Max Payne 3 – Recensione Max Payne 3

Finalmente Max Payne torna a casa, ovvero alla versione PC, piattaforma da cui scaturì la serie. Tramite le recensioni delle versioni per console abbiamo potuto appurare quanto il gioco segua il solco della saga rimanendo da questo punto di vista un capolavoro. Tranquillizzati da questo importantissimo fattore, vedremo anche gli aspetti tecnici di questa versione.

Si cambia aria

Chi conosce la saga sa quanto il nostro Max non abbia vissuto una vita facile e come quest’ultima sia stata una spirale in discesa, avviata da un traumatico evento avvenuto proprio nel picco della felicità, quando tutto sembrava perfetto, che ha spazzato via ogni cosa facendo piombare il nostro protagonista in un incubo noir nel quale il limite tra sofferenza psicologica e fisica rimane indefinito. Nonostante tutto ciò sia senza dubbio spiacevole è proprio questa caratterizzazione profonda a farci amare questo antieroe. Sempre con maggiore difficoltà il Nostro fatica a mantenere una sua identità cercando di colmare ciò tramite l’alcool e gli immancabili antidolorifici (quest’ultimi sono una presenza quasi artistica all’interno della saga, oltre ad essere gli "oggetti" che curano Max) senza contare l’incredibile talento a lasciare dietro di sé una scia di piombo e cadaveri ogni qual volta si ritrova suo malgrado in mezzo a torbidi affari. La trama e l’atmosfera della saga di Max Payne non sono un aspetto secondario, contribuiscono a rendere un titolo come Max Payne ciò che è. Prima del rilascio del titolo tra gli appassionati erano nati molti dubbi, molti infatti si chiedevano se questo seguito sarebbe stato all’altezza estetica dei primi due capitoli della saga, in quanto questo terzo capitolo non sarebbe stato prodotto dall’originale casa di sviluppo, i finlandesi di Remedy Entertainment, ma piuttosto dagli sviluppatori dello studio Rockstar situato a Vancouver. Altro motivo di dubbio dei fan era il cambio parziale di ambientazione; infatti l’ambientazione principale non sarebbe stata più New York e i suoi ambienti torbidi e noir (anche se nel gioco sono presenti diversi flashback ambientati a N.Y. riguardanti i mesi precedenti la nostra avventura brasiliana), ma piuttosto la ben più colorita e calda San Paolo in Brasile.
 


 

Ma i nostri demoni continuano a seguirci

Di certo possiamo tranquillizzare i fan su entrambi i punti, il livello della trama e il modo in cui quest’ultima viene espressa è perfettamente coerente e in linea con i predecessori anche se lo stile è stato aggiornato. Gli intermezzi ad esempio non sono più tavole a fumetti in stile noir, ma sono piuttosto scene del gioco perfettamente amalgamate con l’azione che creano un equilibrio narrativo di rara fattura e che quindi non danno un senso di stravolgimento allo stile della saga. Il nostro protagonista nonostante il look molto diverso (lo vedremo spesso con i capelli rasati e con la barba) continua ad essere indiscutibilmente Max con i suoi ragionamenti interiori dal lessico intarsiato, con il tormento dei ricordi, con gli antidolorifici che ormai sono per lui una vera a propria dipendenza. Quando non si ha nulla da perdere, cambiare aria per inerzia non trasforma il nostro antieroe, Max Payne rimane uno dei personaggi meglio caratterizzati in un titolo videoludico, e ciò rende questo terzo capitolo un degno successore dei primi due capitoli. Inoltre è da notare che seppur Sam Lake non abbia curato la sceneggiatura di questo terzo capitolo, Remedy pur non avendo sviluppato il titolo ha avuto ruoli di supervisione.
 


 

Bullet time ci sei mancato

Quando nell’estate del 2001 Max Payne arrivò su PC non fu soltanto la trama e lo stile unico ad attirare i giocatori verso questo titolo. Questi elementi infatti erano amalgamati da un gameplay coinvolgente, spettacolare ma non banale. Gli scontri a fuoco erano vere e proprie scene d’azione cinematografiche grazie al il cosidetto Bullet Time, ovvero la possibilità di rallentare l’azione di gioco permettendoci di gettarci tra i proiettli e di puntare con calma i nemici, eliminandoli con precisione ed efficacia anche nel caso in qui quest’ultimi siano in maggioranza numerica. Il Bullet Time riscosse il proprio successo proprio grazia alla saga di Max Payne, che aveva in quest’ultimo la base del suo gameplay. Ovviamente non poteva mancare nemmeno in questo terzo capitolo, in cui lo spettacolo è assicurato grazie alla fisica e agli scenari ricchi di particolari. Nonostante l’abilità di Max il gioco è tutt’altro che facile (e del resto era così anche nei due precedenti capitoli), infatti non sarà raro trovarsi in situazioni a dir poco complicate e che dovremo ripetere più volte proprio a causa della loro difficoltà. A proposito di ciò, è da segnalare la presenza ereditata dalle console di un sistema di salvataggio basato su checkpoint da cui ripartire, per fortuna questi saranno abbastanza numerosi ma non quanto basta per non farci rimpiangere il salvataggio rapido, opzione che solitamente ci si aspetta su un titolo per PC. Da menzionare infine la presenza di un sistema di coperture, cosa che ormai è difficile non trovare in uno sparatutto in terza persona, in ogni caso nonostante la presenza di ciò l’azione sarà spesso talmente frenetica che dovervi rinunciare per scatenare l’inferno con l’ausilio del bullet time sarà la scelta migliore.
 

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