Army Corps of Hell – Recensione Army Corps of Hell

Al lancio della PS Vita pochi titoli hanno suscitato la curiosità degli appassionati, soprattutto perché la quasi totalità della line up era composta da porting di titoli da console maggiori alla portatile Sony. Un’eccezione è rappresentata da Army Corps of Hell, uno strategico in tempo reale prodotto da Square Enix e sviluppato da Entersphere. Questo studio giapponese è guidato da Motoi Okamoto, lo sceneggiatore del primissimo Pikmin che uscì per Gamecube di Nintendo. Questo elemento è molto importante da evidenziare poiché molte caratteristiche del titolo Nintendo le ritroveremo per certi versi anche in questo Army Corps of Hell. Preparatevi a scendere all’inferno.
 

 

 
Il signore degli inferi

La trama in questo titolo è certamente molto meno importante rispetto all’azione in game, e infatti la narrazione risulta piuttosto scontata fin dalle prime battute. Vestiremo i panni di un demone che improvvisamente perde tutto il suo potere nonché la sua imponenza fisica. Ridotto a uno scheletro oramai, avrà la sua possibilità di riscossa controllando la mente dei goblin e dando vita così a un esercito che potrà conquistare tutto il regno degli inferi. La trama nel corso del gioco verrà raccontata attraverso ottime tavole di qualità eccellente e da dialoghi piuttosto stereotipati. 

 

Sete di potere

Come abbiamo già anticipato, il gioco vi metterà alla guida di un esercito di creature demoniache a vostra completa disposizione. I vari livelli in cui potrete dimostrare le vostre doti da stratega sono ben 40, e tutti strutturati come una sorta di arena di forma quadrata in cui dovremo fare piazza pulita di tutti i nemici. Quando infatti il terreno di gioco sarà completamente sgombro potremo aprire il varco per l’arena successiva e quindi procedere con il gioco. Il nostro esercito potrà essere composto da massimo 100 goblin posizionabili tutt’attorno al nostro alter ego demoniaco. Il nostro personaggio potrà essere controllato negli spostamenti con la leva analogica sinistra. I soldati sono suddivisi in tre classi: soldati, lancieri e maghi. I primi sono l’elemento base e anche quello più bilanciato. Possono attaccare in gruppo, in maniera massiva un nemico eliminandolo all’istante oppure attaccare anche sulla media distanza; i lancieri potranno attaccare alla distanza ma sempre e solo in gruppo. L’unico neo di questa classe è che soffrono molto gli attacchi ravvicinati da parte dei nemici; i maghi invece, come ovvio, potranno lanciare incantesimi sotto forma di sfere di fuoco o elettriche, con raggio d’azione molto ampio ma forza ridotta. 

 
Quando dovremo attaccare ci basterà premere il tasto relativo alla classe scelta, ossia cerchio per i guerrieri, triangolo per i lancieri e quadrato per i maghi. Con il tasto dorsale R potremo lanciare all’attacco i nostri soldati, sia in maniera singola che in formazione, premendo in contemporanea il tasto L. L’attacco in formazione comporterà una maggiore potenza ma una mobilità piuttosto limitata. Dovremo perciò adattare le nostre strategie in base alla situazione in cui ci troveremo. Questo risulterà molto importante, anche per capire come approcciare i vari tipi di nemici, ognuno dei quali richiederà tecniche e strategie differenti. Nei combattimenti dovremo badare non solo agli attacchi dei nemici ma anche alle trappole sparse sul campo di gioco. Quando i nostri goblin cadranno al suolo avremo un tempo limitato per risvegliarli prima che muoiano definitivamente. Nel caso in cui i nostri soldati muoiano potremo chiamarne sul campo altri, utilizzando delle gemme rosse che si potranno ottenere dai nemici caduti. 
 
Dopo 10 stage…

Il gioco non è solo combattimento comunque. Potremo infatti raccogliere numerosi oggetti per rendere il nostro esercito più potente. Dai nemici caduti potremo raccogliere pelli e ossa per creare nuove armi e strumenti di difesa per i nostri piccoli goblin. Il più delle volte, infatti, i nostri soldati verranno utilizzati come mera carne da macello. Il gioco è parecchio divertente all’inizio ma subito dopo una decina di stage superati comincia a mostrare i suoi difetti. Il titolo, infatti, è caratterizzato da un sistema di controllo non proprio comodissimo e da una ripetitività di fondo che rende l’esperienza di gioco piuttosto noiosa sul lungo termine. Il sistema di mira, affidato alla levetta destra, ad esempio non risulta molto preciso ed efficace, soprattutto nei momenti concitati, così come la mira automatica che non si focalizza mai sulle priorità del momento. Anche la telecamera non dà certo una mano quando è necessario controllare 100 personaggi a schermo con i nemici che attaccano da tutti i lati. Anche le caratteristiche touch della console non sono sfruttate a dovere: potremo infatti toccare un’icona a schermo per attivare un power up. Tale power up darà vita a un minigame in cui dovremo tamburellare sul touch posteriore a ritmo per ottenere dei bonus. La ripetitività invece va ad inficiare l’aspetto della longevità. Il campo di gioco, infatti, è piuttosto limitato, e quindi non avremo libertà d’esplorazione. Ogni livello è una sequenza di arene tutte molto simili, e quindi non sarà possibile variare più di tanto. Ciò che spezza la monotonia di questa routine sono le boss fight in cui creature gigantesche metteranno alla prova le nostre strategie di combattimento. Dovremo infatti trovare dei punti deboli e colpire per avere la meglio e avere accesso così allo stage successivo.

 
Il titolo ha anche un comparto multiplayer in cui si potrà giocare in quattro per superare i vari livelli in cooperazione. Ognuno controllerà la sua porzione di esercito, e in questo modo si potranno sconfiggere gli eserciti nemici assieme. Il gioco ha tre livelli di difficoltà e un sistema di premi basato sulle medaglie che può garantire una certa rigiocabilità. Per concludere tutte le missioni occorrono circa 20 ore di gioco, anche se quasi sicuramente la noia sopraggiungerà prima per via della ripetitività dell’azione. 
 
Povertà di dettagli

Anche sotto il profilo tecnico il gioco non brilla di certo. I personaggi e le ambientazioni, infatti, sono molto colorate e vive ma tutte molto ripetitive e piuttosto carenti di dettagli. Anche i fondali sono poveri  e le arene molto spoglie. Il comparto sonoro invece si difende molto bene, con una colonna sonora metal che si sposa perfettamente con le ambientazioni rappresentate, e con effetti sonoro riuscitissimi, davvero ben realizzati. Questo discorso è valido soprattutto nelle scene di mischia, dove le urla e lo stridio delle armi risultano molto credibili.

 

Conclusione

Army Corps of Hell è il classico esempio di come un’ottima idea, se non coadiuvata da una buona realizzazione tecnica, non sempre possa tramutarsi in un buon prodotto. Il gameplay inizialmente diverte molto e dà un certo senso di onnipotenza, ma ben presto annoia per via della ripetitività di fondo. Un vero peccato.
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