Assassin’s Creed: Bloodlines – Recensione Assassin’s Creed: Bloodlines

Tutti sanno come finisce Assassin’s Creed; o almeno, moltissimi sono stati i videogiocatori che al lancio di questo titolo hanno ceduto alla forza attrattiva di grafica mozzafiato, ambientazioni storiche e assassinii nel silenzio.
Di questi, solo pochissimi, infastiditi da una giocabilità a tratti ripetitiva, hanno rinunciato a vivere una storia che come poche altre ha abbracciato quelle che sono state le misteriose e mai rivelate vicende dell’ordine dei Templari: intrighi, tradimenti, segreti pericolosi, sanguinosi giochi di potere. In tutto questo, inserito con una certa logica (anche se non troppo approfondita), un altro ordine, avversario a quello dei Templari, si occupa di contrastarne le azioni e le ambizioni: è la gilda degli Assassini, capeggiata dal gran maestro Al Mualim, che trova in Altair uno dei suoi più abili “esecutori”. Assassin’s Creed (AC), il primo capitolo, narra proprio la storia di Altair, profondo seguace del credo degli assassini e fedele servitore di Al Mualim. Ma tutto cambia e nulla resta com’è: gli intrighi, i tradimenti, i segreti e i giochi di potere non sono un’esclusiva dei Templari.

Assassin’s Creed: Bloodlines (ACB o più brevemente Bloodlines da ora in poi) si presenta proprio come un vero e sacrosanto sequel, nulla più, nulla meno: la storia riprende esattamente dalla fine del primo capitolo, così come la ricerca di Altair. Sotto la guida di Ubisoft, Griptonite si carica di un progetto più che ambizioso e finisce col dar luce ad un titolo che ciascun utente PSP vorrebbe giocare: il condizionale tuttavia è d’obbligo, perché senza aver giocato al capitolo principale, “gustarsi” questo piacevole approfondimento su console portatile diventa impossibile, sia per l’approccio al gioco (è praticamente scontato che si sia giocato al prequel, in quanto persino il tutorial è minimo e realizzato all’ombra del primo AC) sia per i continui e fondamentali riferimenti a situazioni, eventi e personaggi già visti e trattati nell’avventura “principale” di Altair.

Ciò non significa che Bloodlines sia un capitolo secondario o di minore importanza, ma ciò che diventa subito evidente è che se non si è raggiunta la fine di Assassin’s Creed, iniziare questo sequel non ha senso. La soluzione? Considerando l’uscita di Bloodlines, dell’ammirevole cortometraggio AC: Lineage e del nuovo (e attesissimo) Assassin’s Creed II, correte a comprare il primo.


Lo stile di Assassin’s Creed rimane intatto; così come la letale lama di Altair…

Altair è tornato a portarci via

Tutti sanno come finisce Assassin’s Creed; o almeno, tutti quelli che lo hanno giocato. Il problema principale di Bloodlines è proprio questo: senza il suo capitolo precedente è incapace di raccontare la sua storia. Per quanto è ovvio che un sequel abbia bisogno del suo prequel per esprimersi al meglio, ACB non riesce proprio ad esprimere nulla a chi si avvicina alla serie per la prima volta, rivolgendosi troppo e troppo spesso a cose, fatti o persone conosciute in AC. Al Mualim viene a malapena citato, l’oggetto motore della trama si vede appena due volte, non viene mai descritto e non si accenna al suo rapporto con la gilda degli assassini e l’ordine dei Templari; non si sa chi è Armand Bouchart, cos’è la resistenza, perché i Templari sono i cattivi, chi è Maria, chi è Roberto di Sable, qual è l’equilibrio fra le fazioni, chi controlla cosa e in generale niente che sia già stato spiegato nel capitolo precedente. In poche parole, Bloodlines è come se fosse un DLC del primo Assassin’s Creed. È anche vero però che sono stati in molti a giocare a quest’ultimo, dunque i problemi sopracitati non dovrebbero essere di così grande portata.

Passando al gioco vero e proprio, la storia si concentra ancora di più su Altair, uscito vincitore dallo scontro finale contro il suo maestro e con in mano l’oggetto dei desideri ambito dai Templari. In questo sequel l’Assassino inizia la sua lotta personale contro l’intero ordine, decimato dalle imprese dello stesso Altair e guidato adesso da Armand Bouchart, abile e spietato guerriero. Quest’ultimo riorganizza le sue forze militari con la consapevolezza di trovarsi sotto la caccia dei suoi rivali e di dover riconquistare l’oggetto per il quale si sono battuti i suoi predecessori contro Al Mualim. Con un’abilità ammirevole, mette in atto un piano astuto in grado di confondere Altair e depistarlo, riuscendo anche a metterlo in difficoltà in più di un’occasione; l’Assassino si trova a dover fronteggiare le sue domande e le sue incertezze insieme agli attacchi dei Templari, rivalutando più volte quale potesse essere la scelta giusta e cosa fare dell’immenso potere che si ritrova a dover gestire (o nascondere). Prima osteggiato, poi aiutato da Maria, riesce infine ad infliggere un ulteriore duro colpo all’ordine dei Templari, lasciando però tutto in sospeso e finendo dunque con l’aggiungere ad una trama già fitta solo diversi dettagli (ma nulla di definitivo).

Ciò non sta a significare che il finale sia inconcludente nel senso negativo, semplicemente è palese che la storia di Altair non si conclude qui, considerando anche che tra le sue vicende e quelle del “discendente” Giovanni (o il figlio Ezio) Auditore ci sono quasi 300 anni di distanza; e in così tanti anni succedono così tante cose che difficilmente Ubisoft non vorrà raccontare: forse bisogna tenersi pronti a qualche altra avventura di Altair.


Nonostante una ovvia perdita di definizione, sembra davvero il primo Assassin’s Creed

Cosa va…

La grande scommessa di Griptonite è stata sicuramente quella di voler trasferire AC su PSP senza riadattarne la grafica. Pur conoscendo, rispettando e calcolando i limiti della console portatile, Ubisoft e l’intraprendente casa di Kirkland (Washington) hanno voluto sfidare l’impossibile riproducendo senza cambiamenti l’intero gameplay del primo capitolo. I risultati sono più che ottimi: i dettagli grafici sono superati solo da lavori come Metal Gear Solid Peace Walker e God of War Chain of Olympus, mentre le ambientazioni e le strutture sono ricreate esattamente come su PC, PS3 e Xbox 360, piattaforme nettamente più potenti della piccola di casa Sony. Ovviamente non ci saranno cinquanta diversi appigli e sporgenze nella risalita di un edificio, ma l’efficacia è la stessa e una volta sul tetto ci si ritrova comunque fra palazzi di diverse altezze, cumuli di paglia, travi, pontili di legno e tanti altri particolari. La realizzazione grafica di Altair e dei suoi movimenti è praticamente identica, nei limiti ovviamente dei poligoni supportati dalla console: è anche vero che personaggi, guardie, nemici e cittadini vari sembrano alquanto piatti e poco dettagliati, ma considerando l’insieme e l’importanza della scommessa si può certamente ammettere che il lavoro svolto è di ottimo livello; non il migliore su PSP, ma comunque di ottimo livello.

Un altro aspetto positivo è quello della trama, che in Bloodlines procede più speditamente rispetto ad AC e coinvolge maggiormente il giocatore; anche i combattimenti sono più rapidi, mentre si rischia meno di essere scoperti (il che può essere uno svantaggio secondo alcuni, ma sicuramente aumenta la velocità regolare di gioco). Infine, una buona considerazione rimane anche delle missioni principali, capaci quando utile di variare e chiedere al giocatore qualcosa di diverso del normale “infiltrati e assassina”.

…e cosa non va

Più che al gioco stesso, il peggior difetto di ACB coincide (come in tanti altri titoli) con la più grande lacuna dell’hardware di PSP: l’assenza di una seconda levetta analogica e l’insufficiente sensibilità della prima impediscono a qualsiasi gameplay di esprimersi al meglio, costringendo ad una mansione diversa i tasti dorsali e alla obbligatoria rinuncia di varie azioni proprio per la mancanza di tasti. Così, com’era prevedibile, la telecamera viene scomodamente guidata dai tasti Playstation (triangolo, cerchio, croce, quadrato), creando non pochi problemi nelle sessioni furtive che richiedono velocità e immani difficoltà nell’utilizzare adeguatamente i pugnali da lancio, senza contare l’impegno costante e totale del tasto L.

Sempre ai limiti della PSP, ma anche ad un impegno che poteva essere maggiore da parte di Griptonite, è da imputare la scarsità di missioni o la loro evidente brevità: tralasciando quelle veramente principali (ovvero le infiltrazioni nei castelli nemici che si concludono con l’assassinio), nelle altre viene richiesto unicamente di correre verso un obiettivo, ucciderlo e solo talvolta di fuggire ai nemici; azioni che complessivamente possono durare dai venti secondi ai due minuti nel più lento dei casi, ripetute sempre in maniera identica, ed inoltre per un numero troppo esiguo in ciascun blocco di memoria, finendo col ridurre la durata dell’intera storia a davvero poche ore. Se poi si sceglie di evitare questi obiettivi secondari, in un’unica sessione è possibile, se non finire il gioco, almeno raggiungere il blocco di memoria finale: troppo poco, per quello che poteva essere il titolo Ubisoft di punta su PlayStation Portable.


A sinistra, una lama destinata a tingersi di rosso;
a destra, una vita destinata a spezzarsi presto…

Continua a seguire il credo

Assassin’s Creed: Bloodlines continua da dove il primo AC finisce: le sorti del prezioso oggetto recuperato da Altair sconvolgono gli equilibri di potere e continuano a coinvolgere i Templari e le loro ambizioni; il nuovo leader, Armand Bouchart, prima di passare ad un nuovo attacco si veste da preda e attua un piano per sfuggire all’impetuoso Assassino, salvando l’archivio dei Templari nel quale sono celate le informazioni che Altair desidera. Da applausi la scelta coraggiosa di riportare senza modifiche grafica e gameplay 3rd gen, così come fa una splendida figura il doppiaggio originale di Altair, che si conferma una voce adeguatissima al personaggio.

Il finale apre la strada ad un ulteriore capitolo, possibilmente di collegamento con le vicende degli Auditore, si spera più completo, si spera su console di casa. L’esperimento PSP, per quanto apprezzabile, dimostra come un gameplay vasto non possa spostarsi su console portatile. Must have per gli amanti della saga, molto meno per chi non ne è particolarmente attratto.

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