ARC Raiders e l’uso dell’IA

Il CCO Stefan Strandberg ha affermato che Embark Studios non ha intenzione di sostituire gli attori reali, ma piuttosto di lavorare insieme con loro e l'intelligenza artificiale.

ARC Raiders e l’uso dell’IA

Negli ultimi mesi il tema dell’intelligenza artificiale nel mondo dei videogiochi ha sollevato un acceso dibattito, tra chi ne esalta le potenzialità e chi teme che possa erodere l’apporto umano nella creazione artistica. A riportare al centro dell’attenzione il tema è stata Embark Studios, il team svedese fondato da ex sviluppatori DICE, che ha finalmente chiarito come l’IA sia stata impiegata nel recente ARC Raiders. E la risposta è molto più sobria di quanto qualcuno potesse immaginare.

Il direttore creativo e cofondatore dello studio, Stefan Strandberg, ha spiegato che l’intelligenza artificiale è stata utilizzata in modo estremamente limitato, in misura simile a quanto già accaduto con il precedente THE FINALS. Non si parla dunque di un impiego massiccio o di sostituzioni strutturali, ma di piccoli interventi mirati, soprattutto legati al text-to-speech, ovvero alla generazione sintetica di voci partendo da testi scritti.

In parole povere, una tecnologia usata per alcune parti del doppiaggio o della prototipazione, ma senza l’intento di rimpiazzare attori reali o professionisti del settore. Strandberg ha sottolineato che l’approccio di Embark non punta a eliminare il contributo umano, bensì ad affiancarlo. Alcune battute o reazioni dei personaggi, ha spiegato, nascono da una combinazione di voci registrate da attori e segmenti generati da strumenti sintetici.

L’obiettivo è di migliorare l’efficienza nelle fasi di sviluppo e testing, ma mantenendo sempre quel calore e quella spontaneità che solo un interprete reale può offrire. «C’è qualcosa di speciale – ha spiegato – nel portare attori in studio, vedere come reagiscono al mondo che abbiamo costruito e come aggiungono la loro personalità ai personaggi». Una visione che sembra voler porre un punto fermo nel confronto, spesso polarizzato, tra creatività umana e automazione.

Lo sviluppatore ha inoltre chiarito che ARC Raiders non fa uso di intelligenza artificiale generativa in nessun’altra parte della produzione: né per la scrittura, né per il design, né per gli asset grafici o i contenuti artistici. Si tratta di un supporto limitato, concepito per semplificare determinati passaggi, senza incidere sull’anima creativa del progetto. Una presa di posizione netta, che contribuisce a definire il profilo etico dello studio, intenzionato a usare la tecnologia con maggiore prudenza.

ARC Raiders e l’uso dell’IA

Un debutto convincente per ARC Raiders

L’arrivo di ARC Raiders su PC, PlayStation 5 e Xbox Series X/S ha rappresentato per Embark Studios un momento cruciale. Dopo un lungo periodo di sviluppo, e alcune revisioni concettuali, il titolo ha finalmente visto la luce, registrando numeri notevoli fin dal lancio (su PC il gioco ha toccato picchi di oltre 260 mila giocatori simultanei).

Si tratta di un risultato che testimonia l’enorme curiosità intorno a questa nuova IP, ambientata in un universo fantascientifico dominato da atmosfere post-apocalittiche e intensi scontri cooperativi. Il successo iniziale ha sorpreso lo stesso team, che ora si prepara a sostenere la crescita della community con aggiornamenti e nuovi contenuti già pianificati.

Parallelamente, Embark sta lavorando su altri due progetti ancora non annunciati, descritti come “di natura diversa”: uno più sperimentale, l’altro più classico, ma entrambi accomunati dalla volontà di spingersi oltre i limiti convenzionali del design videoludico. La posizione di Embark Studios arriva in un momento in cui l’industria si interroga con sempre maggiore urgenza sul ruolo dell’IA nei processi creativi.

Alcuni sviluppatori la considerano una risorsa indispensabile per ridurre tempi e costi di produzione, altri la vedono come una minaccia potenziale alla qualità e all’autenticità dei contenuti. In questo contesto, la trasparenza con cui il team svedese ha descritto il proprio approccio assume un valore particolare.

L’idea che l’IA possa affiancare, ma non sostituire, sembra essere la chiave di volta di una transizione equilibrata. Usata con criterio, può semplificare task tecnici o ripetitivi, permettendo ai creatori di concentrarsi sugli aspetti artistici e concettuali. Se invece viene spinta fino al punto di cancellare il lavoro umano, rischia di generare esperienze impersonali, dove la forma prevale sulla sostanza.

Nel caso di ARC Raiders, la tecnologia diventa uno strumento di sostegno, non un motore creativo autonomo. Un modello che potrebbe ispirare altri studi, soprattutto di medie dimensioni, che desiderano sperimentare con le nuove tecnologie senza compromettere l’integrità artistica del loro lavoro. Il messaggio di Embark Studios, al di là del singolo gioco, è semplice: l’innovazione non deve per forza passare per l’automazione totale.

C’è spazio per la tecnologia, ma c’è anche un limite naturale che non va superato, quello del tocco umano, della voce reale, della sensibilità individuale che trasforma un buon titolo in un’esperienza memorabile. ARC Raiders rappresenta un esempio concreto di come si possa innovare senza necessariamente tradire l’essenza creativa.

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