Ranking Tower: top 10 dei Mortal Kombat

Ecco la nostra personale classifica!

Mortal Kombat ha contribuito alla storia dei videogiochi di combattimento da più di 25 anni. Trasgressivo e controverso, e proprio per questo e immensamente popolare, la serie creata da Ed Boon e John Tobias ha avuto numerosi alti e bassi attraverso la sua storia.

In occasione dell’imminente uscita di Mortal Kombat 11, il quale si preannuncia rappresentare il culmine della serie in questa generazione, abbiamo deciso di stilare una classifica dei titoli principali della serie. Per questioni di ordine e coerenza abbiamo escluso gli spin-off di genere diverso dal picchiaduro a incontri (anche perché l’unico decente è stato Shaolin Monks) e i capitoli derivati come Gold, Trilogy ecc.

Mortal Kombat

10: Mortal Kombat 4

Il primo tentativo di portare la serie al 3D fu davvero maldestro e sgraziato. Dai modelli poligonali blocchettosi e animati malamente, al doppiaggio imbarazzante, fino al gameplay rigido e goffo che non riusciva a rendersi davvero tridimensionale. Persino gran parte dei nuovi personaggi rimasero per lo più dimenticabili, con poche eccezioni.

A suo favore va riconosciuto di essere stato il primo capitolo a introdurre l’utilizzo delle armi, oltre al fatto che non fu certo l’unico picchiaduro bidimensionale a fare una brutta figura nel passaggio al 3D. Mortal Kombat 4 semplicemente fu particolarmente inefficace nel tentativo.

Mortal Kombat 4


9: Mortal Kombat vs DC Universe

Anche se sembra assurdo, questo gioco è considerato “tecnicamente” l’ottavo capitolo nella numerazione della serie. Incrociare i personaggi di Mortal Kombat con i supereroi DC è qualcosa che sembra davvero assurdo e inopportuno, nonostante la storia che fa da sfondo riesca egregiamente a dargli un senso. E nonostante si possa trovare un certo fascino nel vedere i personaggi dei due universi combattersi l’un l’altro, spesso le tecniche dei personaggi non si amalgamano a dovere nel gameplay. Mortal Kombat vs DC Universe è stato il primo titolo a uscire per la scorsa generazione di console, e dalla sua aveva un buon comparto tecnico. Anche sul piano del gameplay in realtà non è davvero terribile, semplicemente non è migliore di tanti altri.

Ma la cosa più sbagliata è stata quella di renderlo un gioco PEGI 16 al posto dell’usuale target a un pubblico maturo. Usare un franchise che ha come caratteristica fondante una violenza esagerata fino al parodistico per fare un gioco dalla brutalità stemperata è stato un affronto alla sua stessa identità.

Mortal Kombat vs DC Universe


8: Mortal Kombat: Armageddon

Questo titolo è la prova che non è il numero dei combattenti disponibili a fare la qualità di un picchiaduro, e che anzi il troppo stroppia. Con il suo roster di 62 personaggi, ovvero tutti i combattenti mai apparsi nella saga fino a quel momento, non era stato umanamente possibile renderli abbastanza unici e differenziati. Il risultato infatti è stato che molti personaggi erano troppo simili tra di loro, e per di più il sistema di combattimento venne semplificato. Per nascondere la comprensibile mancanza di fantasia nel dare a ciascun personaggio un paio di Fatality originali, il gioco affidava al giocatore il compito di personalizzare le proprie. Era anche possibile costruirsi un alter ego con un editor di personaggi; una feature interessante, ma insufficiente a sollevare il gioco da una sensazione di pigrizia generale.

Il titolo che avrebbe dovuto rappresentare il culmine della nuova generazione di Mortal Kombat si rivelò invece una vera delusione. Non a caso dopo di esso il franchise ebbe bisogno di un punto e a capo con il sequel/reboot del 2011.

Mortal Kombat Armageddon


7: Mortal Kombat (1992)

Non c’è dubbio che l’originale Mortal Kombat sia stato uno dei titoli più influenti per i videogiochi di combattimento, ma non solo. La sua rappresentazione della violenza e la quantità di sangue su schermo fu impressionante e audace per i primi anni ’90, e nonostante le rumorose controversie sollevate oggi rappresenta un pezzo di pop culture arcinoto.

Gli amanti dei titoli classici probabilmente non saranno d’accordo con il posizionamento del capostipite della serie nella classifica, ma al di là della sua importanza storica bisogna ammettere che il primissimo Mortal Kombat non è invecchiato bene. Con l’evolversi della serie è semplicemente naturale che i suoi successori siano obiettivamente migliori e più completi in termini di qualità e contenuti.

Mortal Kombat 1


6: Mortal Kombat 3

Il terzo capitolo della saga classica introdusse un paio di novità importanti. Forse ispirata dal “collega” Killer Instinct, Midway introdusse un sistema di combo per i personaggi, ma anche un tasto per correre in avanti, che premiava i giocatori che sapevano essere aggressivi. Il gameplay ne risultò sicuramente evoluto, anche se non tutti apprezzarono i cambiamenti. Ma quello che i fan meno digerirono fu che, forse nello slancio di dare uno scossa alla serie, vennero introdotti numerosi nuovi combattenti che non vennero accolti subito bene, soprattutto perché per fare loro posto vennero lasciati fuori Scorpion e Kitana, due personaggi chiave amatissimi.

Fortunatamente con la versione Ultimate Mortal Kombat 3 i creatori si fecero perdonare reintroducendoli e aggiungendone altri tra nuovi e vecchie glorie; i moveset dei combattenti vennero inoltre incrementati e sistemati.

Mortal Kombat 3


5: Mortal Kombat: Deadly Alliance

Dopo la delusione del quarto capitolo, Mortal Kombat sembrava impantanato nelle vecchie meccaniche dei primi anni ’90. Deadly Alliance ha saputo dare una scossa alla serie prendendo dei rischi e facendole trovare nuova vitalità. Oltre a essere il primo capitolo davvero in 3D, ha introdotto per ogni personaggio due stili di combattimento a mani nude e uno con un’arma switchabili in ogni momento, anche durante una combo; un scelta che ha aumentato notevolmente la profondità dei singoli combattenti. È stato anche il capitolo che ha introdotto la Kripta, modalità che racchiudeva e ordinava finalmente tutti i contenuti sbloccabili e che sarebbe stata poi riutilizzata anche nei capitoli successivi.

Non tutte le novità però sono state positive. Nonostante fosse apprezzabile l’ardito colpo di scena di far morire due pilastri della serie come Liu Kang e Shao Khan, quasi tutti i nuovi personaggi apparsi in Deadly Alliance non sono risultati interessanti o abbastanza ben caratterizzati, a parte poche eccezioni.

Mortal Kombat Deadly Alliance


4: Mortal Kombat: Deception

Deception è riuscito a migliorare praticamente ogni aspetto di Deadly Alliance e ad aggiungere ulteriori contenuti. Il sistema di combattimento con più stili è stato ripreso e raffinato, mentre negli stage sono stati aggiunti elementi distruttibili e trappole mortali che permettevano sostanzialmente di mettere fine istantaneamente ai match con una Stage Fatality.

Una delle novità più interessanti era la Konquest, una modalità storia modellata come un’avventura in terza persona. Sicuramente grezza e molto limitata, ma comunque diversa dal solito e in qualche modo interessante nel mostrarci i vari reami dell’universo di Mortal Kombat. Alla modalità Konquest si aggiungevano due mini-giochi: una particolare versione degli scacchi con i combattenti al posto delle pedine, e una versione Mortal Kombat del classico Super Puzzle Fighter II Turbo. Niente di sconvolgente, ma abbastanza per intrattenere il giocatore in modi diversi.

Peccato solo che anche in questo capitolo i nuovi personaggi introdotti non erano per niente carismatici o memorabili.

Mortal Kombat Deception


3: Mortal Kombat 2

Questo è stato sicuramente il capitolo più iconico della serie classica, quello che l’ha impressa a fuoco nella storia dei videogame per sempre. Il secondo capitolo della serie è riuscito a migliorare il predecessore sotto ogni aspetto, dalle meccaniche di gioco e le mosse speciali dei personaggi fino al numero di Fatality e la storia. Il roster ha visto il ritorno di molti combattenti amati del titolo capostipite e ne ha aggiunti altri altrettanto efficaci che tutt’ora rimangono dei classici ricorrenti, compreso l’iconico boss Shao Khan. Senza contare l’introduzione dei personaggi segreti che gli diedero un valore di rigiocabilità senza precedenti, oltre a scatenare nei fan teorie e speculazioni che aggiungevano un certo alone di mistero al tutto.

Nonostante non fosse esattamente il miglior picchiaduro dell’epoca, e oggigiorno sia surclassato da altri titoli, il valore storico di Mortal Kombat 2 trascende qualsiasi paragone tecnico.

Mortal Kombat 2


2: Mortal Kombat X

Dopo la riuscitissima operazione di reboot della serie, il decimo capitolo ebbe il pregio di migliorarne le dinamiche sotto ogni aspetto e il coraggio di fare un salto generazionale in quanto a lore e combattenti. Anche se la storia probabilmente non è memorabile come quella precedente, e i nuovi personaggi non siano molto incisivi (con alcune dovute eccezioni come Erron Black e D’Vorah), a livello di gameplay Mortal Kombat X rappresenta un miglioramento e un’evoluzione considerevoli. Il sistema delle Varianti in particolare ha permesso una profondità per ogni combattente mai vista nella serie.

Anche a livello stilistico e creativo il gioco è davvero impressionante. L’amore per la saga che NetherRealm Studios vi ha infuso è palpabile in ogni aspetto, e si è protratto anche con un supporto post-lancio notevole. Dalla dovuta patch per la versione PC (che ha corretto un’uscita abbastanza disastrata), al bilanciamento dei personaggi fino a l’aggiunta di ben 9 personaggi DLC, tutti presenti in seguito nella versione XL.

Se il reboot ha riportato in vita Mortal Kombat, il decimo capitolo l’ha proiettato con grande dignità nel futuro, e rappresenta tutt’ora uno dei migliori picchiaduro di questa generazione.


1: Mortal Kombat (2011)

Non è stato affatto facile scegliere il vincitore di questa Top 10, soprattutto a fronte del grande passo avanti fatto da Mortal Kombat X. Se è vero che il seguito ha sviluppato un gameplay migliore (che dovrebbe essere l’aspetto più importante per un videogioco) è altrettanto vero che non è possibile trascurare i molti fattori che hanno reso questo capitolo cruciale per Mortal Kombat.

Con Armageddon i fan si estraniarono molto dalla serie, che sembrava incespicare su sé stessa aggiungendo solo personaggi mediocri. Il tonfo fu pesante, e di certo non aiutarono le cattive acque in cui versava Midway, che dichiarò infine bancarotta nel 2009. Acquistato da Warner Bros. e rifondato come NetherRealms Studios, il team di sviluppo guidato da Ed Boon fece letteralmente rinascere dalle ceneri la saga nel modo migliore possibile: riprendendo le componenti che avevano reso grande Mortal Kombat negli anni ’90 e aggiungendo elementi moderni. Prendendo il buon esempio di Street Fighter IV, questa sorta di reboot della saga ha optato per scontri bidimensionali con una grafica 3D, ma non solo. È stata ideata un’eccezionale modalità Storia e riproposti tutti i personaggi classici che abbiamo imparato ad amare nel corso degli anni, ognuno con le proprie tecniche speciali e combo, e ovviamente nuove spettacolari Fatality. Il tutto accompagnato da tonnellate di feature e contenuti vari che lo hanno reso uno dei picchiaduro più corposi e completi della passata generazione.

Mortal Kombat X può essere definito un picchiaduro tecnicamente migliore e più raffinato. Il nono capitolo però, con la sua storia e il suo roster di personaggi memorabili, nell’ambito di questa classifica può essere definito un miglior Mortal Kombat; il perfetto tributo a tutto ciò che ci ha fatto innamorare di questa saga, e allo stesso tempo il titolo che l’ha portata nella nuova era.

Mortal Kombat


Non c’è dubbio che la serie di Mortal Kombat ne abbia passate di tutti i colori, ma in qualche modo si è sempre rialzata più forte che mai e attualmente è un raro esempio di picchiaduro di stampo occidentale a competere sul mercato con la scuola giapponese. La dedizione di NetherRealm nel migliorare la sua creatura non è qualcosa di comune, e non vediamo l’ora di vedere i risultati del loro lavoro con Mortal Kombat 11, di cui nel frattempo potete leggere la nostra analisi della closed beta.

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