Valhalla Knights – Recensione Valhalla Knights

Quando per una console esce un nuovo gioco di ruolo (GDR), le aspettative oscillano molto in dipendenza della casa distributrice, del titolo, dell’hype generato, ma soprattutto dell’approccio verso il pubblico amante della tipologia di gioco sopracitata. Valhalla Knights (VK), sotto questo punto di vista sembra seguire un’impostazione classica, non lontana dal modello tipico del genere e fortemente ispirata a meccaniche già note: classi, razze, esperienza, livelli, dungeon, mostri casuali, equipaggiamenti e tanti altri ingredienti che rendono questo titolo un vero e proprio gioco di ruolo. Sembra non mancare nulla, l’intero titolo è incentrato sulle meccaniche e sulla strategia, pare abbia lo spazio che le spetta. Tuttavia, Valhalla Knights è ben lungi dall’essere un gioco perfetto: anche avendo tutti gli ingredienti giusti, se non si riesce a mescolarli bene si rischia di combinare un grosso, immangiabile pasticcio.
 



Il nostro party, pronto a combattere

Una storia che…una storia?

Da GDR classico quale si presenta, VK prova a narrare una storia appassionante e intrigante, che sia capace di catturare il giocatore; per farlo il team ha scelto la via dell’intreccio misterioso, nel quale non si conosce assolutamente niente del protagonista e della sua storia. L’inizio è brusco, pieno di azione ma poco ordinato, a tratti confusionario. Escart (nome originale dato al protagonista) si risveglia senza memoria, ma assurdamente conscio di essere un coraggioso avventuriero: senza perdere tempo si inoltra nella vecchia prigione del castello di Paladi, famosa per essere infestata da mostri. Qui inizia a sentire la voce di un uomo misterioso, il quale non gli rivela nulla e dimostra di conoscerlo. Dopo un brevissimo scambio di battute, il protagonista, senza la minima esitazione, inizia a seguire le parole di questa “voce” come fossero divine, mettendo a repentaglio la sua vita ma rimanendo fedele e impassibile. Quest’ultima è la caratteristica principale del protagonista: perennemente silenzioso, non si esprime mai e preferisce rispondere alle battute degli altri personaggi con degli anonimi punti di sospensione (“…”). Questo ovviamente comporta una mancanza totale di carattere, aggravata dalla sua totale dipendenza dalle parole degli altri, chiunque essi siano.
La trama si sviluppa solo all’inizio dei nuovi dungeon, con al massimo cinque o sei frasi della voce misteriosa (Escart, come già detto, si limita ad “eseguire”), almeno fino a che non vengano raggiunti i luoghi più estremi del gioco, nei quali si ottengono poi ulteriori informazioni riguardanti la storia degli stessi posti. Per scoprire qualcosa in più del protagonista bisogna attendere almeno metà gioco, ovvero il momento in cui viene attuata un’altra manovra tipica dei giochi di ruolo più classici: il viaggio nel passato. A quel punto la storia si sviluppa con un ritmo decine di volte superiore a quello avuto sinora: i personaggi che si incontrano, iniziando forzatamente discorsi totalmente esterni al contesto, ma utili al giocatore per capirne di più, danno ad Escart informazioni che si ricollegano a ciò che ha già vissuto nel presente; nonostante si tratti di un espediente disordinato e sgradevole, esso finisce col presentare il mondo di VK e sopperisce (anche se in maniera scadente) alla mancata introduzione iniziale. Da questo momento il personaggio capisce di avere enormi responsabilità, ma ancora una volta, come nel resto del gioco, la storia non decolla e rimane a livelli piuttosto discreti, sino alla fine.

 



Durante l’esplorazione questo mostro ci ha scoperti,
e noi non abbiamo intenzione di fuggire

 

Dopo un dungeon…un altro dungeon!

Tra i motivi per i quali la storia di VK procede molto lentamente c’è sicuramente quello dei dungeon, tanti e piuttosto longevi: tralasciando le quest che la gilda può presentare, il semplice completamento di ogni zona (tra apertura delle porte e raggiungimento della fine) richiede una notevole quantità di tempo sia per la grandezza delle stesse, sia per il rallentamento dovuto ai mostri. Questi ultimi, sempre più numerosi e accaniti con il proseguire del gioco, inseguono il giocatore e spesso lo costringono agli straordinari. La carenza di PM (punti magia), essenziali per curarsi, obbliga a sua volta ad andare in giro per i dungeon a ricaricarli, mentre in poco tempo i nemici ricompaiono e tornano alla carica. All’inizio questo andamento contribuisce a movimentare il gioco e a sfruttare un sistema di combattimento sicuramente dinamico, ma non appena il numero di nemici per combattimento inizia a salire, così come quello dei membri del gruppo, gli scontri si rivelano frenetici ma anche confusionari, a volte irritanti, con grossi problemi di affollamento (per raggiungere i nemici) e di rallentamenti (dovuti ai lag del gioco). Combattere diventa un’impresa, i nemici circondano il party e gli impediscono di attaccare o di curarsi, mentre loro sembrano invincibili (talvolta agli stessi nemici si infliggono la metà dei danni inferti con il colpo precedente, apparentemente senza motivazioni).
Oltre che difficile, combattere si rivela ben presto anche monotono, a causa di un sistema di combattimento che sembra quasi incompleto, rimasto ad un livello base: le classi da combattimento (come Guerrieri, Samurai, Ninja ecc…) possono esclusivamente attaccare con la propria arma, senza poter usufruire di combo (inesistenti) e avvalendosi solo di un colpo speciale che va prima caricato e non assicura di andare a segno. Le classi magiche invece (come Maghi e Chierici) dipendono troppo da un sistema di PM e strategia non perfettamente efficace: i Punti magia sono troppo pochi, anche potendoli ricaricare tra i vari scontri (nel singolo combattimento si esauriscono subito). I Maghi infliggono un danno pressoché identico a quello dei guerrieri, ma a differenza di quest’ultimi necessitano di un tempo di caricamento spesso fatale, a causa dei pochi PF (punti ferita) e della scarsa difesa. I Chierici, invece, non hanno alle spalle un sistema efficace di comportamento in battaglia e ciò li porta ad errori banali come non resuscitare i compagni caduti o sprecare tutti i PM in magie di supporto, inutili in scontri rapidi. Questi difetti riescono ad occultarsi nelle prime ore di gioco, ma quando si raggiungono punti più avanzati vincere una battaglia diventa una sfida spesso insormontabile, proprio perché il proprio pg non compie il suo dovere e i propri compagni sprecano i colpi speciali o non riescono a dedicarsi a nemici già indeboliti per metterli definitivamente KO (continuando quindi a subire i loro attacchi).
Infine, a peggiorare questa situazione già sconfortante, si trova un livello di difficoltà pesantemente mal calibrato, capace di e(o)rrori troppo evidenti: spesso nello stesso dungeon si incontrano tipologie di nemici drasticamente più forti delle altre. Quelli generali sono eccessivamente forti, magari con un boss finale diventa ridicolo a confronto con i primi. In casi peggiori, i nemici sono estremamente forti e il boss lo è anche di più, con magari la beffa che quello della zona successiva sia nettamente più debole.
 



Retishi ha eliminato tutti i nemici usando l’attacco speciale
del suo arco: Lacrima dei Cieli

Ma basta allenarsi…?

Se il problema è proprio quello della difficoltà, chiunque potrebbe pensare che basti allenarsi un bel po’ per superare un ostacolo; purtroppo, però, “livellare” in VK è L’ostacolo. L’esperienza guadagnata alla fine di un combattimento (sempre poca) si divide fra tutti i membri del party, mentre quella richiesta per il level up di un singolo personaggio non è indifferente. L’unica soluzione sembra quella di mantenere un gruppo poco numeroso, ma ciò significherebbe avere una minore forza di combattimento: dunque, qualunque sia la scelta (pochi membri a livello più alto o tanti a livello più basso), gli effetti non cambiano. Raccogliere l’exp richiesta dal level up si rivela un’impresa, senza contare che tutti questi sforzi, una volta raggiunto il livello successivo, vengono ripagati con un incremento dei parametri pressoché nullo. La differenza tra due livelli vicini non si nota, mentre l’aumento delle statistiche, regolare all’inizio, diventa ridicolo man mano che si raggiungono livelli più alti: quando si aumenta di lv, il gioco assegna casualmente qualche punto ad alcune statistiche, regalandone altri (da 1 a 3) al giocatore, da destinare dove preferisce. Tuttavia, il numero di parametri si mantiene identico sia che si raggiunga il livello 2, sia che si raggiunga il livello 15: se 3 punti parametri potevano essere abbastanza ai livelli più bassi, ritrovarsene talvolta uno solo dopo ore di allenamento per raggiungere il livello 20 rischia di mandare qualsiasi giocatore su tutte le furie. Così i nemici si presentano sempre più pericolosi e in forze, mentre anche dedicandosi ore ad aumentare la resistenza dei personaggi, il party rimane sempre un passo indietro. Lo squilibrio cresce sino a diventare insostenibile, soprattutto dopo la prima metà del gioco: proseguire tra le mille insidie, a passo di lumaca, passando più tempo a ritornare sul posto dopo essere stati rispediti in albergo per un KO, per poi rischiare di cadere nuovamente al primo scontro, è sicuramente irritante oltre il limite consentito. VK non è un gioco impossibile da finire, ma sprecare tutto questo tempo sotto tortura per poi assistere ad una trama abbastanza deludente non ha alcun senso.

Concludendo

In conclusione, VK è un GDR con pochi pregi e troppi difetti, senza alcun motivo valido per giocarlo. Non esiste un’introduzione, il giocatore viene catapultato nell’azione senza un minimo tutorial e potrebbe non essere immediato capire a fondo le meccaniche di gioco. Nessuno spiega come funzionino le classi, perché alcune non hanno PM, perché esistono determinate razze, cosa cambia tra un’arma e l’altra, come funziona l’equipaggiamento, perché il negozio d’armi non si aggiorna mai, come funziona esattamente il comportamento, qual è il significato delle abbreviazioni, che effetto hanno alcune magie, e molto altro. Livellare è difficile, combattere è complicato, proseguire talvolta è impossibile; il livello di difficoltà è drasticamente sbilanciato, i dungeon sono troppi e lunghi, i sistemi di “trasporto rapido” sono limitati, non esiste alcuna crescita che porti ad imparare abilità o nuovi colpi. Persino imparare le nuove classi è un mistero (servono delle schede che si ottengono raramente da alcuni nemici) e anche quando vi si riesce, riguarda solo un personaggio alla volta, tra l’altro con scarsi miglioramenti.
L’intero sistema si presenta povero, poco curato, nato su basi poco solide e più che altro ispirate ad altri GDR; l’attenzione prestata dagli sviluppatori alle singole parti del gioco è superficiale, mentre ovunque aleggia l’impressione che VK sia quasi un puzzle di altri titoli del suo genere, una composizione simile ad un collage di giochi, con ciascun elemento ispirato ad altri titoli. Ciò che colpisce è che sia anche mal riuscito, con profonde mancanze e difetti di ogni genere: neppure la grafica è degna di nota, mentre il sonoro è capace di qualche buon risultato ma mantiene uno stampo classico, non diverso dagli altri titoli. Quasi dispiace ripeterlo, ma apparentemente non c’è proprio alcun motivo per giocarlo.

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