Red Faction II – Recensione Red Faction II

Red Faction II è il secondo episodio di un Fps fantascientifico che è riuscito a raccogliere a sé una piccola nicchia di appassionati grazie a due fattori: sessioni a piedi e veicolari ben miscelate, e soprattutto distruttibilità dell’ambiente grazie al motore GeoMod, che permette nuovi approcci di gameplay. È possibile abbattere con armi esplosive quasi ogni superficie non metallica, consentendo letteralmente di scavarsi la via attraverso i livelli, abbattendo muri di cemento, pavimenti, roccia e qualsiasi altra cosa ci ostacoli. Una formula vincente, purtroppo non portata avanti molto bene nel suo primo sequel. Scopriamo perché.

Comunisti da Marte

La trama riprende alcuni anni dopo gli eventi del primo Red Faction, che vedeva i coloni minatori di Marte ribellarsi all’oppressione della corporazione Ultor. Come tristemente avviene spesso anche nella realtà, gli oppressi diventano gli oppressori. E così il set si sposta dal pianeta rosso alla Terra, dove nei panni di Atlas, uno specialista in demolizioni parte di un commando di élite, contribuiamo nostro malgrado all’ascesa al potere di un dittatore dall’aria staliniana di nome Victor Sopot. Sfruttati e traditi come meri oggetti, Atlas e il resto del gruppo prendono parte alla nuova ribellione contro il nuovo leader, in una campagna composta da circa 7 ore di sparatorie frenetiche, intermezzata da qualche discreto colpo di scena che cambia radicalmente le prospettive iniziali del gioco.

Distruzione

Come anticipato, il punto forte del primo Red Faction era l’alta distruttibilità degli ambienti. Purtroppo tale aspetto è stato decisamente ridimensionato, limitando le superfici abbattibili a pochi passaggi prestabiliti, qualche parete di copertura e in generale forzando il giocatore lungo percorsi inalterabili. Perso il suo più grande pregio, rimane uno sparatutto lineare piuttosto semplice anche in termini di sfida seppur giocato alla massima difficoltà, a causa dell’IA piuttosto lacunosa dei nemici (che non fanno altro che pararvisi davanti e subire colpi), e che diventa ridicolmente difficile solo durante i boss fight, che invece di offrire sfide ragionate si trasformano in un assurdo "muori e ritenta", cercando glitch e bug in grado di aiutarci a non morire dopo pochi colpi.
Ciononostante, ha comunque qualche nota gradevole: la varietà di situazioni che già caratterizzava il primo episodio, alternando ambientazioni varie, chiuse ed aperte, e sessioni con veicoli e mech, persiste anche in questo episodio; le armi son numerose e ben bilanciate, da pistole impugnabili in ambo le mani a lanciarazzi, passando per più esotici railgun i cui colpi sono in grado di oltrepassare i muri.

Dolori

Dal punto di vista tecnico, Red Faction II soffre della trasposizione da PlayStation 2 a PC. I livelli sono piuttosto piccoli se paragonati al predecessore e in generale allo scenario Fps per PC dell’epoca, e graficamente è piuttosto povero sia in termini di poligoni che di texture. Discreto il comparto audio degli effetti e buono il doppiaggio inglese, piuttosto affine ai personaggi, ma l’analisi di questi fattori si conclude così, lasciando un evidente vuoto anche sotto questo profilo.
Infine, c’è da considerare un altro aspetto che influenza il giudizio: la mancanza del multiplayer. Se nel primo episodio questo allungava la longevità e aveva creato un qualche interesse, qui è totalmente assente e consente solo battaglie in arene con bot di scarsissimo interesse. Un peccato, anche se probabilmente al giorno d’oggi si sarebbe comunque trattato di qualcosa di inutilizzabile.

Sintesi

In fin dei conti, Red Faction II non è un gioco malvagio: la trama è meno pretestuosa di molte altre ed il gameplay prettamente arcade offre qualche ora di intrattenimento disimpegnato, ma non è altro che l’ombra di quel che di buono aveva donato al genere il primo episodio. Il fatto che si tratti di un porting da console a PC è causa di buona parte delle lacune tecniche del gioco, ma ciò non avrebbe dovuto comunque precludere un miglior uso del motore GeoMod. Non da cestinare, ma sicuramente lontano dalle necessità ludiche dei retrogamer.

 

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