Alien: Isolation – Hands On

Dopo quel disastro chiamato Colonial Marines, il brand di Alien ha decisamente bisogno di riscatto. Alien: Isolation è l’idea scaturita dalle menti di Creative Assembly, sviluppatori noti per la longeva e numerosa saga di strategici Total War, e che per la prima volta si avventura nella produzione di un gioco di genere totalmente diverso e basato su un nome di terze parti. Sin dall’inizio il nostro interesse è stato elevato, ma è stata senza dubbio la prova fatta all’ultimo E3 a convincerci della qualtià del titolo, come testimonia il nostro articolo. Ora siamo pronti a dirvi anche di più, grazie alla lunga demo che abbiamo potuto provare e di cui ci accingiamo a parlarvi.

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Le premesse di Isolation le conosciamo: quindici anni dopo il primo film di Alien, Ellen Ripley, figlia della stessa Ripley protagonista della serie, partecipa a una missione di ritrovamento della nave Nostromo e del suo equipaggio, fra cui sua madre. Per il ritrovamento, viene usata la Sevastopol, che più che una nave è una piccola cittadina mobile. La demo sin dall’inizio ne dimostra la grandezza, iniziando dall’interno di un vagone di trasporto che ricorda molto quelli che collegavano i vari settori nelle ambientazioni di Dead Space e Doom 3, giochi che hanno sicuramente influenzato parte della produzione.

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Scesi dal vagone, incontriamo due persone conosciute a Ellen, di cui una ferita, per il quale ci verrà chiesto di cercare delle cure. Ci dirigiamo quindi al centro medico, esplorando varie sale della Sevastopol, in cui possiamo capire dettagli della storia semplicemente esaminando i dettagli, come scritte sui muri, oggetti trovati in giro e così via: l’intera nave pare infatti in preda all’anarchia, e l’equipaggio si è diviso in fazioni, mentre l’amministrazione e la sicurezza cercano di arginare e isolare i singoli settori per contenere le rivolte.
Troviamo presto il centro medico, con medico annesso, il quale però non ha disponibilità di strumenti per curare. Ovviamente, diventa nostra responsabilità rimediare ed addentrarci nel padiglione. In questo spazioso ambiente iniziamo ad assaggiare la struttura delle aree dove prende davvero vita il gameplay: il nostro obbiettivo ha multiple vie per essere raggiunto, tramite passaggi di ventilazione posti sul pavimento (o sui muri), corridoi, stanze e così via. Esplorando, non solo possiamo trovare oggetti utili ma anche diversi elementi di interazione, come mappe per aggiornare quella personale, computer e pannelli elettrici. In questi ultimi, è possibile dare alimentazione e/o toglierla dai vari sistemi presenti nell’area, ad esempio rimuovendola dai sistemi di allarme per poterla ridirezionale su porte che diversamente rimarrebbero chiuse. Ovviamente, quanto appena elencato prende senso nel momento in cui c’è una minaccia da evitare, e potete facilmente immaginare di che minaccia si tratti. Difatti, non passa molto prima che facciamo incontro con il primo xenomorfo.

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L’incontro con l’alieno richiede un paragrafo a sé stante. Il primario obbiettivo di Creative Assembly con questo gioco è creare un esperienza che immerga i fan di Alien in un’atmosfera del tutto simile a quella del film originale. Per ottenere questo, non basta solo ricreare ambientazioni simili e adornarle di elementi peculiari della serie (cosa realizzata con maestria, peraltro), ma bisogna soprattutto far vivere al giocatore la paura – paura derivante dall’impotenza di trovarsi da soli contro una creatura superiore e impossibile da fermare. Non è infatti possibile uccidere l’alieno in alcun modo, tutto ciò che si può fare è evitarlo e fuggire.
A questo punto, il pensiero di molti è andato ovviamente a giochi come Amnesia, ma la differenza è, in realtà, enorme. L’alieno non è infatti guidato da script, ed agisce esclusivamente basandosi sul comportamento del personaggio ed eventuali altri personaggi presenti. Ogni mossa che si fa, ogni rumore, ogni spostamento, attira l’attenzione dell’alieno, che reagirà di conseguenza. Il principale strumento di sopravvivenza è il celebre sensore di movimento, che aiuta a capire quanto le minaccie sono vicine, così per poterci nascondere all’occorrenza. Essere visti a infilarci in qualche anfratto è ovviamente una condanna a morte, ma anche nascondersi con discrezione in un armadio non è una garanzia di sopravvivenza: se l’alieno sospetta qualcosa e si avvicina a controllare, il giocatore deve essere pronto ad appiattirsi sul fondo del nascondiglio e trattenere il respiro, pena vedere la protagonista trascinata fuori e uccisa. Non solo: la minaccia non termina cambiando area, siccome l’alieno continuerà a seguirci e tenderci anche trappole (specialmente dagli occasionali condotti posti sul soffitto).

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Dal momento che l’alieno non può essere ucciso, è lecito domandarsi a cosa servano tutti gli oggetti dell’inventario. Come noto, esiste un sistema di crafting basato su componenti e resti trovati in giro, ed la demo inizia in uno stadio intermedio dell’avventura, con una discreta fornitura di strumenti. Alcuni sono di intuibile utilizzo, come flare e medikit, mentre altri, come le “bombe sonore”, possono distrarre l’alieno. Ci sono anche delle armi, come un revolver e un manganello stordente, ma nemmeno questi uccidono l’alieno, così come non lo fermano nemmeno bombe flash e fumogene, che servono invece per un altro nemico: gli umani. Abbiamo infatti detto che l’equipaggio della Sevastopol è in ammutinamento, e molti sono decisamente poco inclini a collaborare o persino a tollerare la nostra presenza. Se infatti avvicinarsi di solito comporta ricevere minaccie e poco gentili inviti ad allontanarci, persistere rischia di provocare reazioni armate. A questo punto, si apre un nuovo paradigma di interazione con l’alieno: il rumore degli scontri rischia infatti di attirarlo, trasformandolo in un improbabile alleato per breve tempo, su cui di sicuro è bene non fare troppo affidamento e tenersi a debita distanza, eventualmente usando il fuoco (di bombe o lanciafiamme), l’unica cosa in grado di metterlo in fuga – ma solo per poco tempo, e dopo torna indietro più aggressivo di prima. Infine, siccome siamo in un gioco di Alien, non potevano mancare i sintetici, androidi il cui aspetto umano li rende inquietanti quasi quanto l’alieno. L’intelligenza di umani e sintetici non è inferiore a quella dell’alieno, che reagiranno in base ai nostri comportamenti. Ad esempio, attaccare un sintetico a martellate funziona solo al primo colpo, mentre il secondo verrà fermato e violentemente contrattaccato.

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Abbiamo già menzionato come la cura delle ambientazioni ricrei un esperienza Alien fedele, grazie all’adornamento degli ambienti di gioco con tutte le tipiche cose dalla saga – tecnologie analogiche, schermi a tubo catodico, porte idrauliche, e via discorrendo – e all’uso di pallette di colori e architetture che ben ricordano la nave del primo film. Ma questo da solo non sarebbe bastato: il motore grafico è infatti un capolavoro di modernità, avvalendosi in particolar modo di effetti grafici di illuminazione dinamica di livello cinematografico, così come le animazioni, in particolar modo dell’alieno. Inoltre, il livello qualitativo delle texture e del bump mapping è senza precedenti: se effetti, risoluzione, ombre e la qualità generale devono essere scalati sulle macchine da gioco meno moderne, questo non si applica ai suddetti elementi, che rendono gli ambienti estremamente verosimili anche su PC poco recenti.

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Questa prova non ha fatto altro che rafforzare l’idea che ci eravamo già fatti all’E3: Isolation è l’esperienza Alien definitiva, che immerge il giocatore in un gioco fedele e credibile, non solo nell’aspetto ma anche nelle sensazioni di terrore provate, generate non da effetti e scene cruente ma con un gameplay punitivo e ansiogeno come pochi altri titoli sono stati in grado di fare.

Appuntamento il 7 ottobre su PC e console Sony e Microsoft di vecchia e nuova generazione.

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