Back in Time – Arslan: The Warriors of Legend

Il principe buono.

Piuttosto che proporre un qualcosa di altisonante come “The Warriors of Legend”, il sottotitolo relativo al primo adattamento videoludico della light novel Arslan Senki avrebbe potuto benissimo sostanziarsi in qualcosa del tipo: “vent’anni e sentirli tutti”. Sono passati infatti più di quattro lustri ormai dal rilascio del primissimo Shin Sangokumusō (Dynasty Warriors 2), produzione Koei che ha spalancato la strada a una sequela di titoli contraddistinti da un microscopico quantitativo di innovazioni, perseveranti nella riproposizione coatta di un gameplay perennemente infossato nelle sabbie mobili di un’azione frenetica, senza sosta ma lapalissianamente legata al caro, vecchio motivetto del button mashing. Una carneficina incontrollata, spesse volte mediata da una struttura narrativa interessante e parecchio profonda, talvolta drogata declinando in chiave musou alcune delle opere extraludiche nipponiche di maggior successo.

In questo relativamente recente filone “crossover” si si inserisce, evidentemente Arslan: The Warriors of Legend, primo gioco sviluppato su licenza del manga The Heroic Legend of Arslan, di cui oggi celebriamo l’ottavo anniversario (debuttò in madrepatria il 9 luglio 2013). Si tratta, a sua volta, di una trasposizione dell’omonimo ciclo di light novel inaugurato nell’estate del 1986 da Yoshiki Tanaka e illustrato da Yoshitaka Amano (mentre il manga è illustrato da Hiromu Arakawa). Il gioco è uscito nel 2016 su PlayStation 4, Xbox One e PC.

L’estrema fedeltà e adesione alla fonte d’ispirazione, tratteggiata da Tanaka, contribuisce a rendere vivido e ottimamente caratterizzato un universo, quello del Principe Arslan e compagnia cantante, descritto con amore e puntigliosità mediante le sfide somministrate attraverso uno Story Mode quanto mai concreto e completo. L’introduzione di un’enciclopedia in-game non riesce tuttavia a mitigare la perpetua impressione che, senza un importante substrato di conoscenza pregressa, i dettagliati frammenti narrativi incastonati tra una battaglia campale e un’altra risultino sovrabbondanti di dettagli e informazioni apprezzabili, in fin dei conti, soltanto dai fan più esagitati della novel.

Una volta calcata la sanguinolenta terra che fa da sostegno fisico alle possenti membra dei combattenti coinvolti nella pugna virtuale, ci si accorge come ogni personaggio possieda un moveset peculiare, caratteristica che instilla qualche goccia di adrenalina all’interno di un canovaccio ludico altrimenti abbastanza prevedibile, intrecciato mediante intarsio di sessioni guerrafondaie tendenzialmente molto, troppo simili tra di loro. L’introduzione delle Mardan Rush, hotspot facilmente localizzabili sulla mappa di gioco per via della loro rifulgente apparenza che, se sfruttati, consentono di dare il via a un’azione di gioco evoluta in grado, da sola, di stravolgere l’esito di una battaglia, poco rinnova un mood ancorato alle tradizionali meccaniche berserk dei titoli di questo genere.

Arslan

E poco importa che, oltre alla possibilità di aggiungere effetti elementali alle armi, Omega Force abbia implementato un card system latore di modifiche più o meno importati alle statistiche di ogni personaggio. Tutto quel che c’è in più è certamente una prova del tentativo della software house nipponica di differenziare questo prodotto dal mare magnum di offerte similari che affollano il mercato, un’aspirazione che tuttavia fatica a raggiungere alcun risultato tangibile, consegnandoci una digital creatura dannatamente indistinguibile dal resto del branco, non fosse per il setting ospitante.

Da constatare come, al di fuori della possibilità di prendere parte alle missioni in tandem con un amico, localmente oppure online, Arslan: The Warriors of Legend non introduca alcuna modalità alternativa per concedere al fruitore ulteriore materiale da indagare, a totale detrimento della longevità. Oltre ai collezionabili e all’anelito a raggiungere elevati gradi di valutazione a termine di ogni scontro, rimane poco o nulla da fare, una volta portata a termine la storia.

Arslan


Arslan: The Warriors of Legend non riesce a esaltare da qualsiasi punto di vista lo si osservi. A livello complessivo, invece, si configura come palese esempio che senza adeguate contromisure, il genere musou tutto sia destinato a un incontrovertibile declino.

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