Into the Restless Ruins Recensione

Sviluppato dal piccolo studio scozzese Ant Workshop, Into the Restless Ruins è l’ennesimo esempio di come la pietra di volta di un buon videogioco sia l’idea che ne sta alla base. Mettiamo dunque alla prova questa idea e la sua effettiva esecuzione, nella nostra Into the Restless Ruins Recensione!
Into the Restless Ruins Recensione – Un viaggio negli abissi
L’espediente narrativo che dà inizio alla nostra avventura su Into the Restless Ruins è molto semplice, e l’intera trama del titolo è praticamente contenuta nel prologo. Controlliamo un guerriero senza nome che ha finalmente trovato le rovine in cui si nasconde la Harvest Maiden, entità della mitologia scozzese che promette di esaudire ogni desiderio.
La situazione sembra però essere più complessa del previsto. Le rovine sono infatti infestate da mostri, e la Harvest Maiden ci incarica di sconfiggere i più potenti tra essi, i Warden, prima di poter esaudire il nostro desiderio.
Inizia così un viaggio attraverso diversi dungeon, affrontabili in un ordine ben preciso, ciascuno dei quali con le proprie caratteristiche ambientali, i propri nemici e ovviamente i diversi Warden, nascosti nelle profondità delle rovine.

Rovine effettivamente irrequiete
Incontriamo subito il cavallo di battaglia di Into the Restless Ruins, ossia il suo essere una commistione di diversi generi. La prima schermata della nostra run non include infatti il guerriero protagonista pronto ad addentrarsi nei meandri di un dungeon sconosciuto. Anzi, come vedremo presto, il dungeon stesso è tutt’altro che sconosciuto.
Ci troveremo infatti in una visuale dall’alto, a gioco fermo, in cui potremo osservare l’ingresso del dungeon e poi il vuoto assoluto oltre ad esso, costellato di piccole stanze isolate e coperte da una fitta nebbia e diviso in sezioni da muri apparentemente invalicabili. La stanza del boss che conclude la run è lì, ben visibile dalla parte opposta del dungeon, ma come raggiungerla?
La risposta sta nella componente deck-building di Into the Restless Ruins, il cui loop è infatti diviso tra una sezione di costruzione e una di esplorazione. Durante la fase di costruzione avremo a disposizione una mano di carte, ciascuna delle quali rappresentanti una stanza, avente un costo in punti costruzione.
Dovremo dunque spendere i punti a nostra disposizione per posizionare queste stanze, caratterizzate non solo da determinati effetti passivi, che potenziano il nostro personaggio per tutta la run dopo essere state piazzate, e attivi, che richiedono dunque continue visite, ma anche da una specifica forma e dal posizionamento delle porte.
In maniera simile all’eccellente Blue Prince dovremo quindi valutare con grande attenzione il posizionamento delle stanze che andremo a inserire nel dungeon, non solo per il rischio di rendere impossibile il proseguimento della run, un rischio comunque abbastanza ridotto, ma anche in previsione di quello che avverrà nella seconda fase, quella di esplorazione.

Quando la torcia si spegne…
Dopo aver posizionato le stanze e avviato la fase di esplorazione, potremo finalmente incontrare il nostro eroe, e fermarci ad ammirare la bellezza delle stanze che abbiamo piazzato… o forse no, almeno se vogliamo sopravvivere.
Nella parte alta dello schermo vedremo infatti tre barre, una rossa che rappresenta i nostri hp, una azzurra che indica le nostre scorte di Glimour, equivalente dell’esperienza che si ottiene principalmente sconfiggendo i nemici, e che ci permette di scegliere nuove stanze da inserire nel mazzo ad ogni riempimento della barra stessa.
La terza barra, quella gialla, è la più problematica. Si tratta infatti della carica della torcia che teniamo in mano, e rappresenta uno strettissimo tempo limite non solo per addentrarci nel dungeon, ma anche per tornare all’entrata sani e salvi ed evitare una morte, le cui conseguenze includono l’accelerazione del riempimento di un’ulteriore barra che indica la nostra definitiva sconfitta e il fallimento della run.
I nemici stessi sono certamente problematici, numerosi e pieni di abilità speciali, quali sparare a distanza e attraversare i muri per circondarci, ma nella maggior parte dei casi sarebbero gestibili, se non fosse per la tensione crescente esercitata dal consumarsi della torcia, incrementata anche dall’impossibilità di rivedere la mappa durante la fase di esplorazione, e dall’aumento dei nemici in tandem con la diminuzione del raggio di luce della torcia stessa.
L’obiettivo finale è ovviamente raggiungere la stanza del Warden, ma per fare ciò dovremo eliminare i muri che dividono la mappa, obiettivo raggiungibile tramite la distruzione di sigilli nascosti nelle stanze coperte dalla nebbia, il cui posizionamento non dipende da noi, ma che dobbiamo quindi raggiungere ed esplorare posizionando le nostre stanze nel modo corretto
Ricapitolando: dobbiamo creare la mappa non solo considerando porte ed effetti delle stanze, scelte comunque a caso ogni notte tra le decine del nostro mazzo, ma anche considerare quali stanze dobbiamo raggiungere, mantenendo però un layout il più semplice e diretto possibile, in modo da poter trovare la strada del ritorno ogni notte, circondati da nemici e con un campo visivo sempre più ristretto causato dal consumo della torcia.

Conclusione
Into the Restless Ruins è un eccellente roguelike, che mette alla prova non solo le nostre capacità strategiche nel posizionare le stanze, ma anche la nostra memoria nel ricordarne il posizionamento, creando una crescente e costante pressione sul giocatore, simile a quanto accade ad esempio in Darkest Dungeon (qui la nostra recensione del secondo capitolo)
Peccato solo per un sistema di progressione eccessivamente basato sul numero di partite giocate, che spinge quindi il giocatore a rigiocare più e più volte le stesse mappe, ossia quelle più efficienti dal punto di vista del rapporto tra difficoltà e esperienza.
Tuttavia questa progressione porta certamente a ulteriori possibilità dal punto di vista del gameplay, quali nuove stanze, reliquie o modificatori che rendano più facili o difficili le run, ma il grinding non è assolutamente richiesto per completare tutte le mappe e quindi la “storia” di Into the Restless Ruins.
Into the Restless Ruins è disponibile per PlayStation 5, Xbox Series X|S, Nintendo Switch e PC. Se sei interessato all’acquisto del gioco, puoi farlo seguendo questo link su Steam!
Un roguelike sorprendente
Pro
- Gameplay appagante e molto innovativo
- Ogni partita è diversa...
Contro
- ...ma allo stesso tempo il giocatore è incentivato a ripetere sempre le stesse mappe
- Sistema di combattimento un po' basilare