Svilupparty 2015, secondo e terzo giorno

Eccoci con il secondo articolo dedicato allo Svilupparty di quest’anno. Dopo avervi parlato di Svilupparty BETA e dei giochi visti in anteprima, vi raccontiamo delle conferenze più interessanti a cui abbiamo assistito durante sabato 9 e domenica 10 maggio, rispettivamente seconda e terza giornata di Svilupparty 2015.

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“How to sell on Steam – and not only” – Luke Keighran (managing director Merge Games)

La prima conferenza del giorno ha aperto con un tema di primaria importanza per tutti gli sviluppatori, ovvero come vendere i propri giochi su Steam (e non solo), e chi meglio di un publisher poteva agire da presentatore? Luke Keighran, managing director di Merge Games, ha raccontato della sua esperienza come professionista del settore, con un’esperienza di oltre dieci anni iniziata con Acclaim e proseguita con THQ, fino ad arrivare alla fondazione di Merge Games nel 2010. L’azienda nasce specializzata nell’esportazione di giochi per conto terzi verso mercati considerati “difficili”, come Arabia Saudita, Turchia o Russia, e successivamente si dedica alla creazione di edizioni fisiche di giochi indie di successo (come Terraria), andando a colpire la nicchia dei collezionisti. Nel 2012 arriva la svolta con l’inizio della pubblicazione di titoli tramite Steam, Desura e affini, iniziando a delineare meglio il ruolo di publisher di riferimento per gli sviluppatori indipendenti.

L’ultima parte delina il più grosso controsenso dell’espressione “sviluppatore indipendente”: come possono i developer considerarsi indipendenti se hanno bisogno di un publisher? La verità è che, a parte rarissimi casi, non esistono veri sviluppatori indipendenti. Il ruolo del publisher, a cui molti pare ignoto, è fondamentale: non basta essere degli ottimi programmatori o degli ottimi artisti, per vendere un gioco servono competenze comunicative e commerciali.
La filosofia di Luke (e di Merge Games) è la seguente: “il publishing è un servizio che si adegua ai bisogni del gioco. Il servizio che il publisher fornisce è mettere a disposizione dello sviluppatore la propria esperienza e abilità nella vendita, distribuzione, pubbliche relazioni e marketing sui mercati globali. Il supporto di un publisher serve per rendere un titolo vincente”. La conferenza prosegue con due case study di due titoli pubblicati da Merge Games, Enforcer e Meridian: New World.

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Enforcer è un gioco sulla falsariga di GTA ma giocato come poliziotto. Un titolo con questa premessa non poteva che attirare attenzione: durante la fase di sviluppo molte community (ma soprattutto Steam e indieDB) si sono interessate al titolo e hanno contribuito a migliorarlo dando feedback e suggerimenti su come ampliare il titolo. Successivamente all’uscita (avvenuta nell’ottobre 2014) PR e YouTuber hanno fatto il resto, trasformando il gioco in un buon successo commerciale.
Non è stato tutto rosa e fiori: la mancanza di multiplayer ha dimezzato le possibilità di vendita del titolo, e i tempi di sviluppo (e quindi i costi) sono stati molto più elevati del previsto per via della poco saggia scelta di fare uscire il gioco tramite Steam Early Access. Apriamo una parentesi: perché Early Access è così rischioso, e perché moltissimi lo usano lo stesso?
Early Access è uno specchietto per le allodole che ha già mietuto innumerevoli vittime. Per un developer, l’idea di poter mettere in vendita un prodotto incompleto è molto allettante: si possono raccogliere fondi per proseguire lo sviluppo e raccogliere molti feedback direttamente dai consumatori finali, che idealmente aiuteranno il titolo a raggiungere uno stadio perfetto al momento del lancio e diffonderanno a macchia d’olio la sua diffusione. La realtà, purtroppo, è molto diversa: nel momento in cui un prodotto è in vendita pubblica la maggior parte dei consumatori non comprende davvero la differenza tra un titolo completo e uno ancora in produzione, generando feedback spesso inutili e addirittura pubblicità negativa, condizionando gli sviluppatori a portare il gioco verso direzioni completamente diverse dal progetto iniziale e ampliamenti superflui che allungano inverosimilmente i tempi di lavorazione, rischiando di uscire dal budget. Non solo: il basso prezzo di un Early Access mina le vendite del prodotto quando coloro che aspettavano la versione completa si trovano davanti un gioco con uno sviluppo travagliato a un prezzo fissato al doppio di quanto lo ricordassero.

Il secondo case study riguarda Meridian: New World, uno strategico in tempo reale che ha avuto un discreto successo di vendite iniziali ma che è stato pesantemente svalutato da critica e utenti.
Analogamente a Enforcer, le community di Steam, indieDB e Reddit hanno svolto un ruolo fondamentale per diffondere interesse nel gioco, con la differenza che non è uscito in Early Access. Purtroppo Meridian si è rivelato un gioco poco più che mediocre, stantio sia nelle meccaniche che nell’aspetto, nonché breve e privo di multiplayer – elemento fondamentale per un gioco del genere.
Il rovescio della medaglia questa volta sono state le aspettative eccessivamente alte: scegliendo di non uscire in Early Access si è mantenuto un alto tasso di interesse in tutti coloro che seguivano il progetto, cosa che si è tradotta in ottime vendite all’uscita, ma una volta saltate a galla le falle del gioco è stata la stessa community che l’aveva supportato ad abbandonarlo e parlarne male.

Questi due case study hanno messo in evidenza vari fattori: Steam è un mercato estremamente saturo (si parla di decine di nuovi titoli pubblicati ogni mese), in continuo e pesante mutamento (basti pensare a Greenlight ed Early Access) e dove i giochi che non appartengono ai generi di punta del momento finiscono spesso nell’oblio. Merge risottolinea il suo ruolo di publisher in questa situazione: occorre investire tempo, soldi ed energia nel dare visibilità ai giochi venduti, in particolare coinvolgendo le community, gli YouTuber, presenziando a fiere ed eventi a stampo indie.
Ovviamente c’è un limite: per quanto un publisher possa essere capace di rendere popolare un gioco, se questo è brutto e privo di ogni appeal non bastano nemmeno i miracoli. È il publisher stesso a effettuare una prima scrematura, selezionando quali giochi hanno il potenziale di divenire successi commerciali.
Ricordiamo però che tutto questo non assicura il successo: sebbene avvalersi di un publisher renda la commercializzazione di un gioco meno rischiosa, è bene tenere a mente che nessun publisher garantisce allo sviluppatore che il gioco venderà…

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“Mobile games publishing: un’esperienza diretta e di successo” – Gabriele Achler (redBit Games)

A volte sviluppatori e publisher si fondono nella stessa figura, e succede persino in Italia. È il caso di redBit Games, azienda basata sul mobile gaming nata nel 2013. Nonostante la giovane età, redBit può già vantare di aver raggiunto decine di milioni di download complessivi in un anno e visto più di un titolo raggiungere la prima posizione negli store.
A differenza di molte altre software house che per sopravvivere si dedicano al business-to-business, redBit è determinata a rendere il consumatore finale il suo unico tipo di cliente, creando giochi che diventino popolari. Il principale mercato di riferimento è quello globale: non stupisce scoprire che i territori anglofoni sono i principali consumatori di titoli mobile, mentre l’Italia incide sul totale mondiale per appena il 6%. Ma come si crea un gioco mobile di successo?

Ci sono filosofie diverse sull’approccio al mercato dei giochi mobile: c’è chi ritiene che l’unica strada sia il free-to-play con acquisti in-app, c’è chi si rifiuta di non far pagare il proprio gioco, c’è chi confida nella pubblicità – redBit fa parte di quest’utima classe. Gabriele dichiara infatti come l’advertising sia la primaria fonte di introiti nei loro giochi, ma per far sì che la pubblicità produca occorre prima di tutto che il gioco sia diffuso, una sfida non facile anche con un gioco gratis. Così come i giochi PC su Steam, anche il mercato delle app è saturo, perciò occorre applicare discernimento sui giochi da pubblicare.
Come già ribadito da più parti nel corso di Svilupparty BETA, la fase di pianificazione di un gioco è la più importante: non importa che il gioco sia gratis, non verrà scaricato se non è interessante, pertanto occorre un attenta distinzione tra progetti con potenziale commerciale e quelli che rappresentano solo un investimento rischioso, scartando tutti i progetti “a rischio”.
Nel caso del mercato mobile è noto come le sessioni di gioco medie degli utenti siano molto brevi (meno di 10 minuti) e che i giochi di maggior successo siano i più semplici e intuitivi, possibilmente controllabili con un solo dito. In questo senso, le strade più fruttuose sono due: creare qualcosa di innovativo, o copiare qualcosa di successo. È triste dirlo, ma uno dei titoli di maggior successo di redBit è stato un clone di Flappy Bird il cui unico merito è stato arrivare prima di altri. Tuttavia, per quanto discutibile, questo ha portato una notevole visibilità alla casa (e presumibilmente introiti), cosa che servirà per promuovere i suoi successivi titoli.

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“Playing The Game: Textural Videogames” – Paolo Branca

Non solo “mercenari”: c’è chi è convinto che il videogioco possa andare oltre il semplice intrattenimento e rappresentare un valore culturale invece di un “banale” prodotto da vendere. È il caso di Paolo Branca, performer artistico sotto lo pseudonimo di VjVisualoop e organizzatore di eventi a tema videoludico, che ha colto l’occasione per presentare a Svilupparty il libro Textural Videogames, una raccolta che seleziona titoli caratterizzati dall’abbandono completo delle meccaniche più tradizionali dei giochi (nemici da sconfiggere, accumulazione di punti, livelli da superare). Parliamo di giochi come Fract OSC, Proteus, The Stanley Parable, e tanti altri. Alcuni dei giochi citati sono piuttosto famosi e peraltro creati per mano di un solo sviluppatore, a dimostrazione di come il gioco può ancora essere un mezzo espressivo molto personale e non necessariamente invendibile anche quando esce da ogni schema comune.

Per tutte le informazioni su Textural Videogames vi rimandiamo al sito di Playing the Game e soprattutto al nostro reportage dell’evento Outré Videogames, dove il libro è stato presentato per la prima volta.

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Soviet Monsters: Ekranoplan – Mattia Santachiara (Santa’S Co.)

Tra i giochi che non abbiamo menzionato nell’articolo dedicato ce n’è uno di cui ci conosciamo l’esistenza da un paio d’anni ma del quale ci sono in giro pochissime informazioni e ancora meno immagini. Parliamo di Soviet Monsters: Ekranoplan, primo grande progetto videoludico di Santa’S Co., una startup focalizzata nello sviluppo di tecnologie business-to-business ma che vanta l’aver contribuito allo sviluppo grafico del celebre World of Tanks.
Come World of Tanks, anche Soviet Monsters è un simulatore bellico focalizzato su un tipo di veicolo definito, ma in questo caso parliamo di un mezzo sconosciuto ai più e certamente mai visto all’interno dei videogiochi: gli ekranoplani. Se, come noi la prima volta, state pensando “ekranoche?”, vi invitiamo alla lettura della relativa pagina di Wikipedia. In breve: si tratta di veivoli progettati nell’Unione Sovietica creati specificatamente per il volo a bassa quota su superfici acquatiche e che hanno visto un uso poco più che sperimentale nel corso della guerra fredda.
All’interno del gioco Ekranoplan il giocatore ha a disposizione differenti modelli di questo mezzo, di cui può personalizzare equipaggio ed equipaggiamento da utilizzare in varie missioni belliche, molte delle quali di natura non combattiva. Il gioco è in fase di realizzazione ed è sviluppato con il motore Unity, fortemente modificato per renderlo adeguato al gioco e creare un’esperienza il più verosimile possibile, in particolar modo dal punto di vista dei controlli e della manovrabilità del veicolo nello spazio fisico in cui si muove.

Ekranoplan è un caso molto interessante da analizzare perché apre una parentesi di discussione sulle cosidette nicchie di mercato, ovvero settori poco popolari ma che possono offrire molte opportunità agli sviluppatori impegnati nella creazione di prodotti molto specifici. Lo scopo ideale di ogni simulatore è quello di riprodurre virtualmente esperienze reali con la massima fedeltà possibile, creando meccaniche estremamente complesse, con una curva di apprendimento difficile per i neofiti e moltissimi parametri da prendere in considerazione. Tutto questo va contro buona parte di quanto detto nelle altre conferenze, in quanto si limita moltissimo l’accessibilità sul mercato di massa e i soggetti trattati colpiscono l’interesse di pochi, ma questi pochi rappresentano una fetta di giocatori che è disposta a spendere molto, anche sul lungo periodo. Basta vedere la pagina Steam di un simulatore di treni a caso per rendersene conto: 22 euro di gioco base, oltre 220 DLC con un prezzo variabile tra i 15 e i 30 euro l’uno per un valore complessivo di oltre 3500 euro. Follia? No, semplicemente desiderio di dare agli utenti la possibilità di vedere implementati i propri percorsi e mezzi preferiti oltre quelli dati dal gioco base.

La morale della storia è che non bisogna per forza adeguarsi alle regole del mercato di massa per poter vendere il proprio gioco, si può avere successo anche creando prodotti dedicati ad una fetta di utenti specifica e consolidata. Inoltre, può sempre capitare che il proprio simulatore diventi un successo commerciale per via dell’uso improprio dei suoi contenuti

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Con questo articolo concludiamo il nostro reportage su Svilupparty 2015. Per vedere tutto ciò che non abbiamo avuto modo di documentare vi invitiamo a guardare il canale YouTube dell’Associazione Svilupparty, dove trovate i video di tutte le conferenze tenutesi nel corso dell’evento.

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