Kirby Air Riders Provato – Gamescom 2025
Il ritorno del cult di Sakurai, tra nostalgia e nuove ambizioni. Kirby Air Riders vale la corsa?
Ci sono giochi che vengono ricordati per il loro successo, e poi ci sono quelli che entrano nel mito per il loro fallimento, o meglio, per la loro incompresa e meravigliosa anomalia. Kirby Air Ride per Nintendo GameCube appartiene senza dubbio a questa seconda categoria.
Era un’idea tanto pura quanto radicale, partorita dalla mente di Masahiro Sakurai: un gioco di corse con un solo tasto, un esperimento di accessibilità totale che nascondeva, sotto un’apparenza quasi infantile, un sistema di gioco stratificato e imprevedibile.
Un’opera che, all’epoca, lasciò perplessa una parte della critica e del pubblico, incapaci di inquadrare un prodotto che rifiutava le convenzioni del suo stesso genere.
Eppure, il tempo è stato galantuomo. Anno dopo anno, il culto attorno ad Air Ride è cresciuto, alimentato non tanto dalle sue piste tradizionali, quanto dal genio anarchico e totale della sua modalità “City Trial”.
Quella mappa aperta, quella caccia al tesoro per potenziare la propria macchina in vista di una sfida finale casuale, era un’intuizione folgorante, un assaggio di gameplay emergente che anticipava di anni molte delle tendenze odierne.

L’annuncio di Kirby Air Riders, arrivato con un teaser tanto breve quanto evocativo, ha riacceso quella fiamma sopita, portando con sé una domanda pesante come un macigno: come si può dare un seguito a un’idea così specifica, a un lampo di genio così irripetibile, senza tradirne l’anima?
La risposta, spesso, sta nel non tentare di replicare, ma di reinterpretare. E il nome di Masahiro Sakurai, anche se oggi in un ruolo di supervisione, è una garanzia in questo senso.
La sua intera carriera è un manifesto su come prendere concetti semplici e caricarli di una profondità quasi infinita, e la sfida di Air Riders è forse la più affascinante di tutte.
Il rischio di appesantire quella formula essenziale con meccaniche superflue, nel tentativo di allinearsi agli standard moderni, è enorme. Aggiungere un tasto per il turbo? Un sistema di personalizzazione complesso? Sarebbe come mettere un motore a reazione su una bicicletta, snaturandone l’essenza per una velocità che non le appartiene.

L’eredità di Air Ride non è la velocità, ma la libertà, la fisica del volo, il piacere quasi tattile di una derapata caricata alla perfezione.
È un’eredità fatta di sensazioni, più che di meccaniche. Per questo, l’attesa di vedere qualcosa di concreto era quasi febbrile, un misto di speranza e terrore.
E la prova a cui Nintendo ci ha sottoposto qui a Colonia, in una saletta riservata e silenziosa, ha iniziato a dipingere un quadro fatto di rispetto per il passato e di coraggiose, necessarie, evoluzioni.
Kirby Air Riders PROVATO | GAMESCOM 2025
Dimenticatevi la nobile scherma di Mario Kart, fatta di traiettorie perfette e gusci lanciati con tempismo. Kirby Air Riders è un’altra cosa.
È una rissa da bar su veicoli a reazione, un assalto sensoriale che nei primi minuti può lasciare storditi, quasi respinti.
La modalità Trial City, che ho testato a fondo, è un’esplosione di colori, suoni, nemici che appaiono dal nulla e una pioggia di icone colorate che modificano le statistiche del nostro mezzo.
È un caos che, per un novizio, può sembrare illeggibile, privo di logica. Ma è un caos che nasconde una grammatica ferrea, una logica spietata che, una volta compresa, trasforma il gioco da rissa confusionaria a elegantissimo duello strategico.

Grazie a un sistema di tutorial finalmente chiaro, si impara presto che non si sta guidando un veicolo in maniera analoga ad altri titoli racing.
Boost, derapate e altre tecniche sono semplici da apprendere ma difficili da approfondire e fanno parte della curva di apprendimento che trova una forte analogia con la serie Smash Bros dello stesso Sakurai.
Ogni bonus raccolto, ogni malus evitato, è un colpo di martello sull’incudine. Stiamo costruendo, pezzo dopo pezzo, la build perfetta per l’evento finale.
Ed è qui che risiede la genialità. La partita non si vince durante i cinque minuti di preparazione, ma prima. Si vince scegliendo un personaggio con le giuste inclinazioni, come un Kirby votato all’accelerazione o un Meta Knight più portato per l’offensiva.
Si vince decidendo se sacrificare la velocità di punta per una difesa impenetrabile, o se puntare tutto su una manovrabilità aerea in previsione di una gara di planata.
Tutto converge verso l’atto finale: una serie di minigiochi variegati, dal demolition derby alla gara di resistenza, dove il nostro bolide, ormai un mostro su misura, viene finalmente scatenato.
Ed è in quell’istante, quando vedi la tua creazione perfettamente specializzata umiliare quelle degli avversari, che il disegno di Sakurai diventa lampante.
Non ha mai voluto creare un gioco di corse. Ha voluto creare un gioco sulla gioia della preparazione e sulla catarsi della performance.

È una formula che richiede al giocatore un piccolo atto di fede, la volontà di guardare oltre il pandemonio iniziale per scoprire un sistema di una profondità quasi spaventosa.
È la firma di Sakurai in calce a ogni derapata: un’accessibilità apparente che nasconde un abisso di possibilità strategiche in cui non si taglia semplicemente un traguardo. Si scatena il proprio, personale, capolavoro di follia.