Tubo catodico – Atari 2600

Ed eccoci al secondo appuntamento con "Tubo catodico", la rubrica del sito che vi fa tornare indietro nel tempo per raccontarvi la storia dei videogiochi attraverso le console che hanno fatto da protagoniste. Oggi vi propongo un ritorno, un salto nel tempo di quasi 35 anni, in un periodo in cui il mercato videoludico era ancora tutto da esplorare, e fra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo la vera protagonista di questo mondo fu la prima console realizzata da una nota azienda americana nata all’inizio degli anni ’70. Stiamo parlando dell’Atari 2600.
 


La genesi

Prima degli anni ’70 il concetto di videogioco era sconosciuto alle masse, ed il termine stesso non faceva parte della cultura popolare. Solo dopo il 1971, con l’introduzione del primo cabinato arcade, le persone "comuni" entrarono per la prima volta in contatto con il videogame, che non fu più considerato una "cosa da università", ambiente nel quale erano stati creati i primi giochi elettronici. E proprio da questo ambiente provengono due dei protagonisti della storia del videogioco: i due amici Nolan Bushnell e Ted Dabney, dopo aver realizzato insieme il coin-op Computer Space per conto della Nutting Associates, decisero di fondare un’azienda indipendente che si occupasse dello sviluppo e della distribuzione di videogames. Fu così che i due assoldarono l’ingegnere elettronico Allan Alcorn, ed il 27 giugno del 1972 fondarono l’Atari. Nello stesso anno arrivò per l’azienda il primo grande successo: fu realizzato un cabinato arcade ispirato al gioco del tennis del Magnavox Odyssey che venne commercializzato con il nome di Pong. Il coin-op riscosse talmente tanto successo che il nome del Pong fu presto sulla bocca di tutti, e Atari decise quindi di realizzare altri videogiochi da bar come Tank. Ma questa è un’altra storia.
Nel 1975 Bushnell ipotizzò la realizzazione di un apparecchio elettronico destinato ad essere usato sul televisore di casa, il quale sarebbe stato capace di riprodurre tutti i giochi da bar prodotti dall’Atari stessa. Questa idea non fu messa in pratica prima del 1976, anno in cui fu presentato il MOS 6502, un processore realizzato dalla MOS Technology capace di offrire prestazioni elevate ad un prezzo contenuto: grazie a questa CPU il progetto di Bushnell diventò realtà. Prima di cominciare a commerciare la sua console, egli si rese conto che l’apparecchio elettronico aveva tutte le potenzialità per imporsi sul mercato, ma anche che la sua azienda non era in grado di sostenere i costi di distribuzione e di realizzazione di una campagna pubblicitaria per il proprio prodotto, pertanto, sempre nel 1976, la Warner Communications acquistò l’Atari per una cifra che si aggirava intorno ai 30 milioni di dollari. Bushnell continuò a far parte dei vertici dell’Atari fino al 1978, quando abbandonò l’azienda per divergenze con i capi della Warner. Egli investì i soldi della liquidazione per fondare la Pizza Time Theatre, che successivamente fu ribattezzata con il nome di Chuck E. Cheese, una famosa catena di ristoranti per famiglie americana. Cosa c’entra questo con i videogiochi? Beh, oltre al fatto che Bushnell concepì questi ristoranti come un posto per mangiare e giocare, creando aree divertimento per i più piccoli e disseminandole di cabinati arcade, non c’entra assolutamente niente. Perciò andiamo avanti.
Nell’ottobre del 1977 la Warner lanciò sul mercato americano quella che sarebbe stata la console più venduta della sua generazione, l’Atari 2600.
 

 

La prima versione del 2600 commercializzata con il nome di Atari Video Computer System

La console

Inizialmente distribuita con il nome di Atari VCS (acronimo di Video Computer System), fu ribattezzata come 2600 solo nel 1982, in seguito all’uscita del suo successore, l’Atari 5200. Il nuovo nome deriva da CX2600 che era il codice che identificava l’originale progetto della console.
Negli anni ’70 non era raro trovare in vendita degli apparecchi elettronici creati per poter giocare sui televisori di casa, ma la maggior parte di questi possedeva un numero ristretto di giochi: infatti il codice dei videogames era incorporato nella console stessa, e non era possibile aumentare il numero dei titoli a propria disposizione, a meno che ovviamente non si decidesse di acquistare un apparecchio nuovo. Le più diffuse, all’epoca, erano le "Pong consoles", ovvero console che permettevano di giocare a casa con un clone del gioco creato dagli stessi Bushnell e Dabney. La novità della 2600 fu proprio quella di essere una delle prime piattaforme, insieme al Channel F della Farchild, a non avere software preinstallato: essa infatti era dotata di uno slot che consentiva l’inserimento di cartucce contenenti il gioco vero e proprio. Ormai siamo abituati ad avere console con hard disk integrati e lettori DVD, cellulari con schede di memoria grandi quanto un’unghia in grado di memorizzare qualche giga di dati, ma per l’epoca, l’idea di poter comprare una sola console in grado di supportare un numero di giochi in continuo aumento era qualcosa di assolutamente innovativo. Il punto di forza dell’Atari 2600 fu proprio quello di avere un numero davvero elevato di giochi, ma paradossalmente questo fu anche uno dei motivi del suo declino. Cosa voglio dire? Vedrete.
L’Atari 2600 montava il MOS Technology 6507, un processore a basso costo derivante dal 6502 che girava a 1,19 MHz: rispetto al 6502 il processore dell’Atari aveva un numero inferiore di pin di indirizzo di memoria (13 al posto di 16), e questo permise di ridurre i costi di produzione della console, ma anche la potenza della stessa. Il 2600 aveva solo 128 bytes di memoria RAM, e non era presente il frame-buffer perché la RAM necessaria per l’inserimento di tale componente nella console sarebbe stata troppo costosa. Per la cronaca il frame-buffer, è una memoria buffer della scheda video nella quale vengono memorizzate le informazioni destinate all’output per la rappresentazione di un intero fotogramma.
La console è di colore grigio, con angoli piuttosto appuntiti, fatto con una plastica ruvida e rifinita con l’inserimento di alcuni dettagli realizzati in legno. Sulla parte anteriore vi sono gli interruttori per accendere la console, resettarla, scegliere la difficoltà e lo slot nel quale inserire le cartucce dei giochi. Sulla parte posteriore sono invece situate le due porte per inserire i controller: il classico controller del VCS (venduto insieme alla console) è un joystick nero a 8 direzioni con un unico pulsante rosso e tondo situato in un angolo, ma furono prodotti diversi controller fra cui tastierini numerici e i paddle, una coppia di controller composti da una rotella girevole e un bottone sulla parte laterale.
Il giorno del lancio, il 14 di ottobre del 1977, l’Atari VCS fu venduto al prezzo di 199 dollari nella sua prima versione denominata "Heavy Sixers", nome che le è stato affibbiato quando uscirono i primi restyling del VCS poiché il case della prima console era fatto di una plastica abbastanza spessa da renderla più pesante delle versioni successive, ed i sei interruttori erano collocati sulla parte anteriore della console. Il VCS aveva in dotazione due joystick classici, e una copia del videogioco Combat veniva data in bundle con la console; oltre a Combat, la line-up iniziale era composta da altri otto titoli, fra cui Indy 500 e Air-Sea Battle. In quel periodo però l’Atari si trovò a dover competere non solo con il suo diretto contendente, il Fairchild Channel F, ma anche con i diversi cloni del Pong che avevano ormai saturato il mercato; dopo l’uscita del VCS e del Channel F le console diventarono obsolete, e subirono un drastico price-drop, e quindi furono vendute ad un prezzo competitivo: alla fine del 1977 negli stati uniti erano state vendute solo 250 mila unità del VCS.
Dopo il primo anno dal lancio del VCS, la produzione della console fu spostata in una fabbrica di Hong Kong dove fu utilizzata una plastica più sottile e leggera. Il Natale 1979 fu il periodo in cui l’Atari riuscì a riscattarsi dagli scarsi successi del periodo precedente: l’opinione pubblica cominciò ad apprezzare sempre di più la piattaforma e la possibilità di usare più giochi su un’unica macchina; i programmatori intuirono le potenzialità dell’hardware e cominciarono a dimostrare un certo interesse nei confronti del 2600, ma soprattutto la Fairchild, probabilmente demoralizzata dalle scarse vendite del Channel F totalizzate fino ad allora, decise di interrompere l’esperienza legata al mercato dei videogiochi. Tutti questi motivi contribuirono a decretare il successo del VCS, che, con più di un milione di unità vendute in un solo anno, ben presto diventò non solo la piattaforma più venduta al mondo, ma anche il regalo natalizio più richiesto e diffuso.
Nel 1980 l’Atari decise di far uscire un restyling della sua console: i due interruttori di selezione della difficoltà furono spostati sul retro, lasciandone solo quattro sulla parte anteriore, ma per il resto essa era identica alla "Heavy Six". Un’altra versione fu rilasciata nel 1982: aveva quattro interruttori frontali, era priva di parti in legno ed era stata ridipinta interamente di nero, e per questo motivo tale versione fu soprannominata "Darth Vader". Fu anche la prima ad essere venduta con il nome di Atari 2600, in quanto lo stesso anno uscì il 5200, una nuova console Atari dotata di una CPU più performante di quella del VCS.
Il 1982 fu l’anno più redditizio per l’Atari Inc., che dopo 5 anni aveva venduto più di 10 milioni di unità del VCS, diventando una delle più grandi aziende di tutta la Silicon Valley. Tuttavia, da lì a poco, l’azienda attraverserà uno dei periodi più bui della storia dei videogiochi.
 

 

La conversione di Pac-Man per l’Atari VCS fu il gioco più venduto per questa console, ma anche uno dei più controversi.

Il declino

L’inizio del declino fu proprio nel 1982, quando l’Atari investì una gran quantità del denaro guadagnato con la vendita delle console e degli home computer nel settore Ricerca e Sviluppo dell’azienda, sfornando progetti e prototipi di console che non videro mai la luce del sole. Nel 1982 l’Atari cercò di allargare la famiglia del 2600 ideando due nuovi modelli dell’ormai famosissima console: il primo fu il 2700, ed avrebbe dovuto possedere due joystick wireless, ma fu realizzato solo un prototipo, e la piattaforma non fu mai immessa sul mercato; l’altro, il 2800, non era altro che una versione ridisegnata del VCS destinata al pubblico giapponese, e fu immesso sul mercato nei primi mesi del 1983. L’arrivo del 2600 sugli scaffali dei negozi nipponici non ebbe il successo sperato, in quanto nello stesso anno la Nintendo lanciò il suo Famicom, ottenendo molti più consensi da parte dei giapponesi e decretando il successo della casa autoctona a scapito di quella americana.
Altro evento che contribuì al fallimento dell’Atari fu la decisione dei programmatori più abili di lasciare l’azienda, in quanto il loro lavoro non era riconosciuto ed i loro nomi non erano mai stati inseriti nei crediti dei giochi. Molti di loro continuarono a programmare videogames per il 2600, ma contemporaneamente fondarono aziende per poter pubblicare autonomamente i prodotti da loro realizzati. Nel 1980 i programmatori David Crane, Larry Kaplan, Alan Miller e Bob Whitehead fondarono l’Activision, che in pochissimo tempo acquistò una notevolissima popolarità (anche maggiore di quella acquisita dalla stessa Atari) grazie alla realizzazione di giochi di successo come il famosissimo Pitfall!, che vendette 4 milioni di copie. L’Atari cercò di impedire la pubblicazione di titoli di terze parti per vie legali, ma con scarsissimi risultati: nel 1982 perse la causa contro Activision, e progressivamente nel tempo crebbe il numero di team che si staccarono dall’azienda per sviluppare e produrre autonomamente titoli per il VCS.
Terzo fattore fu il danno che un’azienda, la Mystique, provocò all’immagine pubblica dell’Atari: la Mystique è infatti ricordata per aver realizzato dei giochi per 2600 a sfondo pornografico. Il più famoso fu sicuramente Custer’s Revenge, un gioco in cui il protagonista, il generale George Custer, ha come suo unico obiettivo quello di violentare una nativa americana ritratta nuda, evitando le lance scagliate contro di lui; il gioco suscitò numerose proteste, sia da parte dei gruppi femministi che da parte dei nativi americani.
Ultimo fattore, ma non per importanza, fu la saturazione del mercato di titoli di terze parti di bassa qualità: programmare giochi per il VCS era relativamente semplice perché richiedeva team di poche persone ed un numero relativamente basso di ore di lavoro, pertanto il mercato fu velocemente invaso da videogames prodotti da terze parti sui quali l’Atari non aveva alcun potere, e quindi l’azienda americana non ebbe la facoltà né di regolare né di limitare l’uscita di tali prodotti. Molti di questi giochi erano porting di titoli arcade oppure cloni di giochi già esistenti, ma spesso di qualità inferiore o di dubbio gusto (per esempio la Mystique realizzò una versione pornografica del famoso gioco Kaboom! intitolata Beat ‘em and Eat ‘em), oppure videogames con meccaniche nuove, ma realizzati in breve tempo e con scarsi risultati.
Questi ed altri fattori furono la causa di quel fenomeno complesso che fu il crollo del videogioco americano, avvenuto nel 1983: questo non riguardò solo Atari, ma anche altre aziende che in quegli anni avevano lanciato la loro console casalinga, fra le quali la Mattel, con la sua Intellivision, o la Magnavox con l’Odyssey2. Tuttavia l’Atari era l’azienda produttrice di console e videogiochi più grande di tutta l’America, e non è quindi un caso che questo crollo interesse maggiormente proprio questa, come non fu un caso che le due "scintille" che diedero origine al crash dei videogiochi furono due titoli per il 2600. La prima "scintilla" fu il porting del celebre videogioco arcade Pac-Man: questo titolo era destinato ad uscire nel periodo natalizio del 1981, ma a causa di un ritardo nella fase di realizzazione, i programmatori lo ultimarono il più velocemente possibile per rimanere entro le scadenze assegnate. Sebbene esso conseguì dei buoni risultati di vendita, questi non furono così buoni come quelli sperati, e Atari fece male i suoi calcoli, producendo un numero di copie del gioco pari a circa il doppio di quelle poi effettivamente vendute. Alla fine del periodo natalizio il ricavato dalle vendite di Pac-Man non bastò a coprire il costo sostenuto dall’azienda per la sua produzione e per la grande campagna pubblicitaria che accompagnò il lancio del titolo. L’altro gioco è il vero emblema della crisi; uscito un anno dopo Pac-Man e considerato uno dei giochi più brutti della storia: si tratta del celeberrimo E.T. the Extra-Terrestrial. Anche in questo caso, aspettandosi un successo planetario, l’Atari investì una grande quantità di denaro per la produzione di un elevato numero di copie e per una massiccia campagna pubblicitaria, oltre a dover pagare un costo decisamente alto per la licenza del film. Ancora una volta l’azienda cercò di accorciare i tempi per poter vendere il gioco sotto Natale, ma così facendo quello che venne messo in commercio fu un prodotto incompleto e mal realizzato sotto tutti i punti di vista. E.T. fu un altro disastro finanziario per la casa americana, la quale cominciò a perdere grandi quantitativi di denaro, arrivando fino a 10.000 dollari al giorno. L’evento considerato il simbolo del crollo del 1983 è il seppellimento delle copie invendute di E.T. da parte di Atari in una discarica ad Alamogordo, nel New Mexico: sebbene non ci siano prove concrete che dimostrino che il fatto si sia svolto realmente o che si tratti solo di una leggenda metropolitana, l’episodio viene comunque ricordato e citato perché segna la fine del periodo d’oro per Atari e le altre compagnie americane che producevano console e videogiochi, e molti danno per certo che questo sotterramento si sia svolto realmente.
Dopo il 1983, la Warner decise di cercare un acquirente per Atari; nel 1984 l’azienda fu smembrata, e la divisione consumer dell’Atari Inc. fu venduta alla Commodore Business Machines di Jack Tramiel. Quest’ultimo decise di congelare lo sviluppo dei nuovi videogiochi e di concentrarsi sul settore degli home computer. Nel 1985 venne rilasciata un’ultima versione del VCS che i fan denominarono 2600 jr: si trattava di una versione della console di dimensioni ridotte e venduta a prezzo budget (circa 50 $), creata con lo scopo di far rivivere i classici Atari; allo stesso tempo l’uscita del 2600 jr fu accompagnata dal lancio di nuovi titoli sviluppati sia dalla stessa Atari Corp. che da aziende di terze parti. A partire da metà degli anni ’80, nonostante sul mercato fossero presenti console sicuramente più avanzate e dalle migliori prestazioni (fra cui NES, Master System e Atari 7800), la 2600 continuò ad essere venduto nelle sue varie forme e versioni fino al 1992, anno in cui la produzione della console fu dismessa. Con una durata di 14 anni e 2 mesi, la 2600 è classificata al primo posto nella graduatoria delle console casalinghe più longeve.
 

 


La schermata del titolo del gioco di E.T.: definita da molti l’unica cosa buona del gioco.

 

Caratteristiche tecniche

Ed ecco le caratteristiche dell’hardware della console. A meno che non sia espressamente citato, tutte le caratteristiche sono uguali per ogni sua versione:

  • Processore: MOS Technology 6507, derivante dal MOS 6502
  • Velocità di clock: 1.19 MHz
  • RAM: 128 Bytes (1 kbit), poteva essere presente nelle cartucce della RAM aggiuntiva
  • Co-processore grafico: TIA
  • Risoluzione: 192×160 pixel
  • Colori: paletta da 128 colori, fino a 128 colori a video (massimo 4 per linea)
  • Supporto di memorizzazione: cartucce removibili da massimo 4kbit
  • Uscite video: tramite connettore RCA (o tramite modulatore RF a seconda del modello)
  • Porte input: due connettori DE-9, slot per l’inserimento delle cartucce


Titoli "must have"

Siamo giunti al momento in cui cercheremo di elencare i giochi più celebri usciti per la console in questione:

  • Pac-Man
  • Pitfall!
  • Missile Command
  • Demon Attack
  • E.T. the Extra-Terrestrial
  • Atlantis
  • Adventure
  • River Raid
  • Kaboom!
  • Space Invaders
  • Yars’ Revenge
  • Battlezone
  • Centipede
  • Circus Atari
  • Defender
  • Dig Dug
  • Dodge ‘em
  • Frogger
  • Galaxian
  • Joust
  • Jr. Pac-Man
  • Jungle Hunt
  • Kangaroo
  • Mario Bros.
  • Moon Patrol
  • Ms. Pac-Man
  • Outlaw
  • Pole Position
  • Star Raiders
  • Threshold
  • Vanguard
  • Warlords
  • Combat
  • Asteroids
  • Ice Hockey
  • Breakout
  • Berzerk
  • California Games
  • Communist Mutants from Space
  • Donkey Kong Junior
  • Freeway
  • Frogs and Flies
  • Grand Prix
  • Indy 500
  • Pengo
  • Phoenix
  • Q*Bert
  • Stampede
  • Star Wars: The Empire Strikes Back
  • Haunted House

Per concludere

Se dovessimo riassumere in un’unica frase l’essenza del VCS, probabilmente sarebbe questa: l’Atari 2600 è uno dei più importanti pezzi della storia del videogioco, se non forse il più importante. Punto. È stata una delle prime home console ad avere delle cartucce intercambiabili, ha scritto gran parte della storia del videogioco americano, e durante il suo ciclo vitale si sono susseguiti eventi che hanno decretato gli anni migliori e quelli peggiori del gioco elettronico. Soprattutto l’idea di vendere una console a basso prezzo e accessibile a tutti ha decretato il successo di questa console, e detta filosofia verrà adottata negli anni seguenti dalla Nintendo. Aldilà del valore storico della console, il VCS è una piattaforma retrò che ancora oggi possiede un grandissimo fascino: è stata per molti un sogno che diveniva realtà, che dava la possibilità di giocare a casa con i titoli arcade presenti nei bar e nelle sale giochi. Molto apprezzata ancora oggi da coloro che non puntano a finire il gioco ma all’highest score, amatissima da tutti coloro che vissero negli anni d’oro e che, grazie a lei, impararono ad apprezzare i videogiochi. 

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