Datura – Recensione Datura

Sviluppato da Plastic Studios (i medesimi creatori dell’interessante Linger in Shadows), in collaborazione con Santa Monica Studios (già al lavoro su capolavori del calibro di Journey e God of War), Datura si propone di accompagnare i giocatori in un viaggio onirico nel subconscio di un uomo in fin di vita, scoprendo episodi della stessa che hanno segnato l’animo dell’anonimo protagonista del titolo. La produzione, scaricabile esclusivamente tramite Playstation Store, promette altresì di riuscire a sfruttare le potenzialità di Playstation Move al massimo, mediante un sistema di controllo e d’interazione appositamente studiato, ricercando al contempo di non asservire il gameplay all’uso della periferica quanto piuttosto d’integrare quest’ultima a dovere nelle meccaniche di gioco, in modo tale che contribuisca ad immergere l’utente nella misteriosa foresta in qui l’avventura prende il via. Missione riuscita almeno in parte? Non proprio.

Kill me slowly

Quello che Datura cerca palesemente di fare è, in sostanza, stordire il giocatore: proprio come il velenoso fiore da cui prende il nome, il titolo bombarda i sensi con sequenze psichedeliche e soluzioni visive estremamente particolari nel tentativo di confondere e stupire. Il vero problema, tuttavia, è che quanto appena descritto è semplicemente esasperato: alternando fasi di "gioco" (ridotta all’osso l’interattività con gli elementi a schermo) dalla lentezza micidiale a viaggi in ricordi e situazioni remote, il lavoro di Plastic Studios non riesce nell’intento di soddisfare né dal punto di vista giocoso né da quello visivo proprio, perché è eccessivamente palese il suo sforzo nel cercare di farlo.

I problemi che costellano la produzione derivano principalmente da pessime scelte di game design: la lentezza degli spostamenti del nostro alter-ego, unitamente alla pessima mappatura dei seppur pochi tasti utilizzabili, rendono la già limitata esplorazione (relegata a punti d’interesse evidenziati da un’apposita icona quando nelle vicinanze) un vero e proprio calvario.

Come se ciò non bastasse, è semplicemente spiazzante realizzare quanta poca originalità sia stata impiegata per ideare le sequenze "d’azione": la sensazione è che per procedere nelle aree di gioco che compongono la foresta in cui prende vita l’avventura, non si debba fare altro che affrontare dei semplicissimi e rapidi mini-giochi, che a ben guardare vengono tuttavia presentati come veri e propri enigmi dalla banalità disarmante.

Fortunatamente, a salvare il salvabile, sopraggiunge la potenza di alcune scene in cui saremo chiamati a compiere scelte che influenzeranno l’ambiente circostante: assolutamente nulla di davvero rilevante ai fini del gameplay, ma un barlume di speranza per una produzione affossata dalla sua stessa volontà d’emergere in un mercato inflazionato da prodotti scopiazzati.
Contribuisce a lasciare un senso d’incompiuto una "trama" quanto meno criptica, priva di qualsivoglia riferimento a fatti, persone, eventi che hanno condizionato l’attuale Limbo in qui il Nostro si trova.

A lasciare davvero dispiaciuti per quella che è un’ovvia buona occasione totalmente sprecata è in particolare l’implementazione di Move e Sixaxis: mentre il primo soffre semplicemente di problemi di rilevamento sì ostici ma superabili, l’implementazione del secondo lascia basiti per imprecisione e lapalissiana incapacità programmativa.

Vuoto dentro, vuoto fuori

Tecnicamente parlando Datura riesce saltuariamente ad offrire scorci, passaggi e scelte stilistiche lodevoli: a frenare l’emozione interviene però la già citata ostentatezza nel voler coinvolgere senza narrare assolutamente nulla, unitamente ad un motore grafico a dir poco singhiozzante, vittima di frequenti cali di framerate quando l’occhio deve spaziare sui rari campi aperti del mondo di gioco e di una telecamera assolutamente ingestibile a causa della scomodità del sistema di controllo.

Il comparto sonoro, invece, si difende decisamente meglio: buone le musiche, a tratti davvero azzeccate anche se forse eccessivamente riciclate in determinati frangenti (malgrado sia difficile restare bloccati considerando la mole d’aiuti disponibili per proseguire), assente invece il doppiaggio come diretta conseguenza della mancanza di dialoghi.

Semplicemente ridicola la longevità: un’ora di tempo sarà sufficiente a vedere tutto quello che il mondo di gioco ha da offrire, mentre la rigiocabilità (seppur aiutata dalla possibilità di compiere scelte dai risvolti minimalisti) risente pesantemente dei succitati difetti di gameplay e tecnici.

In conclusione

Datura è un’esperienza davvero deludente: un gameplay mal studiato ed insoddisfacente, un comparto tecnico che soffre di veri e propri bachi di programmazione ed una longevità al minimo storico rendono il titolo di Plastic Studios un prodotto da evitare. Di per sé l’assenza di dialoghi e spiegazioni di come e perché non sarebbe un difetto (altri titoli, come il già citato Journey, hanno seguito questa strada), se solo tutto ciò che compone il prodotto non fosse stato realizzato con tanta superficialità. Il nostro consiglio è quello di concentrarsi su titoli magari altrettanto atipici, ma dal livello qualitativo semplicemente superiore.

 

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