007 First Light Intervista – Gamescom 2025
Non solo presentazioni, in Gamescom 2025, ma anche una doppietta di velocissime interviste.
A poche ore dall’hands-off di 007 First Light al quale, in un piccolo teatrino perfetta location per la presentazione, mi è stato concesso di intervistare, per 10 minuti l’uno, Theuns Smit, senior licensing producer, e Rasmus Poulsen, franchise art director.
Non si sono ovviamente slacciati troppo, come c’era da aspettarsi, ma ero personalmente più interessato alle libertà che un videogioco di 007 concede e e vieta, e alle influenze estetiche di un team che all’improvviso si ritrova a lavorare con un’IP così storica, stabilita e cementificata a livello estetico.
Goditi l’intervista.
007 First Light Intervista – Gamescom 2025
Q&A con Rasmus Poulsen, franchise art director
Qual è il tuo ruolo e, in sintesi, qual è la tua attività day-to-day?
Il mio ruolo è primariamente quello di assicurarmi che l’estetica e tutti gli asset visivi siano “giusti”. Parlo con gli art director dello studio e mi assicuro che si abbia tutti una visione comune di ciò che 007 First Light deve essere e faccio in modo che, costantemente, questa visione sia rispettata.
Nella recente presentazione abbiamo potuto conoscere i principali pillar di 007 First Light a livello di gameplay. Quali sono, visto il tuo ruolo, quelli artistici, visivi? Qual è l’identità visiva di questo franchise nascente, videoludicamente parlando?
Come ci sono 3 pilastri a livello di gameplay, io ne ho 3 a livello visivo.
Credibilità è il primo: tutto è ancorato alla realtà, dalle location ai character, e usiamo questa base di realismo come trampolino e rete di sicurezza per, letteralmente, giocarci sopra, per lanciarci verso mete più coraggiose, più “out there”
Il secondo è il rispetto per la tradizione di Bond, fatta di location esotiche, sempre visivamente interessanti.
Il terzo è quello che in IOI, per 007 First Light, abbiamo definito vibrant futurism: questo concetto si riferisce primariamente ai vari accenti futuristici che, a livello estetico, abbiamo posto in molti degli aspetti visivi di First Light. Non è puro futurismo, ma sono appunto accenti che contribuiscono a creare quel senso di timelessness (attributo solitamente usato per qualcosa che non ha una evidente collocazione temporale, ma potrebbe essere di ieri, di oggi o di domani).
C’è un’esplicito equilibrio visivo, in Bond, una dualità insita nel franchise stesso che è inevitabilmente da inseguire in una trasposizione videoludica dell’IP.
Restando sull’argomento “identità estetica”, negli anni abbiamo assistito ad una sorta di cementificazione dell’estetica di Bond, sempre più accogliente verso un glamour senza tempo che gioca all’angolo fra realismo e modernità semi-futuristica. Avete espressamente inseguito questo glamour senza tempo, e qual è stato lo step più difficile in questo percorso?
Durante la produzione, soprattutto dal punto di vista estetico, abbiamo sempre lavorato attorno al dinamismo che esiste fra passato e futuro. Quella timelessness alla quale ti riferisci tu stesso noi abbiamo provato a cercarla nelle architetture e nei colori, gli elementi che forse, più di altri, sono in grado di, se usati con abilità, astrarre una location da espresse definizioni di tempo e periodo.
Una cosa curiosa che abbiamo fatto a livello cromatico, ad esempio, è guardare alle emulsioni Kodak per le pellicole dei Bond di Connery, e abbiamo cercato di riflettere quegli equilibri colore, un po’ più spenti ma anche più reminescenti di quella che nel tempo è diventata l’estetica bond con la E maiuscola.
Il centro del processo creativo è l’equilibrio, sempre: equilibrio fra eleganza e brutalità, fra azione e accenti di modernità, ed equilibrio fra tutti questi elementi.
Per chiudere, qual è stata la reference non-bondiana più assurda che ti viene in mente, nel processo creativo che ha portato 007 First Light allo stato in cui è ora?
Alcune installazioni artistiche, in particolare quelle che usano la luce come parte stessa dell’esperienza sensoriale dell’opera, e le installazioni che usano in modo sperimentale il rapporto fra spazio e luce. Durante l’intero processo, ho sempre cercato di spingere il team a guardare il mondo con occhi nuovi, in qualche modo, e fare loro vivere esperienze visive anche al di fuori dei media tradizionali.
Come struttura ludica, e lo vedi ovviamente negli Hitman, passiamo e ti facciamo passare tanto tempo dietro le quinte, quindi grazie a questo livello “aggiuntivo” di profondità nelle nostre location abbiamo modo di eseguire quella che in 007 First Light è una missione più esplicita, ossia inserire sempre un twist, un qualcosa di inaspettato, nei luoghi e livelli che ti facciamo visitare.
Q&A con Theuns Smit, senior licensing producer
Qual è il tuo ruolo e, in sintesi, qual è la tua attività day-to-day?
Sono un senior licensing producer, quindi faccio da tramite fra IOI e i detentori delle licenze di Bond. Come probabilmente saprai, 007 è costellato di brand e marchi, e io aiuto il team produttivo a tutti i livelli a navigare meglio sia la licenza stessa di 007 che la partnership con gli altri brand. Si tratta sicuramente di un rapporto che esiste solo in quanto collaborativo. Il franchise esiste da decenni, quindi c’è molto da rispettare e molto da esplorare allo stesso tempo.
Come pensi possa raggiungere il successo un gioco di 007, un successo che non significhi solo un accoglienza positiva da parte di critica e pubblico, ma più che altro la messa a schermo di un’opera di profondo rispetto verso un ruolo e un personaggio leggendario da decenni a questa parte? Come pensi che si possa usare il medium videogioco in modo unico rispetto ad altri media, per restituire l’esperienza Bond “definitiva”?
La domanda principlae deve essere: cosa stiamo creando?
Quella che abbiamo decido di creare è un origin story, completamente nuova, per un personaggio che più o meno, però, conosciamo da tempo. Un personaggio noto, raccontato in modo ignoto. Bond in questo gioco deve ancora arrivare a meritarsi il doppio zero, ossia la licenza di uccidere: è appena uscito dalla Marina Militare britannica, e il doppio zero esiste da circa dieci anni, quindi la scalata non è già di partenza facile. Fra i tanti rapporti interpersonali, data la giovane età di Bond sarà primariamente importante il rapporto conflittuale con il suo mentore.
Per quanto riguarda l’utilizzare le abilità uniche di un videogioco rispetto ad un altro medium, l’elemento produttivo più palese al quale penso è l’accesso a location che, per la loro posizione o per la semplice natura geografica, sono inaccessibili ad una normale troupe cinematografica. In fin dei conti si tratta di immersività, e lo star facendo un videogioco rispetto ad un libro o un film ci permette di perseguirla di più come obbiettivo, e in fase finale ottenerne di più.
La più recente saga cinematografica, quella di Daniel Craig, ci ha mostrato un Bond che sbaglia, che agisce d’istinto senza averne ancora sviluppato i limiti e l’efficacia, e specialmente un Bond che si connette forse un po’ troppo intensamente alle persone che ora costellano la sua vita. 007 First Light lascerà lo spazio e il tempo, ovviamente senza andare troppo nello specifico, a James di fare degli errori?
Abbiamo onestamente un team di writer e narrative designer semplicemente eccellenti, che hanno creato una narrazione accattivante e coinvolgente. Il fatto che questa sia una origin story ci permette sicuramente più spazio di manovra con James: ha molto da imparare, e le lezioni più importanti della sua vita e professione sono ancora davanti a lui. Se gli togliamo le armi, è un giovane ragazzo che cerca di trovare il proprio posto nel mondo.
Ovviamente attorno a lui ruota una cast di personaggi importanti, ma non saranno solo loro a definire e ridefinire James; a questo scopo, saranno più i personaggi originali a brillare, persone e ruoli che non esistono nei libri e nel film ma che compongono tasselli evidenti ed essenziali dell’identità di questo Bond e di questa sua prima nuova iterazione videoludica.