Back in Time – Alan Wake

Epic Games ce lo offre addirittura gratis, non possiamo ignorarlo!

A partire da ieri, chiunque abbia un account Epic Games Store può scaricare gratuitamente For Honor e Alan Wake. Quest’ultimo recentemente è tornato alle luci della ribalta a causa dell’acquisizione dei diritti da parte di Remedy Entertainment e delle dichiarazioni di Sam Lake in relazione a un ipotetico sequel. Che sia veramente in cantiere? Chi lo sa… noi intanto torniamo a Bright Fall per riscoprire la prima avventura di Alan.

Annunciato all’edizione 2005 dell’E3, inizialmente su “console di nuova generazione” e su PC (ma il gioco non è mai uscito su PlayStation 3 in quanto l’anno successivo è divenuto esclusiva Microsoft), Alan Wake è la quarta opera di Remedy Entertainment, in quegli anni piuttosto famosa grazie a Max Payne. Sin da subito era chiaro – e chi all’epoca “già” si interessava il mondo videoludico potrà concordare – che il progetto fosse molto ambizioso, forse troppo: pensate che inizialmente l’idea degli sviluppatori era quella di calare un thriller story-driven in un contesto open-world; una specie di “GTA: Twin Peaks”. Alla fine Alan Wake debuttò nove anni fa (a maggio), dopo oltre cinque anni di sviluppo e con qualche inopinata imperfezione. Le vendite non esaltanti, soprattutto all’inizio, impedirono lo sviluppo di un sequel, anche se la serie continuò con lo spin-off Alan Wake’s American Nightmare, anch’esso retrocompatibile.

All’epoca del debutto, Alan Wake fu accolto da sentimenti contrastanti, causati anche dall’attesa estenuante: oltre ai numerosi entusiasti (alcuni dei quali probabilmente non volevano ammettere di aver aspettato così a lungo un gioco così “limitato”), non sono mancati pareri decisamente più duri di utenti delusi da un gioco atteso una mezza vita. Ora che sono passati quasi dieci anni possiamo formulare un giudizio più equilibrato sull’opera di Remedy Entertainment, un verdetto scevro di tutte quelle considerazioni “estemporanee” che ormai non sono più attuali.

Alan Wake

Alan Wake è un action-adventure in terza persona in cui la trama, i personaggi e le suggestioni ricoprono il ruolo di protagonisti. Come già in Max Payne, il gioco ha il nome del protagonista, in un certo senso è il protagonista. Alan è uno scrittore affermato afflitto da un blocco creativo, che la moglie Alice spera di rimuovere grazie a una vacanza nella tranquilla e affascinante località di Bright Falls. Proprio questo viaggio segna l’inizio della disavventura di Alan, in un thriller/horror psicologico sospeso fra due realtà vissute alternativamente dallo scrittore.

Chi scrive non ama soffermarsi sulle trame per il timore di essere inconcludente. Dovendo evitare gli spoiler, però qualche cosina bisogna pur dirla in questo caso: Alan Wake è un videogioco maturo sotto il profilo narrativo, che invita il suo fruitore nei recessi della mente del suo eponimo, considerato alternativamente come un pazzo e come un esploratore del surreale. I dubbi non vengono sciolti nemmeno dal finale, invero piuttosto aperto; diciamo che Alan Wake merita più un sequel che un paio di DLC, sotto questo punto di vista. Ora, con Control alle porte, non ci resta che attendere il prossimo annuncio di Remedy Entertainment: Alan Wake 2? Quantum Break 2? Vedremo…

Alan Wake

Quel che è certo è che un eventuale sequel avrebbe un compito difficilissimo, un compito addirittura doppio: da una parte proseguire – e magari avere anche il coraggio di concludere, se necessario – la vicenda di Alan; dall’altra, quello di far dimenticare i travagli del prequel, che si è presentato come una gemma grezza. Una gemma grezza sotto il profilo tecnico, ben lontano dai mostri sacri del pantheon di Xbox 360, nonostante un tempo di sviluppo lunghissimo. Non che ciò impedisca ad Alan Wake di appagare visivamente il giocatore, grazie anche ai numerosi riferimenti e citazioni inseriti sapientemente da Remedy Entertainment: da “Twin Peaks” a “Shining”, da “Gli uccelli” a “The Twilight Zone”; lo stesso Alan non nasconde di essere un epigono di Stephen King.

Alan Wake

Una gemma grezza anche sotto il profilo del gameplay, almeno a parere di chi scrive. Come molti altri giochi che pongono grande enfasi sul comparto narrativo, Alan Wake soffre di una notevole linearità, che gli sviluppatori avrebbero voluto evitare con la struttura open-world che non sono poi stati in grado di realizzare. Di fatto, l’unico scopo del giocatore è quello di raggiungere un determinato punto sulla mappa, sfuggendo o sconfiggendo le creature che gli si parano dinnanzi. I nemici non sono particolarmente vari e la componente shooting non può certo dirsi raffinata. La situazione non migliora particolarmente a bordo dei veicoli, caratterizzati da un modello di guida semplicistico e da una scarsa incisività nella formula di gioco.

Per altro verso, bisogna riconoscere una certa coerenza e onestà in Alan Wake: in un periodo in cui da molto tempo gli action adventure sentivano l’esigenza di riempire il giocatore di fumo negli occhi, sbandierando punti esperienza, skill tree, arsenali espandibili e potenziabili e altre amenità, l’opera di Remedy Entertainment limita il tutto a una torcia elettrica (per “bruciare” i Posseduti e renderli vulnerabili ai proiettili) e a quattro armi in croce. Alan non impara a nuotare o a fare le capriole, non guadagna punti vita salendo di livello, non costruisce upgrade per le armi con i rami e le foglie che raccoglie per strada, anzi: in numerose sezioni è completamente disarmato. Alan non è un soldato o un semidio, non cerca subquest da NPC. Il suo unico scopo è quello di muoversi da un punto A ad un punto B, nella speranza di salvare la moglie. E così facendo traghetta i giocatore all’interno di un’esperienza coinvolgente che non vuole solo essere un buon gioco, ma anche un’opera artisticamente valida.

Alan Wake

Al di là di tutte le questioni su ciò che ha promesso e ciò che ha (o non ha) realizzato, Alan Wake è un thriller psicologico da non perdere. Come action adventure non è eccezionale, ma la sua ricchezza sta nell’atmosfera e nella trama, come da tradizione di Remedy Entertainment, che da quasi vent’anni declina in modi diversi il connubio tra TPS e comparto narrativo.

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