The Longest Journey – Recensione The Longest Journey

Il viaggio più lungo

In un mercato in cui i giochi americani e giapponesi fanno da padrone, è bello di tanto in tanto far entrare un vento fresco di novità (vento che, in questo caso, è senz’altro tramontana, essendo il gioco della norvegese FunCom). È ancora meglio quando questo elemento naturale gonfia le vele di una nave, quella delle avventure grafiche, che ormai naviga piano, quando non è ferma del tutto. Sebbene siano passati ormai 10 anni dalla sua uscita, The Longest Journey continua ad affascinare ed incuriosire molti giocatori; un gioco che è anche un po’ una favola, ricca di magia e di stranezze, che parla di mondi diversi dal nostro e dell’Equilibrio che li regola.


Un caminetto acceso e una vecchietta loquace: i preparativi sono pronti, che la favola inizi.

Terra 2209

The Longest Journey inizia in una Terra in un futuro non troppo distante, nella città fittizia di Newport, e segue le vicende di April Ryan, una ragazza che è fuggita di casa e che conduce la sua vita barcamenandosi tra l’università e il lavoro da cameriera part-time. La sua vita, già abbastanza complicata, troverà il modo di complicarsi ancora di più, quando le stranezze che popolano i sogni dei suoi sonni tormentati inizieranno a fondersi con la realtà. Sarà questo a spingerla a compiere un lungo viaggio in posti di cui ignorava l’esistenza, per scoprire il significato delle sue visioni e riportare la pace nella sua vita.
La struttura di gioco è quella classica dei punta e clicca. Per controllare le azioni della protagonista sarà necessario il solo mouse, sempre visibile sullo schermo sotto forma di puntatore, la cui forma muterà per mostrare al giocatore come sarà possibile interagire con l’ambiente: un puntatore a forma di occhio ci indicherà gli elementi che potremo osservare, mentre una mano ci farà capire dove trovare porte da aprire e così via; con un click del tasto destro del mouse, inoltre, avremo sempre a portata di mano l’inventario.


L’inventario è semplice ed ordinato

Gli enigmi e i puzzle che dovremo risolvere sono generalmente strutturati in modo semplice ma curato: per risolvere determinate situazioni sarà necessario prima esaminare con cura gli elementi di cui disponete per rendere più chiaro il problema, evitando così che tutto si risolva ad un semplice andare a casaccio finchè non si trova la pista giusta. Un semplice stratagemma, inoltre, renderà l’avventura più semplice: se state usando l’oggetto giusto in una determinata situazione questo si metterà a lampeggiare, il che risparmierà un po’ di fatica a chi si dovesse ritrovare bloccato senza sapere quale oggetto usare.
Per evitare che informazioni vitali vadano dimenticate, o anche per aiutare chiunque dovesse riprendere il gioco dopo una lunga pausa, dal menù principale sarà possibile accedere alla trascrizione dei dialoghi effettuati durante l’avventura e ad un diario, che si aggiornerà periodicamente, con un riassunto degli ultimi eventi.
Sebbene alcuni enigmi potrebbero risultare poco intuitivi, il gioco scorre generalmente abbastanza liscio per tutti i tredici capitoli in cui è diviso. Infine, questo titolo si distingue per una longevità notevole: sebbene questa longevità sia condizionata anche da sporadici punti lenti e da dialoghi particolarmente lunghi, per la maggior parte sarà tempo ben speso ad arrovellarsi il cervello.

Walking on a Dream

Eccetto le scene in computer grafica, il gioco vede elementi tridimensionali su sfondi pre renderizzati. La qualità grafica ondeggia tra gli splendidi paesaggi, ricchi di dettagli e di particolari interessanti, e i modelli tridimensionali che, sebbene si muovano in modo abbastanza convincente, di tanto in tanto andranno ad attraversare oggetti e parti di sfondo in modo decisamente poco realistico.
Lo stile varia notevolmente, tra le ambientazioni cyberpunk di New Portland a quelle medioevali di Mercuria, digradando verso il bucolico, man mano che ci si allontana dalla capitale. Gli sfondi, sebbene principalmente statici, non mancheranno di sorprenderci con panorami mozzafiato e ambientazioni fiabesche.


Neanche la pressione oceanica è in grado di fermare April Ryan.

Il comparto audio è principalmente composto dagli effetti sonori e dal doppiaggio, essendoci ben poco come colonna sonora. L’audio in inglese, sebbene generalmente abbastanza buono, manca di quando in quando la giusta intonazione suggerita dalla trama e dalla situazione, smorzando la tragicità di alcune scene.

Destinazione

The Longest Journey è un gioco che merita di essere giocato. Grazie alla narrazione coinvolgente e a una buona gestione degli enigmi è in grado di offrire a chiunque ore di divertimento, a patto di avere la pazienza di seguire con calma la storia.

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