We Happy Few – Hands On

Dopo l’annuncio di un anno fa e la campagna di crowdfunding su Kickstarter andata per il meglio, We Happy Few è ora disponibile in accesso anticipato per PC e Xbox One. Ci siamo presi un po’ di tempo per provare questa versione alpha del gioco, andando a tastare con cura quelle che sono le intriganti caratteristiche del nuovo gioco di Compulsion Games. Il trailer dell’E3 di quest’anno ci aveva convinti della sua forza, ma a giudicare da quello che abbiamo visto c’è ancora molto da fare (e da aggiungere) prima di poter godere di una versione definitiva di tutto rispetto.

Le vicende di We Happy Few si svolgono in una distopica cittadina inglese retro-futuristica chiamata Wellington Wells, un luogo dove tutti i cittadini sono costretti a prendere una droga chiamata “Joy”: queste pillole hanno l’effetto di cancellare tutti i pensieri negativi, riducendo le reazioni agli stimoli esterni e creando alle volte strambe allucinazioni. Chiunque venga anche solo sospettato di non assumere la sua dose giornaliera di Joy, viene etichettato come guastafeste (downer) e perseguito dalla polizia aiutata dai “joyosi” cittadini. Nonostante le premesse paradisiache (che possono ricordare alla lontana Bioshock), il risultato di tale assuefazione provoca situazioni macabre e grottesche, nascoste sotto strati di ilarità.

We Happy Few

Arthur Hastings, un addetto alla censura dei giornali, è il personaggio principale di cui vestiremo i panni in questo survival game. Nelle sequenze iniziali Arthur dovrà consultare delle notizie attraverso un macchinario, cercando di filtrare quelle più negative. Durante tali controlli incontra uno stralcio che gli riporta alla mente dei brutti ricordi, insieme a un dilemma: assumere una dose di Joy e dimenticarsene (arrivando ai titoli di coda), oppure affrontare la realtà. Optando per la seconda scelta, Arthur inizierà a ribellarsi e partirà così la sua e la nostra avventura.

Dopo un ispirato intro di qualche minuto Arthur sarà rinchiuso in una specie di ghetto destinato ai downer, dove sarà possibile allenarsi con le meccaniche di gioco tramite un soddisfacente tutorial. Le ambientazioni che ci vengono mostrate sono molto meno curate rispetto a quelle presentate inizialmente e dimostrano quanto questa parte della città sia più trascurata. Il quartiere consiste in spazi verdi ed edifici proceduralmente generati e quindi sempre diversi. In giro per la zona sarà possibile procurarsi cibo, acqua e altri materiali, attraverso cui creare le prime armi o altri oggetti tramite il sistema di crafting.

We Happy Few

Le prime pecche di We Happy Few si evincono qualche istante dopo della fine del tutorial. Arthur viene lanciato nell’azione senza una vera e propria motivazione: mancano cioè gli indizi sullo scopo e sulla destinazione da dover raggiungere. Essendo un sandbox/survival non è sempre necessaria tale specifica, ma essendoci in questo caso una forte componente narrativa gran parte dell’interesse mostrato inizialmente va a scemare a causa della mancanza di un obiettivo. Lo stato attuale del gioco magari non consente di avanzare giudizi definitivi, ma difficilmente il titolo diverrà molto più “story driven con i prossimi aggiornamenti (nonostante gli sviluppatori parlino di tre possibili narrazioni percorribili).

Il gameplay è generalmente ancora troppo abbozzato motivo per cui non è strano esserne facilmente annoiati. Le quest secondarie cercano di rendere meno dispersivo il girovagare per le mappe di gioco ma risultano troppo semplici se non confuse, a causa di un’interfaccia non sempre convincente. Eliminate le missioni non resta che rovistare tra i bidoni dei rifiuti alla ricerca di qualche oggetto utile alla nostra causa.

We Happy Few

In fin dei conti We Happy Few è prevalentemente un gioco sulla creazione di bende e grimaldelli e qualche oggetto contundente (almeno per ora), con l’aggiunta di una certa struttura, a tratti stabile e a tratti cedevole, che consente di essere premiati con il raggiungimento di nuove aree e con qualche piccola reward. Ancor peggio è l’interazione con i personaggi secondari la cui intelligenza artificiale funziona a malapena: è a dir poco straziante anche il modo in cui continuano a ripetere incessantemente le medesime linee di dialogo. Sarete costretti a ucciderli.

Ben diversa è la questione grafica. L’atmosfera ricreata è davvero piena di personalità, soprattutto grazie all’utilizzo efficace di un motore grafico sfruttato quasi a pieno (Unreal Engine 4). Non parliamo certo di uno stile all’avanguardia ma comunque nettamente ispirato e riuscito. Le originali ambientazioni richiamano delle sensazioni orwelliane: le stanze e gli uffici della censura sono colmi di macchine analogiche e mobili che ricordano gli anni ’60. Non rimane di certo isolato il comparto audio, che anzi riesce a trovare il giusto equilibrio tra lo psichedelico e l’assurdo: un ottimo modo per dare ancora più sapore all’atmosfera di gioco.

Stando a quanto raccontano gli sviluppatori, We Happy Few è un titolo completo solo al 50%. Gli entusiasmi iniziali sono di molto scemati di fronte a questa versione un po’ troppo scanzonata: dopo qualche ora è facile annoiarsi e il perma-death non aiuta. L’interesse comunque rimane invariato perché siamo curiosi di vedere come i feedback dei giocatori andranno a influenzare il prodotto finale, anche se non ne siamo più entusiasti come prima.

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