SOMA – Recensione

Poche sono le software house che possono vantare una carriera priva di buchi nell’acqua o di titoli poco convincenti, Frictional Games secondo noi è una di queste. Sin dal 2007 con Penumbra: Overture fino ad arrivare al 2010 con Amnesia, la casa di sviluppo svedese ha saputo sempre innovarsi e offrire avventure horror di altissimo livello, senza mai esser risucchiata dal vortice degli horror d’intrattenimento che tanto vanno di moda in questi anni su piattaforme come YouTube. Saranno riusciti a fare lo stesso anche con il loro ultimogenito SOMA? Secondo noi si.

SOMA Recensione

Cosa succede?

Il punto cardine su cui si basa SOMA è la trama. Basterà questa infatti a tenervi attaccati allo schermo per tutte le ore sufficienti al completamento dell’avventura. La storia sarà inizialmente molto confusa, nonostante il gioco dia praticamente subito (in maniera molto velata) i mezzi per capire cosa stia succedendo attorno a noi.

Il protagonista di questa storia è Simon Jarrett, commesso di un negozio di fumetti con una storia non molto fortunata. In seguito a un incidente d’auto ha riportato una grave emorragia al cervello e ha perso, quella che sembrava essere, una ragazza per cui provava qualcosa e alla quale stava per dichiararsi poco prima del sinistro. In seguito allo scontro automobilistico la sua vita è cambiata totalmente, questa emorragia non gli permetteva di fare grandi sforzi cerebrali e gli impediva anche le azioni più semplici come guardare la televisione.

La nostra avventura inizierà nel giorno in cui Simon ha fissato un appuntamento con il dottore David Munshi per una scansione cerebrale. Quest’ultimo sta infatti sviluppando un metodo non invasivo per curare le patologie cerebrali: tramite una scansione può infatti ricreare un modello fedelissimo del cervello in questione per testare ciò che vuole senza ripercussioni sull’individuo. Una volta giunti nell’ufficio ed eseguita la scansione, tutto intorno a noi cambierà. Tolto il caschetto utilizzato dal dottore ci ritroveremo dentro, quella che sembra, una base militare, ma cento anni più avanti nel tempo.

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Presa coscienza che non siamo più nel nostro tempo, guardandosi in giro non ci vorrà molto per capire che qualcosa è andato storto all’interno di questa stazione subacquea dove le uniche forme di “vita” presenti sono dei robot semi distrutti e fortemente convinti di essere delle persone in carne e ossa. Tutto inizierà ad avere un senso quando incontreremo la dottoressa Catherine Chun, che ci spiegherà che la presenza di queste macchine con una coscienza umana è del tutto normale, in quanto lei stessa anni prima aveva creato il progetto ARK, un sistema in grado di garantire la vita (o meglio, la sopravvivenza) eterna al genere umano. Tale progetto consisteva nel creare delle scansioni di persone umane e inserirle in un computer, creando dei veri e propri cloni che vivevano in eterno in una infinita simulazione, mentre gli individui originali continuavano verso la loro vita “mortale”.

Questo è ciò su cui SOMA si basa, il titolo non è altro che una grande riflessione sulla vita, nonché sull’identità e sull’importanza di essa. Cosa siamo veramente? Un insieme di esperienza e ricordi intrappolate in un ammasso di carne? O magari siamo anche quell’ammasso di carne? Sono tutte domande che i ragazzi di Frictional Games tenteranno di farci auto porre, fornendoci continui spunti e materiali per arrivare alla nostra personale risposta che, come potremo notare anche dalle scelte attuate dai personaggi del gioco, sarà diversa per ognuno di noi.

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Meno horror del previsto

Iniziamo col precisare che se state cercando un gioco horror pieno di jumpscare e mostriciattoli siete sulla cattiva strada, ma se siete degli appassionati del lavoro di Frictional Games questa informazione non potrà che rendervi felici. SOMA è un titolo horror molto particolare, sarà in grado di spaventarvi solamente grazie all’atmosfera e alla storia, entrambe realizzate egregiamente.

Come in tutti i precedenti titoli sono, ovviamente, presenti delle minacce reali. Sembra infatti che l’intera base sia stata contagiata da un’entità artificiale intenta a controllare e a far impazzire tutte le macchine presenti nella struttura. Quest’ultima pare però essere solo una IA senza alcuna coscienza e si muove similmente a un tumore. La presenza di questa entità ha infatti creato delle macchine erranti per tutta la base.

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Anche se a  prima vista queste creature potranno sembrare minacciose e pericolose, basterà poco per capire che in realtà non c’è molto da temere. Sarà molto difficile provare un reale senso di terrore alla loro vista, complice anche una non eccellente gestione dell’intelligenza artificiale dei nemici unita alla scelta degli sviluppatori di inserirne relativamente pochi.

Come se tutto ciò non bastasse il gioco presenta una meccanica che da una parte riesce a rendere il gameplay fluido e mai frustrante, ma dall’altra annienta il senso di paura che si prova verso i nemici, questi ultimi non saranno affrontabili e non sarà possibile ucciderli in nessun modo (come i precedenti titoli), però una volta che ci avranno raggiunto non ci uccideranno, ma ci lasceranno sul posto svenuti. Serviranno infatti due o tre scontri per arrivare al Game Over.

Per quanto riguarda la durata, l’avventura richiederà almeno una decina di ore per essere portata a termine. Non sono molte, ma sono assolutamente sufficienti e una volta portato a termine il gioco non lascerà la sensazione di essere né troppo corto né troppo lungo.

Afferra tutto ma non raccogliere niente

Il gameplay del titolo sarà familiare a chiunque abbia mai giocato un vecchio titolo Frictional, avremo infatti una visuale in prima persona (che risulterà molto immersiva, vista anche la totale assenza di HUD) e la possibilità di raccogliere e interagire direttamente con praticamente qualsiasi oggetto presente nello scenario. Questa è una formula vincente che il team svedese si porta dietro fin dai primi progetti, ma qualcosa qui sembra esser andato storto. Nei vecchi titoli era possibile interagire con molti oggetti presenti nello scenario, ma nel marasma di spazzatura era presente anche qualche oggetto utile che finiva direttamente nel nostro inventario (batterie, olio, ecc), quindi ravanare tra tutti gli oggetti presenti nel gioco non era una meccanica fine a se stessa. In SOMA invece non è presente nessun inventario e quindi nei livelli non è possibile trovare alcun oggetto veramente utile ai fini del gameplay ed è veramente un peccato se pensiamo che in questo titolo gli oggetti interagibili sono veramente tanti. Saranno ovviamente presenti i classici documenti da leggere per comprendere a pieno la lore del titolo.

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Graficamente il gioco non fa urlare al miracolo, ma risulta estremamente pulito e nel complesso regala degli scorci non indifferenti sopratutto nelle fasi subacquee. Il gioco utilizza l‘HPL Engine 3, un motore proprietario che se la cava senz’altro bene se non fosse per qualche calo di frame rate, specialmente nella versione PS4.

Nulla si può dire al comparto sonoro che, come da routine per i titoli Frictional, riesce a far immergere ancora di più il giocatore in un’atmosfera già di per sé quasi perfetta. Forse alcuni suoni potranno risultare troppo forti per qualcuno, ma anch’essi aiutano a donare un senso di inquietudine incredibile.

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In conclusione

SOMA non è sicuramente il titolo Frictional che più brilla sotto il lato del gameplay ma è probabilmente il più interessante dal punto di vista della trama. Questo titolo è l’esempio di come un videogioco può trascendere la sua natura di puro oggetto di intrattenimento e diventare uno spunto di riflessione concreta su ciò che abbiamo di più nostro: la nostra identità.

9.5

Pro

  • Storia intricata e profonda
  • Molto immersivo
  • Sonoro perfetto

Contro

  • Per essere un gioco horror non mette affatto paura
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