Tales from the Underworld Recensione
Se non redenzione, almeno approfondimento
I progetti Star Wars Tales mi sono sempre risultati interessanti, nel loro scope relativamente limitato.
Se con Tales of the Jedi avevo notato una certa incertezza nella struttura degli episodi, vuoi anche per la facilità nell’annoiare, a forza di raccontare i soliti percorsi Jedi, nel conseguente Tales of the Empire, fortunatamente più incentrato nelle figure, appunto, dell’Impero, ho visto storie molto più interessanti ma con ancora incertezze sulla struttura, complice forse la voglia o capacità di “fidarsi” dell’interesse del pubblico verso i personaggi che conosciamo, tanto da essere pronti a seguirli per più di un paio di episodi.
Tales from the Underworld arriva un po’ all’improvviso e propone un nuovo gradito passo avanti nella serie dei Tales, ma avrà risolto i problemi del passato?
Tales from the Underworld Recensione
Tales from the Underworld è, nel bene e nel male, un prodotto fatto di due realtà non opposte, ma sensibilmente diverse. I dubbi strutturali del passato sono, scusa il gioco di parole, cosa del passato, e qui i 6 episodi da circa 15 minuti l’uno sono suddivisi in 2 blocchi narrativi competenti, funzionali e funzionanti.

Mi è stato chiesto di non parlarti troppo della trama, ed è per questo che ti dirò il meno possibile, senza però che questo mi obblighi a danzare intorno alle informazioni che già si sanno e a generichi rimandi all’arco narrativo dei 6 episodi.
I primi 3 episodi sono infatti dedicati ad Asajj Ventress, anti-eroina che, dopo anni a fianco e al servizio di Dooku, lascia la strada del Lato Oscuro e, vuoi per amore, vuoi per pentimento, cerca di percorrere la sua strada, e non quella dettata da qualcos’altro o qualcun’altro.
La progressione narrativa è interessante e si struttura bene sia nel singolo episodio, che nella più orizzontale trilogia, Le scene d’azione sono presenti in ognuno dei 3, ma non occupano mai lo schermo oltre al necessario, e non sono forzatamente “bombastiche”. Tales from the Underworld è molto più un racconto di personaggi, che una sequela di eventi necessari a mettere in moto domino futuri, come ritengo fosse la trilogia prequel e, meno elegantemente, quella sequel.
Ho anche notato una più evidente maturità nella costruzione delle scene non di azione. Da subito musica, inquadrature ed editing sembrano un passo avanti sia a Tales of the Jedi che Tales of the Empire, che mi sento di poter tacere di eccessivo didascalismo.
Erano e sono movimenti di macchina e costruzioni di movimento sicuramente abili nelle scene di massima dinamicità, ma Tales from the Underworld esprime genericamente più abilità anche nei movimenti di macchina più semplici, e nelle scene più semplici.

C’è anche maggior progressione narrativa rispetto alle due serie precedenti: non per, di nuovo, ciò che gli eventi comporteranno in futuro, ma per l’arco narrativo dei due blocchi da 3 episodi stessi.
Asajj vs Cad Bane
Parlavo di due realtà contrastanti, ad inizio recensione, ed è il secondo blocco di episodi a creare questo conflitto. I 3 episodi su Asajj sono interessanti perché il personaggio di Asajj lo è; d’altronde i presupposti cattivi lo sono sempre di più dei presupposti buoni, e quando un cattivo si ritrova per qualche motivo a ripercorrere all’indietro la propria discesa verso il male, ci sono mille modi di raccontare, con mani abili e sceneggiature all’altezza, la transizione di guarigione dai torti inferti e subiti.
Credo si possa essere tutti d’accordo sul fatto che siano infatti gli episodi 4-5-6 quelli più potenti di Tales of the Empire, che casualmente si prendono il tempo di raccontare la storia di qualcuno che, dubitando del Lato Chiaro della Forza, si è ritrovato Sith per poi indietreggiare e cercare un proprio limbo morale fra i 2 estremi.
Ecco, il secondo blocco di episodi è tutto su Cad Bane, il cacciatore di taglie che ormai i fan delle serie animate Star Wars conosceranno quasi istintivamente. Ecco, in ogni passata capriola di Bane nelle serie, è sempre stato un personaggio più interessante per ciò che faceva, che per quello che era.
È forse un po’ più di onestà intellettuale, quella della quale la seconda metà di Tales from the Underworld aveva bisogno: la capacità di capire che Cad Bane non è il protagonista migliore per una serie che cerca di raccontare il sottomondo criminale, ma anche il sottomondo emotivo e morale di chi le spalle alla legge le ha voltate più volte, e senza troppe remore.

Cad Bane, almeno per come è stato scritto in passato e per come qui ritorna, non è in grado di offrire spunti narrativi interessanti per una qualsivoglia dialettica su buoni e cattivi, cosa che invece il secondo blocco di episodi di Empire metteva sul piatto senza arroganza, ma con abilità.
Sulla tecnica, nulla da dire
C’è davvero poco da dire sul comparto tecnico. Lo Star Wars animato ha ormai trovato la sua quadra, in fatto di palette di colori, velocità dei frame, stile grafico, e accompagnamento musicale.
Anche nei momenti nei quali potrai distogliere lo sguardo dalla serie perché ti sembra di sapere dove sta per andare a parare, colonna sonora, doppiaggio e sound design non si smuoveranno dall'”ottimo”, costantemente complici nella capacità di traslare in un contesto molto più discreto, come minutaggio, la grandiosità di Star Wars.
Conclusioni
Tales from the Underworld è sempre profondamente Star Wars, ma per la prima volta noto un impegno a volersi distaccare dallo stampino qualitativo complessivo delle serie precedenti, migliorando la resa delle scene in cui blaster e spade laser sono riposti, non roboanti.
Purtroppo è anche la serie con il peggior contrasto narrativamente qualitativo fra le sue due metà, con una prima parte splendidamente centrata su Asajj Ventress e il suo retrocedere dal Lato Oscuro, e una seconda che invece, pur interessante sulla carta, non trova in Cad Bane una struttura abile a reggere la maturità che tutto il resto della serie (narrativamente i primi 3 episodi, tecnicamente tutti e 6) trasuda e giustamente persegue.

Data la sua brevità, ti consiglio assolutamente di guardarla, perché rimane una buonissima serie di Star Wars che disseta senza entusiasmare, ovviamente – e volutamente – distante dall’alzata di asticella fuori scala di Andor Stagione 2.
Una serie composta da due metà in forte contrasto, come i due lati della Forza
Pro
- Il ritorno di Asajj Ventress
- Tecnica eccellente
- Soundtrack e sound design sono i reparti più abili nel restituire un prodotto profondamente Star Wars
Contro
- La seconda metà perde ogni momento cinetico
- Gli sceneggiatori avrebbero dovuto riconoscere la fragilità di Bane come personaggio