God Save Birmingham Anteprima – Gamescom 2025

Abbiamo avuto modo di provare una demo del promettente survival: God Save Birmingham ed ecco ciò che abbiamo scoperto.

Immaginate se la grande epidemia di peste del 1300 lungi dal semplice mietere vittime avesse trasformato i malcapitati in zombie completamente privi di senno e guidati solo da una fame insaziabile. Proprio da questa premessa nasce l’idea dietro God Save Birmingham, ambiziosissimo survival game post apocalittico in salsa medioevale.

Ad assumersi l’onere di tale progetto è Ocean Drive Studio, software house già nota per aver pubblicato l’Rpg tattico “Lost Eidolons” e ora pronta a tentare un nuovo grande passo i cui esiti sono tutto fuorché scontati. Le idee, almeno, parrebbero essere piuttosto chiare con un lancio in Early Access già pianificato in futuro.

Lo studio promette un’esperienza survival dallo spiccato realismo sia in termini di ambientazione sia nelle interazioni fisiche tra carcasse ambulanti ed elementi di gioco. L’obiettivo e quello di trasformare tutto in una risorsa e rendere fondamentale scrutare nei propri paraggi per respingere le temibili minacce.

L’accesso anticipato, la cui uscita è ancora ignota, dovrebbe comprendere solo una porzione limitata dell’intera Birmingham con il resto dell’infestata cittadina riservato alla release finale. Ciò testimonia nuovamente quanto in alto stia puntando il team, tuttavia, soprattutto di questi tempi, le promesse valgono veramente poco. Fortunatamente ora è il momento dei fatti.

La struttura di God Save Birmingham

Quello del nostro protagonista è un pessimo risveglio poiché alle già molteplici preoccupazioni di un villico medievale si è aggiunta un’altra pessima sorpresa. I concittadini del malcapitato, infatti, si sono trasformati in morti viventi pronti a divorare chiunque abbia ancora respiro in corpo.

God Save Birmingham mira a mantenere centrali entrambe le dimensioni ludiche, a richiedere un’oculata gestione dei numerosi nemici a schermo e una ricerca spasmodica di quelle risorse necessarie a mantenerci in vita. Al momento, però, gli indicatori dal tenere sotto controllo sono soltanto due: uno legato alla fame e l’altro alla sete.

Il cibo può essere trovato nelle case degli ormai non più umani abitanti, ma bisogna fare attenzione perché se non viene immediatamente cucinato o preservato in altre maniere inizia a deperire, divenendo prima meno saziante quindi non più edibile. L’acqua, invece, può essere ottenuta da alcuni pozzi, generalmente circondati da zombie, e bevuta sul luogo o trasportata in dei contenitori.

Ci ha stupito in positivo al quantità di elementi che possono essere raccolti vagando per l’infestata cittadina: generi alimentari, armi, armature, pezzi di stoffa con cui fabbricare delle fasciature e tutta una serie di oggetti il cui uso ci è sembrato ancora non chiaro. Ocean Drive Studio mira chiaramente a rendere ogni pezzo di Birmingham parte dell’esperienza ed è proprio su questo che ha calcato la demo disponibile a Colonia.

Le porte, per esempio, possono essere dischiuse normalmente o calciate, ma nel secondo caso si muovono solo se si aprono nella direzione del colpo. Qualora si voglia evitare un irruzione dei mangiacervelli, inoltre, è possibile sbarrare l’accesso servendosi dei vari mobili trovati nelle abitazioni.

Se la difesa non fa per voi abbiamo buone notizie. Invece di utilizzare ciò che vi circonda per trattenere i nemici all’esterno potrete mulinare tavoli e sedie per scatenare una carneficina. Muovendo il mouse a destra e sinistra, infatti, sbatterete da un lato all’altro tutto ciò che avete in mano con un consumo di stamina direttamente proporzionale al peso trasportato.

Per quanto intrigante in teoria, tale sistema ha ancora bisogno di massicce rifiniture. Gli impatti lungi dall’arrecare reale danno e tramortire le infernali creature riescono a malapena a sbilanciarle e impallidiscono di fronte alla maggiore efficacia delle armi vere e proprie, che richiedono un millesimo della prestanza fisica e non rischiano di lasciare il sopravvissuto senza fiato e alla mercè degli zombie.

Atterrare i nemici è comunque piuttosto vantaggioso in quanto permette di calpestarne i crani, eliminandoli istantaneamente. Le creature di God Save Birmingham, infatti, riescono a restituire con efficacia quel senso di precario equilibrio tipico degli zombie, con movimenti erratici guidati da una fame insaziabile ma privi di reale efficacia strategica.

Capita sovente di osservare i nemici ribaltarsi nel tentativo di scavalcare recinsioni e cozzare con gli svariati ostacoli ambientali che li circondano, trascinati da una bramosia priva di senno. La scelta nel costruire i redivivi dopotutto è chiara: strutturare entità quasi buffe se prese singolarmente ma soverchianti in gruppo.

I morti viventi si muovono molto lentamente come involucri di carne claudicanti, sono incapaci di servirsi di tattiche complesse, non possiedono alcuna abilità cooperativa e agiscono completamente da soli. Se si viene placcati da uno di loro, tuttavia, si rischia di finire circondati, asfissiati dal numero spropositato di minacce. E allora non vi è più scampo.

Per liberarsi da una presa, infatti, bisogna spingere via il colpevole puntandolo con il mouse e soltanto allora ci si può allontanare. Quando i nemici sono molti, tuttavia, questi si aggrappano simultaneamente e si rimane prigionieri in un vero e proprio circolo vizioso dove scagliare via l’uno lascia alla mercè degli altri.

Abbiamo anche avuto modo di provare due delle armi che compariranno nel prodotto finale: un rastrello dal lungo range ma dal danno piuttosto limitato ed un’efficacissima ascia capace di tranciare di netto arti e teste ma tale da costringere ad avvicinarsi. È presente, inoltre, un sistema di targeting che consente di colpire e mutilare alcune parti del corpo nemico. Questo, tuttavia, non ci è sembrato particolarmente evoluto.

L’esito dei propri colpi dipende solamente dalla distanza che intercorre tra il proprio personaggio e l’avversario nel momento in cui si avvia l’animazione. Se troppo lontani si tagliano gli arti, a media distanza si decapitano gli zombie, da vicino il colpo finisce quasi per rimbalzare senza arrecare danni particolari.

Allo stesso modo ogni parte del corpo del protagonista può essere ferita e deve essere curata con l’utilizzo di una fasciatura. Alcuni infortuni di lieve entità come i lividi passano semplicemente con il tempo, i tagli invece sono un problema più grande e necessitano di attenzione immediata qualora non ci si voglia dissanguare.

Un progetto ancora molto indietro

God Save Birmingham è un grande compendio di idee interessanti, una sorta di manifesto di design per survival ultrarealistici. Nel nostro provato, tuttavia, ci siamo resi conto che la quasi totalità delle promesse del team esistono ancora sulla carta e che della visione del gioco a lungo termine c’è veramente molto poco.

Alcune mancanze ci hanno poi lasciati perplessi in quanto riguardano veri e propri capisaldi del genere. Ad esempio è assente la degradazione degli equipaggiamenti che all’interno della demo potevano essere usati per un tempo indefinito. Ciò banalizza marcatamente la progressione del titolo rendendo inutile conservare le armi più potenti per le emergenze.

Non esiste per il momento nessuna progressione delle proprie abilità, sebbene gli sviluppatori ci abbiano confermato l’aggiunta futura di tale meccanica, né si possono potenziare o modificare armi ed armature. Sembrerebbe assente anche qualsiasi tipologia di evoluzione incrementale del personaggio: in pratica non è pervenuta quella che è la struttura portante dei survival games

Non vi sono varianti nelle creature che popolano ciò che resta di Birmingham, con gli zombie che, a scanso di alcune differenziazioni dal carattere meramente visivo, si comportano tutti allo stesso modo, arrecano lo stesso danno e si abbattono nella medesima maniera. Non abbiamo, inoltre, notato la presenza di altri sopravvissuti pronti a contendersi le ormai poche risorse rimaste, elemento che avrebbe conferito notevole brio a una formula fin troppo limitata.

Anche il loop di gameplay è scheletrico e si dipana sempre nella stessa sequenza di comportamenti. Bisogna mangiare, dissetarsi e trovare un posto sicuro per dormire, quindi ricominciare dall’inizio l’indomani. In poche parole God Save Birmingham non è altro che un’abbozzata Tech Demo atta a mostrare le meccaniche fondamentali che informeranno la release completa; un parco giochi dove vagabondare senza alcuna meta.

Vi sono poi tutta una serie di errori grossolani che si spera saranno corretti in tempo per l’early access. Alla fine della nostra sessione, per esempio, siamo riusciti a irrompere nella fucina di un fabbro e a trafugare una corazza. Questa, a detta del team di sviluppo, dovrebbe proteggerci dai morsi nemici e impedirci di subire danno se colpiti nella parte del corpo interessata.

Vien da se che finché braccia e gambe sono sguarnite si è ancora vulnerabili dinanzi alla minaccia rappresentata dagli zombie, ma qualora anche queste vengano protette si diventerebbe di fatto completamente immortali. Così si disinnescherebbe qualsiasi tipo di frizione presente nel gioco asciugando ancor di più una struttura già carente.

Abbiamo, inoltre, già menzionato come grandi masse di redivivi possano imprigionale in un ciclo di prese da cui non si può più fuggire. Se ciò avviene, nonostante si sia di fatto condannati alla sconfitta, bisogna attendere che lentamente le creature rosicchino la propria barra della salute prima di ottenere il tanto agognato Game Over e ritornare in partita.

Assumiamo, invece, una posizione intermedia nel valutare il particolare approccio riservato alla resa della notte. In God Save Birmingham quando calano le tenebre non si vede praticamente nulla (un esempio calzante ma incapace di rendere a pieno quanto buio sia il titolo sarebbe Dragon’s Dogma) e ci si trova a vagare a tentoni per la cittadina.

L’efficacia di tale decisione è lampante, soprattutto poiché ci si trova costretti a scegliere tra il portare in mano la lanterna o le armi, tra il potersi vedere intorno e la capacità di difendersi. Il rischio di disorientare è tuttavia enorme, gli interni sono completamente tinti di nero, e il sound design fatica a sopperire alla mancanza di luce.

Conclusione

God Save Birmingham è ancora una grande promessa, ricca di intriganti trovate di design che purtroppo necessitano ancora di tempo per essere convertite in atto. L’obiettivo di creare un’esperienza iper-realistica è tanto affascinante quanto elusivo e solo il tempo ci dirà se il team possiede le carte in regola per riuscire nell’impresa.

A tal fine bisognerà correggere tutti quegli strafalcioni che pur nell’esperienza estremamente limitata del nostro provato ci sono sembrati tanto evidenti quanto grossolani. Il vero test, tuttavia, sarà un altro: costruire un esperienza ludica e dotata di reale progressione laddove ora esiste solo un piccolo sandbox. Ed è lì che si decreterà se il titolo sarà un successo o un fallimento.

Ti è piaciuto quello che hai letto? Vuoi mettere le mani su giochi in anteprima, partecipare a eventi esclusivi e scrivere su quello che ti appassiona? Unisciti al nostro staff! Clicca qui per venire a far parte della nostra squadra!

Potrebbe interessarti anche

Lascia un commento