Death End reQuest Code Z Recensione

Recensito su PlayStation 5

Death End reQuest Code Z Recensione

In passato, Compile Heart, studio di sviluppo giapponese appartenente a Idea Factory, dimostrò al pubblico una vena inaspettatamente disturbante e oscura, allontanandosi dalle atmosfere puramente carine e divertenti dell’immensa serie di Neptunia. Il primo esperimento riuscito fu con Mary Skelter, un dungeon crawler dai toni più dark rispetto a quanto proposto in precedenza dallo studio nipponico.

Il successo di Mary Skelter portò lo studio a sperimentare ancora di più questa nuova “oscura visione”, dando alla luce un progetto ancora più macabro e tendente al gore: Death End reQuest. I primi due titoli della serie, più che discreti, adottavano meccaniche da JRPG con sezione da visual novel, ma rimaneva comunque lontano dagli standard raggiunti con Mary Skelter sia a livello di trama che di gameplay.

Tuttavia, Death End reQuest si distingueva per una violenza più brutale e pervasiva, dove l’ombra costante della morte incombeva sui protagonisti spingendoli inesorabilmente verso i molteplici e cruenti Death Ends, dei finali tragici simili ai bad ending delle visual novel. Anche se si pone come spin-off della serie, Code Z mantiene questa struttura fatta di tanti piccoli finali sanguinolenti, sebbene il team abbia deciso di stravolgere il gameplay che ora si avvicina di più al genere del Roguelike RPG rispetto al classico JRPG dei precedenti capitoli.

Death End reQuest Code Z Recensione

Quando si sviluppa uno spin-off, si tende spesso a raccontare una storia parallela o comunque una derivata da quella principale. Death End reQuest Code Z si colloca nel mezzo, proponendo una nuova narrazione ambientata in un universo parallelo dove convergono anche i protagonisti dei primi due giochi principali della saga. Non parliamo di semplici comparse, bensì di personaggi che agiscono attivamente nello sviluppo della trama.

Questo nuovo universo è stato plasmato da Iris, uno dei personaggi centrali dei precedenti capitoli, con lo scopo di creare un mondo ideale privo di conflitti e dove ogni personaggio ha un ruolo preciso. Tuttavia, una nuova crisi emerge con l’arrivo di un misterioso individuo che, a capo di un gruppo di persone dall’aspetto simile agli eroi dell’universo principale, inizia a disperdere il caos in questo nuovo mondo fatto di una pace fittizia.

Al centro della storia di Code Z troviamo Sayaka Hiwatari, la nostra nuova eroina, accompagnata dal suo fedele partner, ovvero noi (inteso come il giocatore). Saremo in grado di comunicare con Sayaka tramite dei dialoghi a scelta multipla, che seguono chiaramente uno script preciso e che non forniscono molte opzioni nelle risposte. Questa sorta di rottura della quarta parete è davvero affascinante, specialmente perché Sayaka sa bene anche che siamo noi a controllarla all’interno dei dungeon, aiutandola a sconfiggere i mostri e fornendole consigli nelle situazioni complesse.

Death End reQuest Code Z Recensione - Story
Anche noi abbiamo un ruolo all’interno del gioco, quello di assistere Sayaka come meglio possiamo.

Ho trovato Sayaka un personaggio davvero piacevole, innocente, socievole e allo stesso tempo timida. Un personaggio potenzialmente interessante, ma che il team non è riuscito a sviluppare come protagonista, risultando spesso un mero strumento all’interno della trama piuttosto che una figura centrale ben definita. Questo concetto si applica anche agli altri personaggi, ridotti a stereotipi tipici degli anime giapponesi. Mancano proprio di profondità, anche se i fan della serie apprezzeranno i richiami ai capitoli precedenti e la presenza di personaggi ricorrenti, come nel caso di Shina Ninomiya.

La premessa narrativa di Code Z è intrigante, però non riesce a mantenere lo stesso livello di coinvolgimento dei suoi predecessori. I primi due giochi avevano una storia tesa e ben costruita, seppur con i loro difetti, qui però la storia è frammentata e a tratti confusa, con situazioni che spesso perdono di consistenza. Anche i personaggi sembrano rimanere sulle loro il più delle volte, e questo capita anche nei momenti più tragici del gioco.

Un Roguelike che non convince

Se la trama non mi ha convinto del tutto, il gameplay è anche peggio. Per questo spin-off, Compile Heart ha deciso di rivedere totalmente il sistema di gioco, ricostruendolo sotto forma di roguelike. All’inizio sembra interessante, ma già dal primo dungeon si intravedono i primi limiti che questo sistema ha da offrire.

I giocatori controllano Sayaka in dungeon generati proceduralmente, rappresentata in una versione chibi che si muove su una griglia. Ogni passo del giocatore corrisponde a un movimento dei nemici, creando una sorta di sistema a turni simultaneo. Si tratta del cambiamento più significato della serie di Death End reQuest che coinvolge anche l’aspetto grafico del titolo.

Il gioco introduce anche una meccanica di Sanity (sanità mentale), che diminuisce con ogni passo che facciamo all’interno del dungeon e può portare Sayaka a subire dei danni costanti fino alla morte se non gestita correttamente con degli oggetti specifici. Gestire la sanità mentale è forse la difficoltà maggiore all’interno del gioco visto che gli oggetti per curarsi si trovano dislocati nel dungeon in maniera casuale, mentre gli HP (punti salute) si curano nel tempo di turno in turno.

Death End reQuest Code Z - Sanity
La meccanica Sanity rende instabile anche il giocatore per quanto è frustrante.

Purtroppo, il gameplay roguelike non è stato implementato adeguatamente, risultando noioso, ripetitivo e mal calibrato. I dungeon procedurali sono privi di varietà, se non per gli scenari che cambiano con l’avanzare della trama. La difficoltà è altalenante: la modalità Normale elimina molte delle conseguenze tipiche del genere roguelike, rendendo l’esperienza troppo permissiva, mentre le modalità Elite ed Expert introducono penalità forse troppo severe (come la perdita di oggetti, valuta e livelli) che possono risultare frustranti e punitive.

Inoltre, la gestione delle risorse, come gli oggetti per ripristinare la sanità mentale, è eccessivamente restrittiva, costringendo i giocatori a esplorare la zona alla ricerca degli oggetti curativi per la Sanity – cosa non necessaria per gli HP visto che si autorigenerano.

L’esplorazione dei dungeon è tediosa anche per la presenza di trappole che possono rallentarci, teletrasportarci in altre aree della mappa, oppure infliggere dei danni. Le trappole sono disseminate per tutto la mappa e l’unico modo per impedirne l’attivazione è quello utilizzare il tasto attacco per rivelarle senza conseguenze, traducendosi in una lenta progressione anche nell’esplorazione delle mappe.

Le Death Ends come meccanica di gioco

Ciò che contraddistingue la serie da altri giochi di Compile Heart è la presenza di finali tragici e violenti. Queste sono presenti anche in Death End reQuest Code Z e rappresentano eventi in cui Sayaka muore in modi brutali e graficamente esplicite. Come per il secondo capitolo, anche queste sono supervisionate da Makoto Kedouin (noto per Corpse Party); sono spesso accompagnate da illustrazioni cruente e rappresentano uno dei pochi elementi che mantengono il tono horror della serie.

Rimangono comunque scene molto meno violente rispetto alla serie di Corpse Party, dove i personaggi subivano torture anche torture piuttosto pesanti. Questo perché, al contrario di Corpse Party, Death End reQuest Code Z presenta una sorta di censura voluta sulle ferite, mentre il sangue è rappresentato da un effetto rosso fatto di luci psichedeliche. Non ho avuto modo di sbloccarle tutte, anche perché bisogna soddisfare alcuni requisiti per ottenerne alcune, però ho notato che molte di esse si ripetono seppur con dialoghi differenti.

Death End reQuest Code Z Recensione - Death End
Una delle tante Death End presenti nel gioco, anche se l’effetto rosso con i numeri è particolarmente fastidioso.

A differenza dei giochi precedenti, dove le Death Ends avevano un peso narrativo significativo, in Code Z sono integrate come meccanica di gioco obbligatoria per ottenere punti abilità. Nei dungeoun è possibile livellare aumentando le statistiche, ma per ottenere punti esperienza da spendere sull’albero delle abilità, qui chiamato Death Tree, dovrete morire obbligatoriamente.

Di base non è una cattiva idea, peccato che a difficoltà normale si muoia davvero pochissimo e solo per scelte sbagliate del giocatore. Questo significa che difficilmente potrete migliorare Sayaka se non grindando e morendo più e più volte solo perché il gioco ti obbliga a farlo.

Comparto tecnico

Dal punto di vista tecnico, Death End reQuest Code Z si dimostra stabile, senza crash o bug significativi riportati nelle recensioni. Artisticamente parlando però è davvero indietro rispetto ai precedenti capitoli, peccando sia in varietà dei nemici che nella loro realizzazione.

Per questo spin-off si è deciso di puntare su dei personaggi con fattezze da chibi all’interno dei dungeoun, delle caricature insomma, anziché seguire il percorso tracciato dalla serie numerata dove i personaggi erano realizzati con modelli 3D. Le sezioni di gameplay puro sono poi alternate con quelle da visual novel, e questo sono realizzate decisamente meglio. Ottimo anche il doppiaggio giapponese presente in ogni singolo dialogo.

Death End reQuest Code Z Recensione - Gameplay
Passare dai modelli 3D a questo è davvero un pugno in un occhio bello forte.

Conclusione

Death end reQuest Code Z è un esperimento sicuramente coraggioso ma imperfetto sotto ogni punto di vista. La transizione verso un gameplay roguelike è un’idea interessante, ma l’esecuzione lascia a desiderare, con dungeon monotoni, una difficoltà mal calibrata e una narrativa che non riesce a eguagliare la profondità dei predecessori.

L’atmosfera horror, le illustrazioni cruente delle Death Ends e la colonna sonora sono punti di forza del gioco, ma rimane la ripetitività delle meccaniche e la gestione forzata delle Death Ends minano l’esperienza complessiva. Il gioco si rivolge principalmente ai fan della serie disposti a perdonare i suoi difetti per amore del franchise, ma per i nuovi giocatori o per chi cerca un bel roguelike, Code Z potrebbe risultare una delusione. Speriamo si possa migliorare con un terzo capitolo, stavolta numerato e non spin-off!

Death End reQuest è al momento disponibile su PlayStation 4 e PlayStation 5 in digitale sul PS Store o anche in versione fisica, mentre la versione Steam arriverà nei prossimi mesi. La versione per Nintendo Switch, inizialmente annunciata, è stata cancellata per incompatibilità con le linee guida di Nintendo. Una situazione alquanto paradossale se pensiamo ai diversi titoli presenti sull’eshop.

5.9
Diversi passi indietro rispetto ai precedenti capitoli.

Pro

  • Storia potenzialmente interessante che coinvolge universi paralleli...
  • Tanti richiami ai giochi precedenti
  • Le Death Ends sono brutali come è giusto che siano

Contro

  • ...ma che risulta confusionaria il più delle volte
  • Sistema roguelike monotono e appena abbozzato
  • Il sistema di livellamento costringe il giocatore a morire più volte inutilmente
  • La Sanity è una meccanica orribile
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