Alan Wake 2 e il valore della famiglia

I fratelli Koskela

alan wake 2

Un sorriso smagliante, un buffo jingle in sottofondo e una profonda oscurità nascosta, sopita, tenuta a freno con grande sforzo, ma con la consapevolezza di essere nel giusto. Se volessimo ripercorrere il viaggio all’interno di Alan Wake 2 di due delle figure più interessanti ed enigmatiche create dal geniale Sam Lake, i fratelli Koskela, potremmo restringere il campo così, anche se, in realtà, ci sarebbe tanto altro da dire al riguardo.

Del resto, e non lo abbiamo scoperto certamente oggi, Sam Lake è un maestro quando si tratta di creare delle soluzioni narrative audaci e fuori di testa, una chiave di lettura che spesso e volentieri viene rispecchiata, in scala rigorosamente 1:1, dai suoi personaggi.

Ovviamente, per quanto il target avrebbe potuto scoraggiare un simile approccio, anche Alan Wake 2 non si è sottratto dal seguire questo filone e, anzi, si è rivelato uno dei prodotti più creativi e clamorosi sotto il profilo proprio della scrittura, e anche nella gestione del character design, che ha saputo far registrare dei picchi qualitativi decisamente sopraffini.

Per tutti questi motivi, anche se è chiaro che poi i gusti sono sempre e comunque personali, in questa matriosca senza fine di eventi e personaggi i fratelli Koskela, Ilmo in particolare, non potevano che saltare subito all’occhio, piazzandosi, senza troppi giri di parole, nella lista dei personaggi più interessanti della storia recente del medium videoludico.

Così come per tutto ciò che ruota intorno ad Alan Wake 2, infatti, sotto il loro sorriso smagliante c’è molto di più, ed è proprio quella la scintilla che ha fatto saltare in aria i nostri cuori e ci ha fatto gridare, più di una volta, “another satisfied customer”.

Alan Wake 2: quel profondo legame con la famiglia e con la città

Partiamo subito dalle cose importanti: non vogliamo rovinarvi l’esperienza di gioco in alcun modo, specialmente quella narrativa, l’arma in più di questo Alan Wake 2, dunque non entreremo troppo nello specifico per evitare spoiler pesanti anche, in alcuni momenti, entrare un po’ più nello specifico potrebbe essere necessario.

Detto ciò, per riuscire a trasmettervi il nostro amore per i fratelli Koskela, è doveroso fare un passo indietro e iniziare a trattare un argomento molto delicato e personale: la famiglia. Ammettiamolo: in quanti possono affermare di avere un rapporto idilliaco con la propria famiglia? Scommetto che la risposta non sarà esattamente super positiva, e non potrebbe essere diversamente.

La famiglia, si sa, è una delle più complesse organizzazioni sociali con cui rapportarsi, per chiunque.

Avere un rapporto sano, concreto, profondo e sinceramente genuino con il nucleo familiare non è mai semplice, per motivi che possono variare per quantità e tipologia di situazioni che, sinceramente, se volessimo elencarli tutti potrebbe non bastare un’intera giornata e, proprio per questo motivo, molto spesso il dolore generato dall’assenza di rapporti con uno o più membri di esso rimane impresso nell’anima e nella mente in maniera indelebile.

Allo stesso modo, però, sono indelebili (nella maggior parte dei casi) anche l’amore, quella voglia di rimanere insieme per sempre, così come risulta indelebile quel filo invisibile che accomuna chi è nato e/o vissuto sotto lo stesso tetto, che prima o poi finisce sempre con il ricucirsi, anche se dovesse rompersi in innumerevoli punti.

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È proprio questo che ci ha fatto amare il volto dei fratelli Koskela, due figure così diverse tra loro e allo stesso tempo così simili, che per tutta la durata dell’opera di Remedy hanno accompagnato la protagonista in un viaggio a dir poco surreale e artisticamente spaziale.

Il loro fare gioviale e sempre spensierato, condito dai buffi sketch promozionali del Coffee World, disseminati per tutta la mappa di gioco, ha saputo creare una sorta di bolla di tranquillità intorno a Saga e anche intorno al giocatore che, in qualche modo, si sono sentiti un po’ sollevati nel vedere un barlume di speranza in mezzo a tanta oscurità.

I fratelli Koskela hanno saputo rappresentare al meglio tutti i valori elencati poc’anzi, unendo al contempo anche una qualità narrativa e un background tematico di grande impatto.

Per tutto il tempo, ci siamo chiesti quali fossero le loro intenzioni, quale fosse la loro “fede” e al contempo ci siamo innamorati del loro rapporto, così semplice e silenzioso in apparenza, ma in realtà così profondo da risultare davvero emozionante.

Sin dai primi minuti passati su Alan Wake 2, infatti, appare evidente che le loro azioni siano ben lontane dal modo di fare di chi non ha nulla a che fare con i misteriosi eventi che si ripetono Bright Falls, legati a degli efferati omicidi su cui aleggia lo spettro di una setta misteriosa, a cui proprio i due fratelli sembrano in qualche modo collegati.

Gli eventi del gioco, infatti, prendono una direzione molto chiara, a un certo punto, e spingono il giocatore in una posizione ben precisa, seppur in realtà per certi versi ben lontana dalla realtà ma comunque complessa da spiegare, specialmente se si presta poca attenzione ai dettagli, alle sfumature, da sempre il tassello principale delle linee narrative tracciate da Sam Lake nelle sue opere più autoriali.

Due volti, un unico cuore

La cosa che ci ha più colpito del rapporto dei fratelli Koskela di Alan Wake 2 è la profonda diversità caratteriale tra i due, che si evidenzia in maniera tanto rapida quanto profonda, e per questo motivo colpisce ancora di più.

Da una parte, troviamo un loquace e “piacione” Ilmo, dall’altra il più taciturno e riservato Jaakko, entrambi interpretati dall’ottimo Peter Franzen (Vikings), attore che ha trasposto in maniera encomiabile le sue origini finlandesi, che lo accomunano con i personaggi in questione creati da Sam Lake per Alan Wake 2.

Proprio durante le numerose sequenze animate, ma anche nei dialoghi di gioco, ci siamo soffermati parecchio a osservare la profonda diversità tra i due, che però riesce a restituire allo stesso modo tutto l’amore reciproco che provano, al netto di tutto ciò che li circonda.

Durante le tante ore passate in compagnia di Alan Wake 2, lo ammettiamo, ci siamo più volte soffermati a riflettere sull’importanza che Sam Lake ha saputo dare ai comprimari, e proprio con i personaggi dei fratelli Koskela è riuscito a far combaciare alla perfezione tutta quella voglia, alla radice della creazione dell’opera, di ricreare un mondo in continuo dualismo tra luce e oscurità.

Questo aspetto, lo abbiamo avvertito sinceramente anche nello sguardo di ghiaccio di Franzen, in alcuni momenti ha saputo veramente far trasparire una profonda sensazione di paura e timore impossibile da non avvertire.

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È questo un altro punto fondamentale della figura dei Koskela: un passaggio veloce, quasi un volo pindarico, da luce a oscurità, senza soluzione di continuità, per quanto, ancora una volta, si avverte in maniera profondamente diversa da fratello a fratello.

Durante le sezioni più “intime”, quelle in cui Saga Anderson si rifugia nel suo Palazzo mentale per analizzare e tirare le somme sui casi su cui sta lavorando, si avverte con maggiore chiarezza la duplice natura dei volti con cui la detective si interfaccia durante la sua avventura e, ovviamente, anche quello dei fratelli Koskela.

In questi frangenti, la maschera indossata da Ilmo e Jaakko è costretta a vacillare e a cadere, cosa che però aumenta esponenzialmente non soltanto i dubbi e le domande sui due, ma anche il loro fascino e, in generale, il piglio qualitativo con cui il team di Remedy ha saputo inserire all’interno della sua storia tantissime storie “secondarie” di primissimo livello.

Durante questi passaggi, però, si evidenzia con maggiore convinzione anche un altro punto fondamentale nella loro crescita e nello sviluppo dei loro personaggi: un legame indissolubile, profondo, sincero che, appunto, solo la famiglia può dare, ed è anche questo che ce li ha fatto amare così tanto.

La famiglia prima di tutto

A dire il vero, non c’è s bisogno di scavare così a fondo per comprendere quanto sia profondo il legame tra Ilmo e Jaakko.

Di fatto, fin dai primi i istanti passati su Alan Wake 2, bastano pochi gesti per capire quanto sia chiaro come il sole il profondo legame tra i due, quello stesso legame che per tutta la durata del gioco è stato sbandierato con timidezza, ma che ha saputo farci riflettere sull’importanza del saper dare un contesto così forte a una storia, per quanto negativa e oscura possa essere.

La paura, il terrore, lo sgomento, la sensazione di impotenza: tutto può essere superato, tutto può essere affrontato, magari proprio con un sorriso smagliante e una battuta sempre pronta, possibilmente condita da una cantilena popolare da rispolverare nei momenti più importanti. Comprendere ed esplorare il rapporto tra i fratelli Koskela è stato uno dei momenti più intimi e romantici di Alan Wake 2.

Osservarli, capirli e, perché no, scoppiare a ridere durante i loro momenti più comici ci ha riportato indietro nel tempo, ci ha fatto rivivere in qualche modo la nostra infanzia e l’importanza di avere una famiglia, ma ci ha anche ricordato quanto è profondo il vuoto lasciato, appunto, da un legame interrotto bruscamente e mai ricostruito nel tempo.

Del resto, ogni opera d’arte ha un pizzico di tragedia nel suo DNA, ma un sorriso può illuminare l’oscurità della solitudine: Sam Lake ce lo ha ricordato ancora una volta a suo modo, e noi siamo contenti ed emozionati di aver vissuto un simile viaggio, specialmente perché, in fondo al cuore, sappiamo cosa vuol dire tenere alla propria famiglia e alle proprie origini, al di là di ogni possibile distacco e delle eventuali distanze, spaziali o caratteriali che siano.

Vai alla scheda di Alan Wake II
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