Hitman: Absolution, intervista a Roberto Marchesi
Manca poco più di un mese alla release italiana di Hitman: Absolution, prevista per il 20 novembre, e vi sottoponiamo questa intervista di Robotsgonebad a Roberto Marchesi, italianissimo art director di IO Interactive. Insieme a lui, cercheremo di capire cosa ci riserverà questo titolo e cosa è cambiato rispetto a Blood Money.
È passato diverso tempo dall’ultimo Hitman, quel famoso Blood Money del 2006. Come mai un lasso di tempo così grande tra un titolo e il nuovo?
RM: Dipende essenzialmente dal fatto che lo studio doveva lavorare su altri giochi, dopo Blood Money. Abbiamo creato il gioco Mini Ninja e poi il franchise Kane & Linch. Solo questi titoli hanno richiesto una considerevole fetta del nostro tempo.
L’altra ragione, invece, è di tipo tecnico. Absolution non è sviluppato col nostro vecchio motore grafico, il Glacier Engine. Abbiamo dovuto sviluppare un nuovo engine, il Glacier 2, prima di iniziare a lavorare ad un titolo così ambizioso, un gioco in grado di soddisfare le nostre aspettative.
Il brand Hitman, per tradizione, non ha mai ricorso al sistema numerico per distinguere i suoi prodotti (es. Hitman 1, Hitman2). Per venire incontro ai nuovi fan della serie, in che modo i vecchi giochi sono connessi ad Absolution?
RM: Non c’è alcun bisogno di aver giocato ai precedenti titoli per godersi l’esperienza offerta da Absolution. Da un punto di vista cronologico, gli eventi sono successivi a quelli di Blood Money, ma la storia è totalmente indipendente ed esplorerà ancora più a fondo la personalità dell’Agente 47. Non ci piace creare legami troppo netti e dipendenti da una specifica storyline della serie Hitman, preferiamo concentrarci sull’universo in cui queste storie hanno luogo.
Pensiamo che il personaggio sia abbastanza noto, anche tra chi non lo ha mai seguito. Per questo motivo non ci siamo preoccupati di conferire al gioco le fattezze di un sequel, confidiamo nel fatto che la gente riconosca il protagonista come un’icona. Ecco perché ci siamo concentrati più sul creare un gioco a sé stante.
L’impressione avuta, dopo aver visionato il trailer dell’E3 2012, è che Absolution appaia indubbiamente più crudo e oscuro rispetto ai suoi predecessori. Come sviluppatore, dove tracci la linea che separa il tuo lavoro da una violenza forse eccessiva?
RM: Non è facile. Si tratta sempre di un delicatissimo equilibrio. Il fatto che abbiate trovato Absolution più oscuro è interessante, perché il tema non è cambiato. Vi dirò di più, il protagonista è sempre un assassino professionista, ma forse sono proprio i giochi precedenti ad essere stati trattati con un po’ troppa serietà, che per me potrebbe significare un prodotto finale più oscuro, perché è più realistico.
Invece, il mondo che abbiamo presentato in Hitman: Absolution, pur essendo molto violento, è anche molto divertente. È presente uno spiccato dark humour, ed è anche un universo molto stilizzato. Anche se desideri un universo iper-realistico, nello stesso tempo vuoi anche che questo possieda una forte identità che, in qualche modo, possa trasparire. In questo modo, l’universo di gioco sembrerà più una realtà indipendente che non una sorta di sgradevole posto in cui trovarsi.
Tu hai lavorato sia a Blood Money che ad Absolution. Quale ritieni che sia la più grande evoluzione, in termini di gameplay, tra i due giochi?
RM: Penso che le più grandi novità siano i travestimenti e la modalità Istinto. Abbiamo voluto essere molto fedeli al lavoro che abbiamo svolto, anche in passato, al fine di offrire gli elementi che hanno sempre distinto la serie: l’intero sistema stealth, i vari modi in cui puoi eliminare un bersaglio. Abbiamo lavorato molto su questo aspetto. Nello stesso tempo, volevano un gioco che comunicasse assai meglio le sue intenzioni, in modo che potesse rivelarsi talmente chiaro per il giocatore, che fosse così la sua creatività a prendere il sopravvento e a rendere l’esperienza di gioco ancora più divertente.
La modalità Istinto è proprio uno dei tanti sistemi che abbiamo usato per rispondere a questa necessità. Connessa alla modalità Istinto troviamo poi la modalità Confusione (Blending Mode), che è una feature più legata ai travestimenti. Ricorrere ad un travestimento, in Absolution, significa che se indossate le vesti di un poliziotto, chiunque (ad eccezione dei poliziotti) crederà che voi siate un agente legittimo. Gli altri poliziotti saranno distratti dal vostro travestimento, ma avrete a disposizione un certo tempo prima che inizino a insospettirsi ugualmente.
Qualora diventassero troppo sospettosi, potrete appunto cercare di confonderli. Si tratta di una feature relativamente avanzata che vi permetterà di guadagnare secondi preziosi per scomparire, oppure che vi darà modo di ingannare i presenti, in modo da convincerli che siete ancora uno di loro. Questa modalità contribuisce a creare una forte tensione, specialmente quando state tentando di attraversare un area piena di individui che indossano la stessa divisa. Dovrete davvero mettervi alla prova per dimostrare che siete uno di loro e, quindi, per mescolarvi tra i vostri nemici. Secondo me, questa è una feature molto potente che dimostra bene come ogni gioco dovrebbe essere.
La modalità Istinto, in Absolution, essenzialmente rappresenta una forma d’aiuto per i giocatori meno abili. È forse un tentativo di mitigare il livello di difficoltà rispetto ai precedenti giochi? La cosa potrebbe infastidire i fan della serie?
RM: No. Come ho detto, siamo rimasti fedeli ai canoni del franchise e abbiamo voluto rispettare tanto le sue origini quanto le diverse tipologie di giocatori che si sono cimentati con i nostri prodotti, nel corso degli anni. D’altronde volevamo anche rendere il gioco accessibile, e quando dico accessibile intendo facile da comprendere, piuttosto che facile da giocare. C’è una grossa differenza tra le due cose. Il gioco può essere molto impegnativo e, se è una sfida quella che cerchi, come ad esempio raggiungere il grado di Assassino Silenzioso, allora devi giocare davvero al top. Ci sarà bisogno delle giuste abilità e di concentrazione, il che farà contenti tutti i giocatori hardcore.
Cosa vuol dire allora Absolution? Quali saranno i legami tra la storia e il resto della serie Hitman?
RM: Il perché del titolo sarà evidente a chiunque giocherà il primissimo livello del gioco. Questa volta volevamo creare una storia molto più personale e la premessa dell’intero arco narrativo è che il letale Agente 47 ha il compito di eliminare il suo vecchio mandante. Si tratta di una donna che, chiunque conosca la serie, troverà senz’altro familiare. Si tratta, infatti, del medesimo mandante di tutti i precedenti titoli del franchise, una persona che guidava 47 da una missione all’altra, mediante auricolare. Lei gli diceva cosa fare, lei lo controllava. Togliendo di mezzo lei, elimineremo l’unico legame che l’Agente 47 ha con il mondo. Lo condurremo in un viaggio del tutto personale, in cui per la prima volta dovrà prendere da solo le sue decisioni, in piena autonomia. Da qui deriva il termine Absolution.
Non abbiamo potuto fare a meno di notare che, durante la preview, hai menzionato la possibilità di giocare ad Hitman in competizione. Puoi dirci di che si tratta, quali elementi competitivi saranno presenti nel gioco?
RM: Vogliamo introdurre una feature online per la primissima volta, nella serie; nel far questo, abbiamo seguito fedelmente le ispirazioni forniteci dalla community. Per anni, infatti, hanno continuato a creare contratti personalizzati col vecchio Blood Money.
La premessa basilare è che ognuno, a qualsiasi livello, può essere un bersaglio. L’intera feature Contratto, che abbiamo introdotto, è basata su questa idea: puoi creare contratti, giocarli e competere coi tuoi amici per vedere chi otterrà il maggior punteggio nell’eliminare un determinato soggetto. Ovviamente abbiamo anche creato una classifica che rispecchia le performance del giocatore, a seconda della tipologia: una leaderboard per gli amici, una nazionale e una mondiale.
A questo punto è d’obbligo chiedervi se avete in mente di introdurre una modalità multiplayer, in modo che due giocatori possano competere tra loro nella medesima mappa, nello stesso momento.
RM: No. Il multiplayer non è adatto alle caratteristiche del franchise, per due motivi: la prima è che tutta la creatività, derivante dall’essere un assassino professionista, non si presta all’esperienza cooperativa; la seconda è che l’Agente 47 lavora da solo, una condizione irrinunciabile che è alla base di tutto il gameplay e che non può convertirsi a questo tipo di esperienza. Quindi sfortunatamente no, non ci sarà alcun tipo di funzione co-op.
Tornando ai suddetti elementi competitivi, i giocatori avranno modo di condividere i propri punteggi e le proprie performance sui social media?
RM: Ci stiamo lavorando.
Parlando di social media, non c’era ancora alcun iPhone, Twitter o Facebook nel 2006, quando uscì l’ultimo Hitman. Puoi dirci se l’Agente 47 utilizzerà dei nuovi marchingegni? Si terrà al passo coi tempi?
RM: Si. Non è antiquato sino a questo punto (ride), si adatterà. Nonostante non riesca affatto a liberarsi di Windows da dio sa quando, è abbastanza moderno.
Nel gioco non userà alcun tipo di tablet o iPhone, farà invece molto più affidamento su sé stesso. Dato che lo scopo principale del gioco è proprio eliminare il suo vecchio mandante, nonché fuggire dalla potente ICA, l’agenzia per cui lavorava, userà un equipaggiamento e delle armi ad hoc.
Avete mai pensato di rendere Hitman: Absolution un gioco open-world?
RM: No, mai. Volevamo creare, a tutti i costi, un mondo iper-realistico con delle evidenti fattezze stilizzate. Il level design non ci permetteva di diventare un gioco di tipo sandbox. Semplicemente, il concetto di open-world non si adatta bene all’esperienza che volevamo offrire.
Abbiamo preferito concentrarci su un mondo più piccolo, che tuttavia possa essere sperimentato a dovere: si può dire che abbiamo introdotto il concetto di gioco killer sandbox. Ne è un buon esempio il livello King of Chinatown, dove bisogna eliminare un bersaglio che si trova su una pagoda nel bel mezzo di Chinatown. È possibile eliminarlo in molti modi; noi abbiamo pensato a sette diversi metodi, eppure, una volta che il gioco sarà rilasciato e la gente inizierà a giocarci, di sicuro le vie per raggiungere l’obiettivo aumenteranno. È questo il tipo di open game che avevamo intenzione di introdurre, piuttosto che un gioco che lo fosse in senso ambientale.
L’adattamento cinematografico di Hitman si è rivelato decisamente buono. Tuttavia, lo stesso non si può dire di molti altri adattamenti cinematografici di videogame più o meno noti. Quale pensi che sia il segreto perché un film, basato su un videogioco, possa restare fedele allo spirito dello stesso, pur riscuotendo successo al botteghino?
RM: Penso che il film di Hitman abbia avuto successo perché la fonte di provenienza è solida. Per quanto mi riguarda, quella pellicola fu la conferma che l’Agente 47 è un personaggio interessante e carismatico.
Non c’è dubbio che il passaggio da un videogioco al grande schermo sia problematico, ma ritengo anche che sia una stimolante sfida narrativa: bisogna passare da un medium in cui detieni sempre il controllo e rivesti sempre i panni del protagonista principale, ad un qualcosa che è molto più passivo nel comunicare. La difficoltà è tutta qui.
Ecco perché la transizione risulta complessa, perché non vi è interazione nella narrazione. In realtà, è possibile fare un discorso analogo per ambo le parti: spesso i videogiochi traggono ispirazione dai film e magari vogliono veramente raccontare una storia e focalizzarsi su di essa, il che è molto positivo, ma contemporaneamente bisogna fare attenzione a non perdere di vista l’obiettivo. Realizzare un videogame è molto diverso dal fare un film.
Un’ultima cosa?
RM: Si, una piccola nota personale. Sono molto orgoglioso e soddisfatto di Hitman: Absolution e, in tutta onestà, non vedo davvero l’ora che arrivi in tutti i negozi. Questo perché credo fermamente che sia un prodotto unico nel panorama videoludico moderno, in grado di sorprendere tutti i nostri fan. Dovete assolutamente provarlo, non attendiamo altro che i vostri pareri.