Borderlands Game of the Year Edition – Recensione

Recensito su PlayStation 4

Si narra una leggenda… molte persone la conoscono. La leggenda della Cripta.  Senza volerlo, anni or sono Gearbox Software fece una scommessa. Una scommessa di cui non è a conoscenza, perché riguarda uno dei vostri umili recensori di fiducia, ma che Randy Pitchford e i suoi ragazzi saranno contenti di sapere che hanno vinto: far piacere gli sparatutto a chi gli sparatutto proprio non li digerisce. È riuscita a creare, nel 2009, un videogioco fumettoso e scanzonato che prendeva dai generi sparatutto e gioco di ruolo quello che voleva e ha creato la propria nicchia irreplicabile. Esistono i soulslike ma non esistono i borderlandslike (o borderslike), vale a dire che nessuno oltre Gearbox si è arrogata il diritto di provare neanche lontanamente a replicare la formula di Borderlands, che a oggi è forse l’esempio più fulgido di looter shooter e uno dei migliori giochi cooperativi degli anni duemila. È stato Borderlands 2 a incoronare la serie, vuoi per le naturali evoluzioni o per il suo antagonista, Jack il Bello, ma tutto è partito nel 2009 con Borderlands, che dieci anni dopo vive della sua versione Game of the Year su PlayStation 4, Xbox One e PC.

La Cripta e i suoi primi Cacciatori

I personaggi a cui ci siamo affezionati, che oltre a dare una sferzata di novità al gameplay hanno anche aiutato Borderlands ad essere così energico (oggi più che mai con l’annuncio di Borderlands 3), fanno il loro grande debutto qui, in un autobus sgangherato nelle terre aride di Pandora. Pianeta alieno che si dice nasconda la Cripta, e in essa ricchezza e fama, ha visto arrivare in massa migliaia di persone in cerca di essa, tanto da popolare il pianeta scaldandosi in dei rifugi costruiti alla bell’e meglio. Questi indesiderati abitanti si fanno chiamare Cacciatori della Cripta e hanno una sola regola: non ci sono regole. Lo stesso gioco non si prende seriamente: sono tutti svitati o approfittatori, ma sono diventati i nostri svitati e i nostri approfittatori.

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Gli storici protagonisti (da sinistra): Mordecai, Roland, Brick e Lilith.

Come Marcus, il venditore di armi che pensa solo al proprio profitto ma che nonostante tutto accompagna i quattro Cacciatori della Cripta designati per quest’avventura: Roland (il Soldato), Lilith (la Sirena), Brick (il Berserker) e Mordecai (il Cacciatore) sono ormai di casa, con le loro abilità e frasi uniche. Con Roland avere munizioni sarà una passeggiata, mentre con gli altri personaggi faremo arricchire di più Marcus; Brick potrà contare sui suoi pugni, Mordecai sul suo fucile da cecchino e il suo fedele compagno Bloodwing mentre Lilith – che fa parte di una razza elitaria e distinguibile di donne, le Sirene – ha un potere denominato “andatura di fase”, con cui potrà scomparire e ricomparire con un’esplosione di energia. Le build, la componente GDR del titolo, sono meno varie rispetto a Borderlands 2 semplicemente per via del numero minore di abilità, ma non per questo meno divertenti. In questo capitolo compaiono anche più esemplari di Claptrap, prima che Jack il Bello disattivasse tutti gli assillanti robottini (tranne uno) in Borderlands 2. Che questa sia una cosa positiva o negativa, lo lasciamo decidere a voi.

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Lilith al chiaro di luna.

La versione Game of the Year di Borderlands, proposto solo in digitale e addirittura gratis agli amici PC (per chi possiede l’originale Borderlands) rivitalizza un capitolo della serie destinato alla penombra a causa del fratello maggiore. Passare da PlayStation 3 a PlayStation 4 Pro è fare un vero e proprio salto temporale nella modernità: sulla PS3 Borderlands soffriva di un frame rate poco stabile e modelli grezzi, appena dettagliati, quasi confusi. Tutto questo su PS4 scompare, arrivando a una rimasterizzazione che supporta il 4K, con scenari più nitidi e colorati e che gira che è una meraviglia a 60 fps. I tempi di caricamento risultano dimezzati: da una serie di test, effettuando lo spostamento rapido da e verso gli stessi luoghi su entrambe le console (Arid Badlands e Headstone Mine) il risultato è stato che se la PS3 ci metteva in media 20 secondi, la PS4 ne impiegava 10. Si tratta di un generale miglioramento dell’esperienza che non fa voltare indietro con nostalgia, ma avanti con soddisfazione. Rimane comunque da segnalare un caricamento delle texture a volte piuttosto lento quando il/i personaggio/i si trova nelle vicinanze e che durante la scelta dei personaggi, non essendo più un menu a parte ma in sovraimpressione con Claptrap sullo sfondo che cammina di qua e di là, il gioco risulta laggare pesantemente, salvo poi riprendersi come nulla fosse successo una volta iniziata la partita.

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Belle texture.

Borderlandsdueizzazione (parziale)

Un altro grande cambiamento è una re-inquadratura dell’inventario e la rivisitazione totale dell’HUD, tra cui risalta sicuramente l’inclusione di una minimappa in alto a destra e la possibilità di pari passo di inserire un indicatore personalizzato. La bussola, che era il principale metodo d’orientamento in Borderlands, non è stata sostituita, ma integrata con la minimappa, per cui non c’è più bisogno di aprire il menù appositamente per quello (anche se in modalità co-op risulta essere troppo piccola e quasi disiorentante). Quello che salta all’occhio è che in questa operazione Borderlands si (passateci il termine) “borderlandsdueizzi”, vale a dire che pur mantenendo l’impronta originale esso diventi affine a Borderlands 2 con elementi ormai ritenuti scontati come la minimappa e l’auto pickup, cioè il prendere automaticamente da terra resti, munizioni e soldi rilasciati dai nemici.  Aggiungeteci una gestione delle armi che permette di dividere preferiti e scarti da vendere in massa ai distributori di Marcus e del dottor Zed sparsi per Pandora e capirete quanto il tutto sia pensato per inserire queste migliorie – già presenti nel secondo capitolo della saga – anche nel titolo capostipite.

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La nuova minimappa è preziosa ma insieme al sistema ECHO in due giocatori è un po’ troppo mini.

Questa versione GOTY aggiunge anche la meccanica delle chiavi dorate, chiavi che aprono forzieri speciali che sono diventati una prerogativa nei sequel, e i codici SHiFT, codici che gli utenti possono inserire per ottenere altre chiavi dorate; altra aggiunta è infine la barra con cui possiamo regolare il campo visivo. Persino l’Angelo, personaggio che verrà approfondito nel sequel, ha subito dei cambiamenti in questa versione, venendo inspiegabilmente computerizzata. Il volto dell’attrice (la bella Britanni Johnson) e i suoi capelli al vento sono infatti un lontano ricordo, sostituiti da un pesante effetto digitale e innecessario. In mezzo a tutti questi ritocchi ci sarebbe piaciuto vedere (ma rimarrà un’utopia) un cambio nella gestione della meccanica “lotta per la vita”, in cui a differenza di Borderlands 2 risulta ancora impossibile muoversi quando cadiamo a terra.

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Angelo, cosa ti è successo?

Le novità invece esclusive di questo ritrovato Borderlands consistono in sei nuove armi leggendarie e in una possibilità di personalizzazione prima non prevista, attraverso sei copricapi per ciascun Cacciatore della Cripta. Niente per cui strapparsi i capelli e niente che stravolga il personaggio come accade in Borderlands 2 (che poteva contare su vere e proprie skin): Borderlands si limita a far scegliere tra una palette di colori la sfumatura del vestito originale. Per l’occasione Gearbox ha deciso di ritoccare anche il boss finale della campagna principale, modificandone la difficoltà perché ritenuto troppo semplice dalla community anche se, purtroppo, non hanno similmente toccato l’antagonista principale del titolo, uno dei punti deboli del gioco originale perché sottosviluppato.

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Pandora, terra colonizzata.

Il cuore di Borderlands era (e rimane) l’esperienza cooperativa, che si conferma anche in quest’occasione l’elemento fondamentale per elevare questo dissacrante videogioco ibrido. Pandora semplicemente non offre lo stesso divertimento ai lupi solitari e la split-screen (appannaggio delle console) può uscirne soltanto che rafforzata da un aumento delle prestazioni. Tuttavia, ci preme segnalare qualche piccolezza che ci ha lasciato straniti, soprattutto alla luce della borderlandsdueizzazione del titolo. Non ci spieghiamo come gli sviluppatori non abbiano incluso un sistema per dar modo a un giocatore di unirsi a una partita locale in corso (bisogna infatti ritornare al menù iniziale e fare l’accesso insieme) oppure come in due giocatori la cut-scene iniziale, dove viene introdotta la storia e vengono presentati e poi scelti i personaggi, risulti mancare completamente, facendo scegliere i protagonisti dal menù iniziale (alla cieca) e portandoli all’istante alle Arid Badlands. Non abbiamo compreso questa scelta singolare, dato che nella versione PS3 entrambi i giocatori sceglievano senza problemi i personaggi sull’autobus durante la regolare cut-scene.

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I copricapi aggiuntivi ci mostrano anche come in co-op la grandezza dell’inventario sia stata equilibrata.

Il problema più grave dell’avventura cooperativa è un bug che colpisce l’implementazione nel menù del sistema preferiti/scarti. Il problema si presenta quando entrambi i giocatori si trovano nel menù e un giocatore sconfina nel menù del compagno: nel premere il tasto adibito per la sopra citata funzione (l’analogico) si finisce con il bloccare o impilare i propri scarti in quelli altrui, con conseguenti scuse e corse ai ripari. Va da sé che almeno per ora, in attesa di una patch, solo un giocatore alla volta può fare queste pulizie di primavera. Il gioco non è esente da qualche bug minore, come da tradizione Gearbox, che sparisce sì ricaricando la partita, ma che dimostra come la compagnia, forse presi dal turbine di Borderlands 3 (pubblicizzato in maniera piuttosto pacchiana nel menù iniziale) abbia compiuto una borderlandsdueizzazione parziale, nel senso che non ha avuto la stessa cura per tutti i (tanti) dettagli che compongono Borderlands.

È come a Natale

Il primo Borderlands, insomma, aveva allora e ha oggi diversi meriti che lo rendono degno come e quanto di essere apprezzato come il secondo di maggior successo, a cominciare dai contenuti DLC, convenientemente inclusi in quest’edizione decennale: l’Isola degli zombie del Dr. Ned (che non è assolutamente il Dr. Zed con un paio di baffi), contenuto in salsa zombie e licantropi, Le arene di Mad Moxxi, L’armeria segreta del Generale Knoxx, che ha il compito di introdurre la figura di Athena, che rivedremo in Borderlands: The Pre-Sequel e il primo raid boss della serie; c’è infine La nuova roboluzione di Claptrap, che è un continuo ufficiale dell’avventura principale, in cui il nemico è nientemeno che un Claptrap!

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Zombie, motori roboanti e robot ninja sono solo alcune degli elementi che troverete nei DLC inclusi.

Oltre ai contenuti aggiuntivi, ormai diventati parte integrante di Borderlands, ci sono alcune aree tra le più affascinanti mai apparse nella serie come Old Haven, vecchia città abbandonata ora preda dei Crimson Rider, i promontori eridiani che attraverserete con l’obiettivo di arrivare alla Cripta stessa e tutte le fondamenta che hanno cementato la serie targata Gearbox e che oggi costituiscono Pandora come la conosciamo. Il tutto impreziosito da un doppiaggio italiano forse anche superiore a quello originale, che contribuisce a rendere un gioco insensato ancora più sballato ed esilarante. Come dice l’intramontabile Roland, “È come a Natale”: Borderlands Game of the Year Edition è un piccolo regalo di Natale in anticipo rispetto al ruolino di marcia, inaspettato ma gradito.


Con dieci anni sulle spalle (che non sono pochi, nel medium) Borderlands ritorna su current-gen nella sua Game of the Year Edition e sembra non essere invecchiato di un giorno, modernizzato per essere più vicino al titolo più fruttuoso di Gearbox Software, Borderlands 2, offrendo momenti e personaggi indimenticabili oltre che longevità e migliaia di armi disponibili, con novità che oggi possiamo ritenere scontate come una minimappa. Da vari test effettuati appare chiaro come il sole come il primo Borderlands necessitasse di un aumento di risoluzione e fluidità. Fornito insieme a piccoli bonus, il caro vecchio Borderlands si porta dietro qualche problemino, in primo luogo per la co-op, nucleo del titolo, ma rimane il capostipite importante di una serie unica nel suo genere. Gli unici, veri “borderslike”.

8

Pro

  • Edizione migliorata e più fluida
  • Completo di DLC e piccoli extra esclusivi
  • HUD rivisto e inclusione della minimappa
  • Sempre divertente, soprattutto in co-op
  • Ci sono più Claptrap

Contro

  • Qualche problema di caricamento texture
  • Qualche bug, tra cui lo sconfinamento del menù in 2 giocatori
  • Incertezze co-op da limare
  • Il "nuovo" Angelo non ci piace, lotta per la vita intoccato
  • ... Ci sono più Claptrap
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