di DICE lascia indifferente, oppure lo si ama alla follia. Merito di questo amore platonico è legato anche al personaggio di Faith. Tralasciando il discutibile doppiaggio di Asia Argento, la ragazza asiatica cattura immediatamente per il character design: capelli corti, abbigliamento sportivo, tatuaggi su viso e braccio. Mentre Nariko riesce a fondere sia la donna sensuale che l’eroina greca (per ricollegarsi al discorso di prima), Faith è un po’ un maschiaccio, affascinante sì (in fondo è stata riconfermata per il nuovo ME annunciato all’E3), ma è molto più dura come donna. Al di là di un linguaggio realistico e quotidiano, la Runner non guarda in faccia a nessuno, né a consigli amici, né a minacce nemiche, né alle avversità: se ha un obiettivo, lo deve raggiungere. Un carattere perfetto per chi è costretto a dover sfidare altezze abissali, velocità, autorità soffocanti; insomma a superare il bordo dello specchio. Vi è un legame tra trama e personaggio, tra background e obiettivi futuri di quest’ultimo, il che permette un’elevazione del personaggio videoludico in generale, ma ancor di più della figura femminile.

 


 

Questo però non vuol dire che la donna pur di essere rappresentata col carattere duro e profondo debba rinunciare alla sua femminilità e sensualità. Jade e Faith lo fanno, ma risultano comunque affascinanti, Nariko trova il giusto compromesso, ma ci sono personaggi che fanno del sex appeal la loro caratteristica principale senza privarsi di una certa profondità e fascino. Esempi ce ne sono a bizzeffe, ma al solito se ne cita uno per evitare di dilungarsi: Bayonetta dell’omonimo gioco. Bellissima donna, snella ma formosa, dalla chioma lunga e corvina, e dagli occhialetti che danno quel tocco sexy in più. Anche lei avvolta da un background misterioso, ma è dotata di grande ironia e caparbietà. Che poi gli sviluppatori abbiano voluto accentuare la componente “sensual” mostrando Bayonetta coperta dai soli capelli, quello è un altro discorso, ma pur sempre apprezzabile.

 

 

Sono state citate protagoniste di giochi action; il motivo è perché più che mai in quest’ultima generazione videoludica è stato il genere portante. Questo però non ha escluso l’uso di protagoniste femminili in altre tipologie di gaming. Lightining è stata la prima eroina finalfantasiana. Prima di lei c’è stata la Yuna di FFX-2, ma quello è un discorso a parte in quanto è connesso al X di cui il protagonista è Tidus. In FFXIII invece Lightining sostituisce la figura del guerriero tipico della saga. Attenzione, non si sta dicendo che prima di Light i personaggi femminili di Final Fantasy siano stati nulli e vuoti, tutt’altro, e Terra del VI ne è l’esempio lampante; anche perché il genere dei JRPG implica una buona caratterizzazione di tutti i personaggi, uomini o donne che siano. Tuttavia accanto a guerrieri decisi e tenebrosi come Cloud o Squall vi è una ragazza dai capelli rosa ma dallo sguardo penetrante.
Ultima ma non ultima, si conclude con colei che ha dato l’inizio a questo articolo: Lara Croft. L’archeologa di Tomb Raider 2013 non ha nulla a che vedere con quella degli esordi: tutto ricomincia da capo.  Ovviamente Lara non nasce “già imparata” come si suol dire, ma è succube di paure e preoccupazioni. Si ripete in continuazione “ce la posso fare”, ma questo va a diminuire progressivamente, poiché Lara si trova ad affrontare situazioni nuove che la porteranno a crescere, e che sanciranno la nascita dell’archeologa che tutti ricordano (sì le due generose gemelle ci sono ancora).

 


 

Al lettore

Essendo questo il primo articolo della rubrica The GameGirls è sembrato giusto dedicarlo al ruolo della donna nel mondo dei videogiochi. Con questo non si vuole dare un’impronta femminista, anzi, questo lungo discorso ha permesso di comprendere che se è possibile parlare così dei personaggi videoludici, facendo paragoni persino con la tragedia greca, qualcosa di artistico c’è. Purtroppo sono stati fatti solo alcuni esempi, per non rischiare di appesantire eccessivamente questo primo articolo, che si spera sia gradevole nonostante la profondità del suo messaggio. Se voi vorreste partecipare fornendo altri modelli e motivare le vostre scelte, siete i benvenuti.
Alla prossima.

 

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