Quartet Recensione

Recensito su PC

Quartet
Otto protagonisti, una sola avventura corale: Quartet celebra la forza del racconto condiviso e la bellezza dei destini che si intrecciano

Ti sei mai chiesto come sarebbe un Final Fantasy se, nel 2025, avesse resistito alla tentazione di abbandonare il combattimento a turni per inseguire le derive action? Se Square Enix avesse deciso di portare avanti quella tradizione fatta di scelte tattiche, gestione delle risorse e trame corali, invece che virare verso lo spettacolo immediato?

Quartet sembra voler rispondere proprio a questa domanda, riportandoci indietro nel tempo senza però rimanere incatenata alla nostalgia.Il titolo di Something Classic Games prende in prestito la forma dei grandi JRPG degli anni ’90 – dall’estetica in pixel art al sistema di progressione a capitoli – ma lo fa con una consapevolezza tutta contemporanea.

Non cerca di reinventare la ruota, né di mascherare la propria natura derivativa: Quartet sa di essere figlio di una tradizione precisa, quella che va da Live a Live a Final Fantasy VI, e decide di abbracciarla con orgoglio. Ma allo stesso tempo lavora di cesello su dettagli, ritmo e scrittura, riuscendo a costruire un’identità propria che lo rende molto più di un semplice omaggio.

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Therme, un villaggio dove la vita quotidiana si intreccia con la presenza militare. Tra mercati, magie e tensioni politiche, il mondo prende forma con dettagli che omaggiano i grandi JRPG degli anni ’90

Un incipit in quattro atti

Il titolo del gioco non lascia spazio a dubbi: Quartet racconta quattro storie. Non quattro episodi intercambiabili, ma quattro archi narrativi ben distinti, ciascuno con il suo protagonista, le sue tematiche e il suo tono, destinati a intrecciarsi in un disegno più grande.

Ho deciso di affrontarli in ordine “da destra a sinistra”: Ben, Nikolai, Alexandra e infine Cordelia. L’esperienza è stata sorprendente, perché ogni arco riesce a distinguersi pur mantenendo coerenza con l’universo complessivo.

Ognuno di questi archi non è solo un incipit, ma un vero e proprio romanzo in miniatura, capace di introdurre personaggi credibili, motivazioni forti e situazioni che spingono davvero ad andare avanti.

Ben è il volto dell’eroe riluttante. Cuoco in un ristorante della città di Akos, sfruttato da un datore di lavoro che non lo paga, vede la sua vita cambiare quando, cercando di farsi valere, si ritrova coinvolgo in una vicenda mafiosa. Durante i primi scontri scopre di possedere poteri magici legati al vento, e da lì la sua strada lo porta a un incarico per conto del sindaco: un “lavoretto” che diventa l’inizio di una lunga avventura. L’arco narrativo di Ben è quello che più ricorda i classici JRPG, con la trasformazione da uomo comune a eroe inaspettato

Nikolai, invece, si colloca su un registro diverso. Sergente dell’esercito di Auslan, con un passato da pompiere, riceve la missione di dare la caccia a maghi ribelli al confine della nazione. Gli viene consegnato uno strano marchingegno, il cui scopo diventa chiaro solo con l’avanzare della trama. Il suo arco è più cupo, militare, intriso di dovere e conflitti: il soldato che obbedisce agli ordini, ma che lentamente deve fare i conti con dilemmi morali e con il peso delle sue scelte. La demo propone la sua storia, se vuoi provarla.

Alexandra rappresenta probabilmente la linea narrativa più drammatica. Vive a Seren, dove gestisce il negozio di famiglia mentre sua madre giace in coma. Il bisogno di denaro la spinge ad aiutare il fratello Alvin in attività non proprio legali. È proprio durante uno di questi “lavoretti” che entra in possesso di un mazzo di carte dai poteri misteriosi, che le provoca allucinazioni e problemi crescenti. La sua storia gioca con il tema della corruzione, della disperazione e del confine tra realtà e illusione.

Cordelia, infinite, chiude il cerchio con l’arco narrativo più legato alla politica e alle cospirazioni. Figlia di un medico stimato, morto lasciandole in eredità non solo il ricordo ma anche un’ombra di scandalo, sceglie di dedicarsi alle leggi magiche piuttosto che alla medicina. Durante una lezione a dei suoi studenti, un incidente scatena il caos: un giovane infrange un sigillo, liberando una bestia magica. Subito dopo, Cordelia scopre che suo padre era coinvolto in un intrigo politico, e decide di partire per l’est, dove la attendono banditi e segreti che ampliano enormemente l’orizzonte narrativo.

Quattro storie, quattro protagonisti, quattro atmosfere: mafia urbana, rigore militare, disperazione familiare, intrighi politici. Tutte linee diverse, che però si intrecciano con naturalezza, creando un tessuto narrativo solido e appassionante. Non è un caso che i riferimenti più evidenti di Quartet siano Live a Live e Octopath Traveler: anche Quartet costruisce la sua identità sul mosaico narrativo, e lo fa con intelligenza, senza scivolare nella frammentazione.

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Un giardino curato, che dimostra l’attenzione di Quartet per gli ambienti più tranquilli e contemplativi

Quartet è un mondo vivo

Il worldbuilding di Quartet funziona. Le città e le regioni non sono soltanto sfondi, ma ambienti coerenti con la loro storia e cultura. Dal porto di Merdoyo(purtroppo si chiama così una città) ai boschi di confine, fino a Leornin e Seren, ogni luogo racconta qualcosa di diverso: non tanto nelle architetture – spesso simili per stile –  quanto nei dialetti, nelle usanze e nei personaggi che lo abitano.

Un dettaglio che ho apprezzato è proprio la resa dei dialetti: ogni città sembra avere una voce propria, e i dialoghi riflettono sfumature linguistiche che restituiscono il senso di un mondo realmente frammentato e diversificato. Certo, per chi non ha familiarità con l’inglese o con i suoi registri regionali può risultare ostico, ma per chi riesce ad apprezzarne la ricchezza, questa scelta contribuisce a un’immersione rara.

Gli NPC non sono mai semplici comparse: parlando con tutti, ho scoperto piccole storie, dettagli di colore e persino retroscena che ampliano la comprensione degli eventi principali. L’universo narrativo di Quartet non è solo funzionale alla trama, è vivo e pulsante, con il giusto equilibrio e quotidianità.

Gameplay: tra tradizione e tattica

Se la narrazione è il cuore di Quartet, il gameplay è lo scheletro che lo sostiene. Ed è uno scheletro ben costruito, che non si limita a scimmiottare i classici ma introduce alcuni accorgimenti in grado di rendere ogni battaglia coinvolgente.

L’esplorazione segue il modello classico dei JRPG in 2D: città, dungeon, passaggi segreti, forzieri nascosti e persino oggetti invisibili sparsi per le mappa. Proprio come nei giochi del passato, c’è sempre la sensazione che dietro a un angolo, dietro a un muro apparentemente anonimo, si possa nascondere una ricompensa.

Un aspetto importante è l’assenza degli incontri casuali. Non ci si trova mai costretti a combattere a caso mentre si esplora: ogni battaglia è segnalata dallo sprite dei mostri e ben visibile. Questo rende l’esplorazione meno frustrante e più significativa: se un nemico blocca la strada, significa che dietro c’è qualcosa di importante, che sia la trama principale o un forziere prezioso. Il risultato è un ritmo molto più bilanciato, che alterna momenti di esplorazione a combattimenti senza mai dare la sensazione di “perdita di tempo”.

Il vero fiore all’occhiello del gameplay è però il sistema di combattimento. A prima vista potrebbe sembrare un classico battle system a turni, ma basta poco per accorgersi che la profondità è notevole.

Innanzitutto, i personaggi possono essere scambiati tra prima linea e riserve. Non si tratta di un semplice cambio cosmetico: ogni scelta è tattica, perché i personaggi in riserva recuperano AP e possono rientrare in campo pronti a usare abilità speciali. È un meccanismo che obbliga a ragionare: tenere sempre gli stessi eroi davanti può portare a un rapido esaurimento delle risorse, mentre alternarli con intelligenza consente di mantenere il gruppo sempre efficiente.

Le debolezze nemiche non sono soltanto elementali, ma anche fisiche. Alcuni avversari sono più vulnerabili alle armi perforanti, altri a quelle contundenti, altri ancora ad attacchi taglienti. Questo rende ogni battaglia un puzzle da risolvere, un esercizio di trial & error che però non diventa mai frustrante, grazie alla presenza di abilità che permettono di identificare in anticipo le resistenze e i punti deboli dei nemici.

Gli AP sostituiscono i tradizionali MP. Tutti i personaggi iniziano le battaglie al 100%, ma le abilità consumano punti che non si ricaricano a fine scontro. In compenso, ogni turno rigenera automaticamente una piccola quantità di AP, e il recupero è più rapido se il personaggio si trova tra le riserve. Questo sistema incoraggia a non sprecare abilità a caso, ma a pianificare con attenzione il loro utilizzo.

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Un confronto serrato nei boschi: dialoghi e combattimenti si intrecciano per dare ritmo alla narrazione

Infine, l’ordine dei turni è sempre visibile a lato dello schermo. Sapere in anticipo chi agirà e quando consente di pianificare mosse difensive, cure o attacchi mirati per interrompere le azioni nemiche. Un’aggiunta che fa una grande differenza in termini strategici.

Un dettaglio importante è la presenza di due modalità di difficoltà: Casual e Normal. Ho completato Quartet interamente a Normal, per poi ricominciare una seconda partita in Casual per osservare le differenze. La conclusione è chiara: anche in modalità più semplice, Quartet non diventa mai un titolo banale. Le battaglie richiedono comunque attenzione e pianificazione, mentre a Normal il livello di sfida cresce sensibilmente. Non ci si può affidare al button mashing: ogni dungeon è un test di resistenza, in cui persino i nemici comuni possono mettere in difficoltà se affrontati senza strategia.

E se una tattica non funziona, basta cambiare approccio. È proprio questa flessibilità a rendere Quartet appassionante: perdere una battaglia non genera frustrazione, ma voglia di riprovare con una nuova strategia. Fortunatamente, il sistema di salvataggio è generoso: si può salvare ovunque, e le boss fight sono quasi sempre precedute da checkpoint che curano il gruppo. Inoltre, in caso di sconfitta, Quartet permette di riprendere dall’inizio del combattimento, senza punizioni eccessive.

Ogni personaggio ha abilità uniche e un ruolo ben definito. Non ci sono job system che permettono di cambiare classe: Ben, Nikolai, Alexandra e Cordelia(e gli altri 4 comprimari che non voglio nominare per non spoilerare troppo) anche sono costruiti per occupare ruoli precisi, e questa scelta rafforza l’identità del gruppo.

Gli equipaggiamenti, invece, offrono una varietà interessante. non sempre un’arma nuova è più forte della precedente: alcune hanno effetti di stato aggiuntivi, come veleno o stordimento, che possono rivelarsi preziosi contro determinati nemici. Lo stesso vale per le armature, che spesso offrono resistenze specifiche e stati negativi. Questo sistema spinge a valutare le scelte in base al contesto, piuttosto che inseguire soltanto il numero più alto.

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I boss mettono davvero alla prova la strategia del giocatore

La forza della scrittura

Se il gameplay è dichiaratamente derivativo, è la scrittura a rendere Quartet memorabile. Ogni arco narrativo è costruito con cura, introducendo personaggi che non sono mai banali. Il padre di Cordelia, il capo dei banditi, i vari comprimari che affiancano i protagonisti: tutti contribuiscono a dare spessore e a evitare quella sensazione di “Vuoto” che spesso accompagna gli JRPG meno ispirati.

La sceneggiatura non si limita a riprendere i cliché del genere, ma riesce a rileggerli con freschezza. L’eroe riluttante, il soldato fedele ma dubbioso, la giovane costretta al crimine, la studiosa in cerca di verità: archetipi noti, che però acquistano spessore grazie al mondo in cui vengono intrecciati e al ritmo narrativo, sempre sostenuto.

Il risultato è una storia che, pure ispirandosi a modelli celebri, riesce a catturare il giocatore e a spingerlo avanti. Non si gioca Quartet solo per combattere o esplorare: lo si gioca per sapere cosa succederà per vedere come le quattro linee si intersecheranno, per scoprire quali segreti ancora si celino dietro ogni enigma.

Dopo i quattro incipit, Quartet non si limita a costruire l’attesa dell’incontro tra i protagonisti: ogni arco narrativo prosegue con nuovi sviluppi che consolidano l’identità dei personaggi e approfondiscono il mondo di gioco. Dal capitolo 1 in avanti emergono prove sempre più impegnative, colpi di scena inattesi e situazioni che mettono i protagonisti davanti a scelte difficili, rafforzando il legame tra il giocatore e ciascuna storia. Non è quindi un semplice attendere la fusione delle trame: già nei singoli percorsi la tensione cresce e la posta in gioco diventa più alta, rendendo l’avanzamento coinvolgente capitolo dopo capitolo.

Se c’è un momento in cui Quartet mostra chiaramente le sue ambizioni narrative, quello è il capitolo 7. Non serve entrare nei dettagli per capire quanto sia importante: fino a quel punto Quartet ha costruito con pazienza i suoi protagonisti, ha approfondito le loro storie individuali e ha permesso al giocatore di conoscerli a fondo. È con il settimo capitolo che questa preparazione trova una vera e propria svolta, un punto di coesione in grado di ridefinire la percezione della trama.

La forza del capitolo 7 sta proprio nella sua funzione di “cerniera”: inaugura una dimensione narrativa più ampia, dove i fili cominciano a intrecciarsi in modo più tangibile. Non è un passaggio brusco, ma naturale e ben preparato, capace di trasmettere la sensazione che tutto quello che è venuto prima non fosse casuale, bensì parte di un disegno più grande.

In questo senso, il capitolo 7 non è solo un momento importante della trama, ma anche un banco di prova per il giocatore: qui si capisce che Quartet non è semplicemente una raccolta di storie parallele, bensì un viaggio corale, pronto a crescere in complessità e impatto emotivo.

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Il treno in corsa attraverso i canyon: con Cordelia che cerca di acciuffare i banditi

Atmosfera e tono narrativo

Uno degli aspetti più sorprendenti di Quartet è la la coerenza del tono narrativo. Nonostante tra gli archi – mafioso, militare, familiare, politico – Quartet riesce a mantenere una voce comune, fatta di malinconia, determinazione e mistero.

Questa unità non deriva tanto dalla grafica o dalla musica(che, anzi, a volte risulta ripetitiva), quanto dal modo in cui la scrittura lega insieme i diversi filoni. Ogni arco sembra riflettere una parte di un discorso più grande: la fatica del vivere, la ricerca di un posto nel mondo, la lotta contro forze più grandi di sé.

A dare ulteriore spessore c’è la difficoltà stessa. La selezione tra Casual e Normal non è un mero accessorio: contribuisce a definire l’atmosfera. Anche in modalità più semplice Quartet richiede attenzione, mentre a Normal ogni scontro diventa un esercizio di strategia. Questa durezza non è mai punitiva, ma trasmette bene l’idea di un mondo che non regala nulla, in cui i protagonisti devono lottare con ogni mezzo per sopravvivere e andare avanti.

Nonostante i molti pregi, Quartet non è esente da difetti. L’esplorazione, per quanto ricca di segreti, può diventare ripetitiva a lungo andare. La colonna sonora non sempre riesce a supportare adeguatamente la narrazione: alcune tracce sono azzeccate, altre risultano monotone o addirittura fuori contesto. Inoltre, la scelta di usare dialetti e registri linguistici particolare può rendere difficile la comprensione a chi non ha familiarità con l’inglese più complesso.

Sono difetti che non compromettono l’esperienza, ma che limitano in parte l’impatto complessivo.

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Il villaggio di Seren, con la sua atmosfera pacifica e accogliente, fa da contraltare alle tensioni della trama

Quartet Recensione – Conclusione

Quartet non è un gioco che vuole riscrivere le regole del genere. È un titolo che guarda indietro, prende ispirazione dai grandi classici e li rielabora in chiave personale. Il risultato è un’esperienza che, pur derivativa, riesce a essere sincera, coinvolgente e appassionante.

La forza della narrazione, la solidità del sistema di combattimento e la coerenza del mondo costruito lo rendono un titolo capace di catturare non solo i nostalgici, ma chiunque cerchi un RPG con una storia ben scritta e un gameplay che richiede strategia. Non è perfetto, certo: l’esplorazione può stancare, la musica non sempre convince, e l’inglese può essere ostico. Ma sono difetti secondari rispetto al piacere complessivo che Quartet sa offrire.

In definitiva, Quartet è un omaggio sincero a un genere che ha fatto la storia, e al tempo stesso una prova di maturità per il publisher. Non un capolavoro innovativo, ma un’opera solida, appassionata e rispettosa delle sue radici.

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Un JRPG moderno dal cuore classico, che unisce profondità narrativa e gameplay strategico.

Pro

  • Sistema di combattimento a turni complesso e ben bilanciato
  • Storia ricca di intrecci, con archi narrativi che si uniscono in modo convincente
  • Personaggi memorabili e caratterizzati con cura
  • Difficoltà calibrata che stimola la strategia senza risultare punitiva

Contro

  • Alcuni momenti iniziali un po' lenti prima che la trama decolli davvero
  • Picchi di difficoltà che potrebbero scoraggiare i meno esperti
  • Qualche ambientazione secondaria meno ispirata rispetto alle principali
  • Colonna sonora che a volte stona con gli avvenimenti
Vai alla scheda di Quartet
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