Ubisoft: aperta all’acquisizione, a una condizione

Fraternità, eguaglianza, libertà.

Ubisoft è aperta al dialogo in quanto ad una potenziale acquisizione, ma ha le risorse per continuare a rimanere indipendente. Così è quanto ha affermato lo stesso Yves Guillemot, CEO e co-fondatore di Ubisoft, durante la chiamata con gli investitori realtiva al Q3 di quest’anno.

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Durante la call è stata sollevata la questione “consolidamento dell’industria“, alla quale Guillemot ha prontamente sottolineato che le carte in mano all’azienda non sono mai state così forti e il valore dei loro asset così elevato. Incalzato in risposta a questa affermazione, il CEO ha affermato che l’argomento va affrontato direttamente con il consiglio amministrativo, e che la priorità è e rimane l’indipendenza della compagnia.

Tutte le decisioni che abbiamo preso finora le abbiamo prese nell’interesse di chi investe e ha investito in noi, ossia i nostri giocatori, i nostri dipendenti e i nostri azionisti. Ubisoft può rimanere indipendente, ha i mezzi per farlo: abbiamo il talento e abbiamo le IP. Se ci fosse un offerta per comprare l’azienda, sarebbe da valutare con la stessa ottica.

Nessuno in Ubisoft ha finora confermato o negato la ricezione di un eventuale offerta d’acquisto, ma ad onor di cronaca è giusto ricordarvi di quanto avvenuto tra Ubisoft e Vivendi dal 2015 al 2018.

Vivendi era ed è tuttora una megacorporazione con base a Parigi, proprietaria di Gameloft (acquisita tramite un’assunzione di acquisizione ostile), e, nel 2008, ha fuso il suo reparto game publishing con Activision, una mossa costata 18,8 miliardi di dollari e che ha visto in Vivendi la detentrice della quota di maggioranza di Activision Blizzard, almeno fino al 2013, quando quest’ultima ha acquisito 429 milioni di azioni (5,83 miliardi di dollari) da Vivendi, portandone la quota dal 63% all’11,8%, diminuendone quindi (e di molto) il potere.

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Nel 2015 Vivendi si è rimessa all’opera, questa volta mirando a Ubisoft: nel corso di 3 anni l’azienda parigina era arrivata a possedere il 27,3% delle sue azioni, un’ostilità sleale che spinse Guillemot a definire le azioni correttive in corso nei ranghi di Ubisoft “una lotta per conservare la nostra indipendenza”.

Per fermare l’avanzata di Vivendi, Ubisoft si vide costretta a chiedere l’aiuto del conglomerato cinese Tencent, mossa che permise alla software house di Guillemot di ricomprare le azioni e di rimandare di 5 anni le brame di Vivendi… 5 anni che dovrebbero finire quest’anno, a fare i calcoli.

Caso o il ritorno di un’antica rivalità?

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