Resident Evil 2 Remake: Come Capcom ha fallito nel creare il remake perfetto

L'analisi di un titolo estremamente vicino alla perfezione, che però a causa di una serie di scivoloni l'ha solo sfiorata.

Resident Evil 2 Remake Schermata del titolo
Resident Evil 2 Remake Schermata del titolo

È innegabile che il remake di Resident Evil 2 rappresenti uno degli spartiacque più influenti dell’industria videoludica contemporanea, è stato questo titolo a fungere da vera e propria miccia scatenante per l’attuale “Era dei Remake”, definendo un nuovo standard commerciale e artistico che molti oggi tentano di inseguire.

Tuttavia, il consenso universale e l’amore incondizionato che pubblico e critica riversano su quest’opera non devono renderci ciechi, analizzandolo a freddo, infatti, emergono un enorme quantità di lacune: pur essendo un capolavoro di atmosfera e gameplay, il titolo si trascina dietro una serie di errori di design che non esito a definire catastrofici.

Sono lacune strutturali gravi, spesso ignorate in virtù della sua bellezza estetica, ma che minano la coerenza interna dell’esperienza rispetto all’originale del 1998.

In questo caso ci troviamo davanti un titolo che stava per toccare le stelle, ma che è caduto rovinosamente proprio quando stava per raggiungere la punta.

Resident Evil 2 Remake tecnicamente e artisticamente rimane impeccabile

Se sul design si può discutere, su questo fronte invece c’è ben poco da eccepire: il comparto visivo e atmosferico del remake è semplicemente inattaccabile, l’ambientazione della Stazione di Polizia di Raccoon City raggiunge vette di eccellenza assoluta, grazie a un sistema di illuminazione volumetrica che avvolge ogni corridoio in un buio denso, quasi tangibile.

Artisticamente, ci troviamo di fronte a una delle location più suggestive dell’intera saga, Capcom è riuscita a tradurre perfettamente in grafica moderna il concetto bizzarro ma iconico dell’originale: un antico museo d’arte riconvertito in centrale operativa.

Il risultato è un contrasto architettonico sublime, dove la solennità di statue classiche e marmi pregiati si scontra con il caos, il sangue e le barricate di fortuna, creando un luogo che racconta una storia di disperazione ancor prima di incontrare il primo nemico.

Questa straordinaria coerenza qualitativa non si sgretola una volta abbandonati i cancelli del commissariato, ma persiste anche nelle zone successive.

Un esempio lampante è l’Orfanotrofio, un’aggiunta inedita che si guadagna senza fatica il titolo di area più disturbante dell’intera esperienza: qui l’orrore diventa psicologico, distorcendo un luogo d’infanzia in un incubo grottesco e opprimente, soprattutto grazie ad Irons.

Altrettanto notevole è il lavoro svolto sul NEST, a differenza della controparte originale,  che manteneva un look molto industriale e metallico, questa nuova incarnazione riesce finalmente a trasmettere quella perfetta asetticità clinica da laboratorio.

Le pareti bianche, le luci fredde e la pulizia maniacale restituiscono in modo tangibile la sensazione di trovarsi in un vero laboratorio farmaceutico d’alta tecnologia, rendendo il contrasto con le mostruosità che ospita ancora più stridente.

Resident Evil 2 Remake L'interno dell'RPD una delle location più emblematiche della saga
L’interno dell’RPD una delle location più emblematiche della saga

Un gameplay modernizzato e cambiato per il meglio

È fondamentale fare una distinzione concettuale: i ‘tank control’ e le inquadrature fisse non vanno liquidati superficialmente come sinonimo di vecchiume o obsolescenza tecnologica, al contrario, rappresentano una precisa scelta stilistica, una forma di regia interattiva capace di generare tensione attraverso il fattore di non avere il controllo della visuale.

Tuttavia, bisogna guardare in faccia la realtà: nel mercato odierno, dominato dalla fluidità, questi sistemi sono diventati una nicchia quasi estinta, spesso percepita come un ostacolo dai nuovi giocatori, di conseguenza, l’approccio adottato da Resident Evil 2 Remake si è rivelato la mossa vincente.

Scegliendo la prospettiva “Over the Shoulder” (la visuale sopra la spalla introdotta dal quarto capitolo), Capcom non ha solo modernizzato il gameplay, ma ha tradotto l’orrore in un linguaggio contemporaneo.

Questa scelta ha permesso di avvicinare fisicamente il giocatore alla minaccia, aumentando l’immersività e rendendo il titolo fruibile al grande pubblico, un fattore che ha giocato un ruolo determinante nell’enorme successo commerciale e mediatico dell’opera.

Un’altra mossa geniale riguarda la gestione del Tyrant, l’iconico Mr. X, Mentre nell’opera originale del 1998 questa figura era confinata esclusivamente allo “Scenario B”, nel remake Capcom ha avuto l’audacia di promuoverlo a minaccia onnipresente fin dalla campagna principale (Scenario A).

Questa scelta non è solo un cambiamento di posizionamento, ma una rivoluzione ludica, trasformando Mr. X in uno stalker dinamico e perpetuo, capace di inseguire il giocatore in tempo reale attraverso le stanze, gli sviluppatori hanno stravolto il ritmo dell’esplorazione.

Il terrore di udire i suoi passi pesanti rimbombare nei corridoi o vederlo aprire una porta inaspettatamente costringe a continue improvvisazioni tattiche, rompendo la comfort zone del giocatore.

È proprio questa meccanica del “gatto col topo” a rappresentare, con ogni probabilità, il vertice assoluto e il punto di forza più memorabile di Resident Evil 2 Remake.

Resident Evil 2 Remake L'entrata in scena di MR X
L’entrata in scena di MR X

Una colonna sonora completamente rifatta, che rivaleggia con la sua controparte originale

Spesso, abbagliati dalla grafica, tendiamo a lasciare colpevolmente in secondo piano uno degli aspetti più curati di questa produzione: la sua straordinaria colonna sonora.

Il lavoro svolto da Capcom non è stato un semplice restauro, ma una riscrittura totale, mirata a creare un tappeto sonoro ancora più oppressivo e cinematografico rispetto alla controparte a 32-bit.

L’apice di questo nuovo corso musicale si raggiunge, a mio avviso, con il tema della boss fight finale contro il Super Tyrant (Mr. X), è un brano orchestrale potente, quasi apocalittico, che riesce a caricare lo scontro di una drammaticità unica, rimanendo a oggi una delle mie tracce videoludiche preferite in assoluto.

Inoltre, Capcom ha dimostrato un rispetto encomiabile per la nostalgia: chi possiede l’edizione Deluxe ha la possibilità di attivare dal menu le OST originali del 1998.

 Non è un semplice extra, ma una feature trasformativa che cambia radicalmente il tono dell’avventura, sostituendo l’atmosfera cupa del remake con l’adrenalina synth-rock dell’epoca.

Resident Evil 2 Remake La Bossfight con MR X
La Bossfight con MR X

La trama però è in parte un disastro

Tuttavia, è proprio scavando nella narrazione che emergono le prime vere crepe, se per lo scenario di Claire non ho particolari obiezioni, trattandosi di una campagna che mantiene una notevole solidità strutturale ed emotiva, non posso essere altrettanto indulgente con il percorso di Leon.

In questo scenario, la scure dei tagli si è abbattuta con forza, sacrificando scene iconiche e passaggi narrativi dell’originale pur di dare priorità assoluta alla “romance” tra il protagonista e Ada Wong.

E proprio su Ada si consuma il cambiamento più controverso: la figura della spia glaciale, enigmatica e senza scrupoli del 1998 è stata in gran parte riscritta, nel remake, la sua complessa ambiguità morale viene smussata per trasformarla quasi in un classico “personaggio di supporto”

Una spalla per l’eroe, funzionale più a costruire una love story dal sapore hollywoodiano che a mantenere il suo ruolo originale di manipolatrice distante e intoccabile.

Questo ci porta inevitabilmente ad anticipare il problema strutturale più grave del gioco, che approfondiremo a breve: la gestione incoerente degli scenari sovrapposti, la prova schiacciante di questa pigrizia narrativa risiede nel destino paradossale della nostra cara Annette Birkin.

Giocando entrambe le campagne, il giocatore si scontra con un’incongruenza temporale quasi comica: Annette riesce nell’impresa di morire due volte, in due luoghi diversi e in circostanze completamente distinte all’interno della stessa linea temporale.

Non si tratta di una semplice svista, ma di un vero e proprio cortocircuito logico che non solo confonde, ma annulla qualsiasi senso di continuità tra le storie di Leon e Claire, rendendo di fatto impossibile stabilire quale delle due versioni sia quella canonica.

Resident Evil 2 Remake Una delle morti di Annette Birkin che spoiler non sarà l'unica
Una delle morti di Annette Birkin, che spoiler non sarà l’unica

Gli scenari riescono a toccare il fondo

Nell’originale, i due scenari erano ingranaggi perfetti di un unico meccanismo: creavano due avventure ben distinte ma complementari, restituendo al giocatore la vivida sensazione di vivere due storie parallele che avvenivano simultaneamente nello stesso luogo.

Nel Remake, questa complessità strutturale collassa completamente, la distinzione tra le campagne è stata sacrificata sull’altare della semplificazione: gli Scenari A e B sono diventati, di fatto, speculari e sovrapponibili.

Se escludiamo una breve variazione nella sequenza introduttiva e il diverso posizionamento di qualche oggetto chiave, la “Seconda Manche” finisce per ricalcare pedissequamente lo stesso identico percorso della prima.

Non vediamo più l’altra faccia della medaglia, ma ci ritroviamo a risolvere gli stessi enigmi e ad aprire le stesse porte, in un loop temporale che annulla la magia dell’intreccio narrativo del 1998.

Questa scelta di design non si limita a creare semplici incongruenze, ma devasta la coerenza interna della trama generando un vero e proprio paradosso temporale.

Il mondo di gioco sembra soffrire di una sorta di “amnesia ambientale”: ogni progresso compiuto nello Scenario A viene resettato, ignorando completamente il principio di causa-effetto.

È frustrante vedere porte che avevamo faticosamente sbloccato tornare magicamente sigillate, o enigmi già risolti che richiedono di essere completati di nuovo, come se il primo personaggio non fosse mai passato di lì.

A questo si aggiunge l’assurdità della dislocazione degli oggetti: trovare strumenti chiave in posizioni occupate da altri oggetti nella alla prima run non è una variazione di gameplay, ma un nonsenso logico che conferma l’amara verità: non stiamo giocando due storie intrecciate, ma due realtà alternative incompatibili tra loro.

Resident Evil 2 Remake La schermata di selezione dello scenario
La schermata di selezione dello scenario

Un titolo che poteva raggiungere la perfezione, ma ha fallito

In definitiva, Resident Evil 2 Remake aveva tutte le carte in regola per guardare negli occhi Resident Evil Rebirth e contendergli lo scettro di “Remake Perfetto”. Il potenziale per scalzare il re dal trono c’era tutto.

Purtroppo, però, l’opera si ferma a un passo dalla leggenda, ci troviamo di fronte a un titolo dalla doppia anima: se da un lato raggiunge vette di pura perfezione ludica, grazie a un gameplay moderno, teso e appagante che rasenta l’eccellenza, dall’altro viene inesorabilmente ‘affossato’ dalle sue stesse fondamenta.

Le gravi incongruenze strutturali nella gestione degli scenari e la superficialità del raccordo narrativo agiscono come una pesante zavorra, impedendo al gioco di raggiungere quell’olimpo di coerenza, completezza e rispetto per l’originale dove Resident Evil Rebirth siede ancora oggi, indisturbato.

Detto questo vi invito a leggere il mio scorso editoriale su Resident Evil Rebirth, e vi lascio infine il link di Steam per acquistare Resident Evil 2 Remake nel caso foste interessati, visto che in questo momento è anche in forte sconto.

Vai alla scheda di Resident Evil 2 Remake
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