Wolfenstein: Youngblood – Recensione

Recensito su PC

La storia del mondo, lo sappiamo bene, è fatta di eroi. Eroi veri o presunti tali e il fiorente reame videoludico non fa accezione. Spesse volte ci è capitato di accompagnare fieramente le gesta di un campione impegnato a estirpare il male più profondo, di qualunque forma e tipologia, regalandoci così quel giusto misto di soddisfazione e senso di fierezza del tutto impagabili. In mezzo a questo gigantesco calderone di idee e proposte, è sinceramente impossibile non fare il nome di William “B.J.” Blazkovicz, protagonista della saga Wolfenstein e vero e proprio eroe per tanti giovani (e non solo) giocatori, divenuto una vera e propria leggenda negli anni.

Il granitico omaccione dai capelli biondo platino ha sgominato interi eserciti di nazisti, forza al comando nell’immaginario distopico realizzato da Bethesda per la sua creatura, fino a giungere all’eliminazione del Furher in persona. Con l’arrivo di Wolfenstein: Youngblood le cose erano destinate a cambiare. Il nuovo titolo sviluppato da MachineGames, con la collaborazione di Id Software e Arkane Studios (Prey, Dishonored), nato quasi come una sorta di esperimento, si è subito preoccupato di mettere le cose in chiaro, con buona pace dei fan. William Blazkovicz non è più il protagonista delle serie, o per meglio dire non è più il personaggio giocabile e, anzi, rappresenta lo scopo finale di questa nuova missione contro il temibile esercito nazista. Al netto di queste premesse, che avrebbero potuto spaventare anche il più affezionato dei fan, ci siamo ritrovati per le mani un titolo completo e per nulla rinunciatario, capace di fugare in qualche ora la sua erronea connotazione di spin-off. Wolfenstein: Youngblood è un prodotto solido, di primissima qualità, capace di continuare al meglio la storia imbastita dal team sviluppo ormai decenni or sono con piglio e decisione, senza però quel gusto di epicità che si respirava a pieni polmoni a ogni passo del buon “B.J.”. Ma, ripetiamo: guai a definirlo un capitolo di contorno! Peccato soltanto per l’assenza di un antagonista veramente rilevante…

wolfenstein: youngblood

Alla ricerca di Blazkovic

Come vi avevamo già svelato poc’anzi, in Wolfenstein: Youngblood non vestiremo i panni (enormi) del buon B.J., bensì delle sue figlie: Zophia e Jessie. Si, avete capito proprio bene: figlie. Il nuovo titolo della saga compie un coraggioso balzo nel futuro di circa due decadi, portando così l’impianto narrativo e strutturale negli anni 80’. Il cambio di annata non incide particolarmente sull’ambientazione generale, in verità molto simile a quella dei precedenti capitoli della saga, con una (gigantesca) variante: la natura delle mappe. In questo elemento si avverte tutta l’innovazione apportata alla serie, figlia anche della collaborazione col team di sviluppo creatore di IP quali Dishonored e Prey. Arkane Studios ha saputo iniettare all’interno del “rigido” mondo di Wolfenstein un impianto molto più dinamico e variegato. Nelle mappe disegnate dal team di sviluppo è possibile trovare scorciatoie, passaggi segreti sbloccabili attraverso l’utilizzo di nuova attrezzatura (in stile metroidvania, quasi) e collezionabili vari, senza però mai dimenticare il cuore pulsante della saga: il gunplay. Wolfenstein: Youngblood non si discosta dalla formula classica, e le due gemelle Blazkovicz rappresentano, così come il padre, due vere e proprie macchine da guerra. La loro resa scenica è del tutto convincente, nonostante tutto.

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La loro giovane età si palesa a più riprese, e non potrebbe essere altrimenti. Durante il viaggio alla ricerca del padre smarrito, Soph e Jess daranno vita a momenti infantili, mischiati con forza con la volontà di diventare grandi, ma con una fragilità di fondo ben percepibile e comprensibile. Dunque ben venga l’aiuto di diversi NPC di contorno, che in alcuni casi raggiungono l’hub principale (le Catacombe) una volta liberati o ritrovati, un po’ come accade nei souls-like, apportando diverse migliore alla progressione. E qui si palesa ancor di più il netto taglio strutturale apportato dagli sviluppatori. Durante le 12-15 ore di gioco necessarie per completare la campagna principale di Wolfenstein: Youngblood, vi verrà naturale cimentarvi nelle – tante – missioni secondarie che man mano vengono sbloccate proprio grazie agli NPC presenti nelle Catacombe, missioni che però a volte diventano praticamente obbligatorie per proseguire nella storia. Ogni missione è infatti contraddistinta da un livello minimo per essere portata a termine e specialmente in single player questa limitazione si fa sentire tutta. Sarà molto complesso proseguire prima di raggiungere e superare il livello minimo richiesto dalla missione in questione e per farlo si dovrà per forza di cose abbracciare la natura ruolistica, a tratti quasi da looter-shooter, a cui il gioco strizza un occhio in più occasioni.

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Corpo, Mente e… Potenza!

La nuova linfa strutturale si estende anche allo sviluppo e alla progressione dei due avatar. Una volta scelta quale delle due sorelle impersonare, si aprirà davanti al giocatore una progressione molto più simile a un gioco di ruolo che a un fps, con tanto di skill tree, livelli, potenziamenti alle armi e quant’altro. Da qui viene la necessità di potenziarsi per bene prima di procedere con la storia sfruttando, come dicevamo, le tante attività secondarie sparse per il mondo di gioco. Jessie e Zophia possono sviluppare elementi quali la quantità massima di salute e scudi disponibili, la capacità di diventare invisibili per un certo lasso di tempo o di impugnare le gigantesche armi imbracciate dai numerosissimi soldati nemici, dando così vita a una discreta varietà di approcci ai numerosissimi scontri a fuoco. Perché sì, nonostante le tante novità, Wolfenstein: Youngblood rimane pur sempre un FPS nell’animo, ed è proprio negli scontri con le truppe nemiche che offre il meglio di sé, seppur con alcune limitazioni.

wolfenstein: youngblood

La natura ruolistica donata a Wolfenstein: Youngblood incide sulla progressione in più di un’occasione. Spesso è necessario fermarsi a livellare o a svolgere missioni secondarie per poter poi proseguire la storia ma, soprattutto, in alcuni frangenti sembra essere troppo marcata la natura di gioco pensato per essere fruito in cooperativa. Sì, l’obiettivo principale degli sviluppatori era quello di offrire un titolo pensato per giocare in compagnia, e da questo punto di vista la missione è più che riuscita. Giocare in compagnia di un amico è nettamente più vantaggioso e divertente, anche considerando il fatto che le forze naziste (sempre in numero massiccio, quasi soverchiante) risultano molto più semplici da tenere a bada in compagnia di un alleato “umano”. La sorella controllata dell’IA, infatti, si rende più volte protagonista di svarioni vari, lasciando nelle mani del giocatore l’incombenza di annientare i coriacei nemici. In verità, da questo punto di vista va fatta un’importante premessa: i nemici standard vanno giù che è un piacere, ma ciò non si può affermare per quelli speciali. Gli avversari più tosti, presenti in verità in grande quantità, necessitano un approccio molto più tattico e parsimonioso per essere sconfitti, e la soluzione più adeguata è quella di ricercare nel loro corpo l’ormai classico punto debole, contrassegnato dall’immancabile mirino di colore rosso.

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Questo lavoro sembra dunque voler mettere ancora una volta in chiaro l’intenzione degli sviluppatori di far godere del titolo in compagnia. Potersi unire alle partite degli amici, ma non solo, e la presenza di missioni giornaliere, settimanali e di sfide varie, offre poi alla creatura di Bethesda una diversa collocazione all’interno del mercato. Insomma, continuare a giocarci dopo aver finito la campagna principale, magari insieme a un amico, con lo scopo di potenziarsi il più possibile, può essere uno splendido modo di interpretare un endgame finalmente degno di essere chiamato tale.

Bello e possibile!

Sul fronte strettamente tecnico, Wolfenstein: Youngblood, convince appieno, senza stravolgimenti e senza troppi sforzi. Il motore di gioco è il medesimo di Wolfenstein II e nel bene e nel male lo si nota subito. Anche a livello strettamente artistico, infatti, il nuovo titolo mosso dall’ormai quasi superato id Tech 6 offre scorci che sanno di già visto e poco originali, ma dall’impatto e dal carisma a tratti inattaccabile. Un grandissimo merito degli sviluppatori è certamente il discorso ottimizzazione. Su PC, con una configurazione di prova tutt’altro che clamorosa, il gioco gira perfettamente, ancorato in modo granitico ai 60fps e con una risoluzione pari al Full HD.

wolfenstein: youngblood

Con i livello di dettaglio impostato su ultra l’ultima fatica di MachineGames offre un colpo d’occhio importante, fatto di giochi di luce riuscitissimi, elementi ambientali ben curati, particellari di buon livello e animazioni facciali dei vari protagonisti molto convincenti e naturali. Molto anonima, invece, la componente sonora. Se il feeling restituito dal suono delle armi e delle esplosioni non ha eguali, lo stesso non si può dire per doppiaggio (seppur quello italiano funzioni decisamente bene) e tracce sonore in generale. Il primo rispolvera le ormai stesse frasi presenti già da New Order (Granaten! Ecc.) mentre la seconda risulta ben lontana dal memorabile e del tutto anonima. Non un’inezia, ma nemmeno nulla di clamoroso, che non inficia più di tanto valutazione complessiva del prodotto.

wolfenstein: youngblood

Non offendetelo chiamandolo semplice spin-off: l’esperimento Youngblood può dirsi più che riuscito. Il lavoro svolto dai ragazzi di Machine Games su Wolfenstein: Younblgood, in coadiuvazione con Arkane Studios, si è rivelato di primissimo livello, dal primo all’ultimo minuto. Le nuove meccaniche ruolistiche hanno dato profondità a una saga sorretta da uno dei gunplay più spettacolari e appaganti di sempre, che qui ritorna in tutto il suo splendore, e anzi si apre a nuove soluzioni. La scelta di rendere il titolo totalmente fruibile in co-op ha indubbiamente modificato la struttura ludica della produzione, che rimane comunque del tutto godibile in solitaria, ma che si apre così a meccaniche ben note a tutti gli appassionati di quei giochi in cui collaborare col prossimo diventa fondamentale. E la scelta di inserire le quest giornaliere, le sfide e gli incarichi settimanali, beh, può solo rappresentare un plus. Su tutto questo si muove un racconto tutto sommato piacevole, che apre le strade ad un futuro tutt’altro che scontato per la saga ma che si accontenta di rimanere solamente buono e di non osare verso l’eccellenza. Per farla breve: se avevate quaranta euro da spendere, ora sapete dove.

8.3

Pro

  • Gunplay solido ed entusiasmante
  • Le mappe disegnate da Arkane sono più dense di segreti e attività collaterali
  • La possibilità di giocare in co-op è veramente tanta roba
  • Longevità importante, specialmente in rapporto al prezzo di lancio
  • Tecnicamente ben ottimizzato su PC

Contro

  • Livello di sfida a volte tarato troppo in alto che può penalizzare i solitari
  • IA alleata spesso e volentieri protagonista di svarioni vari
  • Stile grafico troppo simile ai precedenti capitoli, che non giustifica gli oltre venti anni trascorsi
  • Colonna sonora non all'altezza
  • La necessità di spezzare le missioni principali con le secondarie a volte può risultare frustrante
Vai alla scheda di Wolfenstein: Youngblood
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