Hiroyuki Kobayashi racconta Dragon’s Dogma

A poco più di un mese dall’uscita di Dragon’s Dogma, GameSource riporta un’intervista a Hiroyuki Kobayashi, il produttore del gioco più dispendioso mai creato da Capcom, che parla del design del gioco, delle caratteristiche del RPG e delle differenze tra team di sviluppo grandi e piccoli.



Il gioco presenta la caratteristica di scambio online dei membri del party – come una sorta di pedine– tra i giocatori ma che tuttavia non prevede alcuna  modalità più “attiva” di multiplayer online. Cosa ha portato alla scelta di avere solo lo scambio delle pedine come caratteristica del multiplayer?


Hiroyuki Kobayashi:
Sin dall’inizio abbiamo deciso di creare un gioco che fosse una esperienza in single player. Penso che una delle ragioni principali dietro questa discussione o cosa ha condotto verso questa conclusione è stata perché volevamo focalizzarci sugli elementi “action” del titolo. Si tratta infatti di un action game nel senso più tradizionale del termine e chiunque abbia giocato titoli di questo genera sa che è tutta questione di tempismo e di risposta dei comandi. Perciò in questo gioco se si blocca un attacco con lo scudo o si colpisce con la spada…con diversi tipi di combo che usi con i tuoi attacchi c’è un elemento contingente al tempo.

Quando si va online ci sono alter persone che interferiscono su questo element; potrebbe esserci del lag o cose simili, perciò non saremmo mai riusciti a rendere al meglio gli elementi d’azione che volevamo se il gioco fosse stato online. Inoltre penso che quando si va online e si parla di multiplayer o di modalità cooperative bisogna dedicare appositamente del tempo con gli amici per fare in modo che siano connessi tutti insieme per poter proseguire, e poiché desideravamo focalizzare l’attenzione sulla storia o su tutti gli altri elementi del gioco, non volevamo che la gente si sentisse legata dalla necessità di giocare con altre persone, e per questo abbiamo creato un sistema a pedine che permette di interagire con gli amici e altri giocatori, ma che non leghi necessariamente l’esperienza di gioco alla presenza di queste persone.


Si sono dette tante cose interessanti su questo gioco creato da Capcom; in particolare che è il primo open world game vero e proprio mai creato dalla vostra Compagnia, e anche sulla spesa che ha comportato lo sviluppo e delle dimensioni del vostro team di sviluppo. Il team ha sentito un certo tipo di pressione a tale proposito?

Hiroyuki Kobayashi: Eh si. Se si prendono in considerazione tutti questi elementi e cosa stiamo cercando di creare, è normale sentire un certo tipo di pressione. Sono sicuro che tutto il team di sviluppo ha provato questa sensazione  durante la creazione del gioco.

Sin dall’inizio ci sono state cose ben riuscite e altre che sono andate male e che non abbiamo potuto controllare, e tutto questo rientra nel ciclo di creazione del gioco. Abbiamo fatto testare il gioco da tutti all’interno del team per ricevere dei feedback e molti ci chiedevano “Potete rendere questa parte  più divertente?” oppure “Sarà interessante questa parte?” e in quanto sviluppatore che cerca di completare il proprio lavoro sei sempre preoccupato e pensi “Stiamo seguendo la direzione giusta? Sarà un gioco divertente?”

Il gioco è prossimo al completamento ma non abbiamo ancora terminato, perciò non abbiamo ancora provato quella sensazione di sollievo  di quando completi qualcosa. Ritengo che la pressione del provare ad essere all’altezza delle aspettative di fans, stampa, media e chiunque altro sia ancora decisamente tangibile.


La cosa che più colpisce di questo gioco è il fatto che nonostante sia sviluppato in Giappone abbia uno stile molto occidentale. Assomiglia più ad un Elder Scrolls che a qualsiasi altro gioco giapponese.  Come è avvenuta la decisione di rappresentare un immaginario più occidentale? Ci sono state particolari ispirazioni, come film, giochi o altro?

Hiroyuki Kobayashi: Abbiamo provato a guardare altri giochi open world – specialmente quelli molto popolari in Occidente. Ad esempio Fables, Oblivion, cose così. Volevamo vedere cosa rende questi giochi di spessore, come funzionano, come apportare migliorie o cose di questo tipo.

Dal lato Capcom abbiamo ereditato la nostra esperienza nel creare giochi di genere action; siamo molto conosciuti per i nostri action games, e penso che molti altri giochi facenti parte a questa categoria mancano di una azione pienamente realizzata. Fortunatamente è un ambito che riusciamo a coprire senza problemi. Ma abbiamo trovato la sfida nel creare un gioco open world, per questo abbiamo dovuto prendere come riferimento quei giochi popolari nei Paesi occidentali,dei quali i nostri designer hanno studiato le scelte di design, l’art direction, e tutti quegli elementi peculiari per capire cosa li rende titoli validi. Ci siamo assicurati di guardare ciò che il pubblico apprezza maggiormente per capire il modo  di integrarlo al nostro gioco.


Ovviamente ha lavorato su molti, tanti giochi in passato per questo sono davvero curioso di sapere come percepisce la differenza nello stile di lavoro tra un team vasto come l’attuale e uno più contenuto, e se preferisce uno stile di sviluppo particolare? È più difficile lavorare con un gruppo numeroso?

Hiroyuki Kobayashi: Personalmente parlando penso di preferire un gruppo più piccolo, solo perché così puoi arrivare a conoscere bene tutti i membri del team e hai più tempo per interagire con ciascuno di essi. Sei in grado di discutere sulle decisioni o sulle direzioni da intraprendere col gioco su un livello più personale che rispetto ad un grande team, ma è chiaro che con un gioco come questo sia necessario l’apporto di più persone.

Ci sono tanti contenuti in questo gioco, e per crearli hai bisogno di una grossa squadra di sviluppo. È difficile da dirigere e ancora più difficile arrivare a conoscere tutti bene, ma è il compromesso che si paga per volere maggiori contenuti nel tuo gioco. Non si può creare un gioco così ricco senza un team numeroso; è praticamente impossibile, perciò è andata così proprio perché il mio obiettivo era sviluppare un gioco con un’ingente quantità di contenuti. E dato che sto lavorando a questo progetto ambizioso con un gruppo così nutrito,credo che  la prossima volta vorrò lavorare con un team più ristretto!

 
Ha descritto questo gioco come un titolo Action più volte durante questa intervista, ma il titolo è stato definito anche come RPG. Qual è il nucleo del lato ruolistico del gioco? Il team di sviluppo e in generale Capcom sono più propensi a enfatizzare questo lato action più di quello da RPG in termini promozionali, parlando di un titolo che è molto più di gioco d’azione?


Hiroyuki Kobayashi: Per rispondere alla prima domanda, si tratta di un gioco che possiede degli elementi sia action che dei RPG, ma il centro focale per noi è la controparte d’azione quindi ci siamo assicurata fosse ben resa nel gioco. Ma si tratta di un gioco a mondo aperto, un action game a mondo aperto se vogliamo – e con questo abbiamo apportato degli elementi tipici del gioco di ruolo per riempirlo. Abbiamo visto il tipo di cose che voi occidentali avete nei RPG per fare in modo che queste caratteristiche chiave fossero parte del gioco, ma soprattutto che l’azione nel gioco fosse curata alla perfezione.

Per quanto riguarda il modo in cui Capcom considera il gioco e cosa pensiamo a proposito…durante lo sviluppo ci siamo chiesti diverse volte “Cosa vogliamo realizzare? Vogliamo creare un Action RPG? Cosa stiamo facendo qui?”

Abbiamo realizzato nel corso della discussione che ognuno ha diverse opionioni su cosa sia un vero action game e cosa fa di un gioco un vero RPG. Oggigiorno è difficile limitare i giochi in generi a compartimenti stagni. Penso che al giorno d’oggi molti giochi includono elementi di diversi generi; RPG e action compresi. Non si possono catalogare i giochi in generi assoluti, diventa sempre più arduo. Personalmente, in quanto sviluppatore, non vedo più i giochi in termini di genere. La mia ottica si basa su termini come “Sono giochi godibili? Ti diverti a giocarci?”
 
 

 Fonte: http://www.strategyinformer.com

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