Breath of Fire II – Recensione Breath of Fire II

Breath of Fire II è il secondo capitolo della saga RPG della Capcom, uscito nel 1995 su Super Nintendo.
Con l’avvento del Game Boy Advance sul mercato si è verificata una vera e propria corsa ai porting, e i soggetti più comuni sono stati quei giochi dalla qualità medio-alta usciti sulla console a 16 bit Nintendo.
Si presuppone ad ogni modo che, in occasione di un porting, la rispettiva software house apporti delle migliorie al prodotto originale che diano ulteriore senso al prodotto.
Vediamo cosa è accaduto con questo titolo.

Il Prescelto

La storia di Breath of Fire II presumibilmente prende luogo circa 500 anni dopo il primo capitolo (anche se di norma i capitoli della serie non sono mai collegati direttamente).
Il protagonista è, ancora una volta, un ragazzo dai capelli blu di nome Ryu. Egli vive insieme al padre Ganer e la sorella Yua nel villaggio di Gate. Nel mondo è ricorrente il culto di St. Eva, una Dea del bene le cui qualità sembrano assomigliare abbastanza al Dio iconoclastico cristiano.
Ma quanto della dottrina d St.Eva è verità? Fino a che punto il divino rimane nella sua sfera ultraterrena?
Ryu, in seguito ad un incontro ravvicinato con una misteriosa creatura maligna, intraprenderà un viaggio spinto da varie situazioni che si verranno a trovare e, come di consueto, incontrerà diversi personaggi, spesso di diverse razze, che si uniranno a lui.
La storia di questo gioco ha alcuni spunti interessanti, tra cui diversi finali disponibili: possiamo dunque affermare che sia uno dei massimi punti di forza di questo gioco.
Tra i temi troviamo anche quello religioso, con falsi dei e sotterfugi di chiesa. 
Delude invece sul piano dello script writing: la traduzione inglese del gioco originale soffriva di diversi errori, da quelli grammaticali alle indicazioni sbagliate di alcuni NPC nelle città.
Data l’occasione del porting sarebbe stato corretto da parte della Capcom rivedere i dialoghi.

Draghi 2D

Fortunatamente dal punto di vista visivo ci sono stati alcuni ritocchi degni di nota. I colori sono più vivaci e la loro varietà è più alta rispetto all’originale su SNES. Le animazioni dei personaggi sono state arricchite da frame aggiuntivi e persino gli effetti speciali degli incantesimi sono stati ritoccati con qualche effetto extra. Gli avatar nelle finestre di dialogo sono stati ridisegnati e aggiungono personalità ai personaggi.
La grafica del gioco dunque non è male, anche se nelle schiere di giochi per GBA c’è di meglio.

Mutazione sciamaniche

Se si considera la data di uscita del gioco non si fa fatica a immaginare che anche il gameplay si possa definire "d’altri tempi", decisamente classico.
Ryu deve viaggiare da una città ad un’altra tramite una mappa generale, superare dungeon e confrontarsi con dozzine di incontri casuali. Le battaglie si svolgono nei canoni dei giochi di ruolo: i turni vengono assegnati a seconda della velocità dei personaggi e si possono fare le classiche azioni come Attacco, Magia, etc.
I personaggi presentano un’abilità peculiare per ciascuno che contribuisce (oltre alle loro statistiche) a differenziarli.
Una delle poche cose degne di nota è lo Unitine System, attraverso il quale è possibile "unire" il proprio party ad uno o più Sciamani che il giocatore incontrerà attraverso il gioco. Non in tutti i casi ci saranno effetti pratici immediati, un determinato personaggio potrebbe essere incompatibile con uno specifico sciamano e restare privo di nuove potenzialità, in altri casi invece non mancherà di moltiplicare la sua rosa di abilità; ma la vera convenienza emerge quando la compatibilità con determinati sciamani è alta, in quel caso il personaggio subisce una trasformazione che lo rende decisamente più forte.
Vale quindi la pena cercare nel mondo tutti gli sciamani possibili (anche quelli segreti) e provare varie combinazioni di party e fusioni di sciamani.
Come mini-gioco troviamo la gestione di un villaggio che verrà abitato da alcuni NPC disponibili nelle varie città del mondo che per un motivo o per un altro saranno disposti a ‘traslocare’. A ognuno sarà necessario assegnare una mansione, che renderà determinati risultati utili per il gioco, come la creazione di oggetti etc.

Stesso gioco, stessa musica

Anche sul piano del sonoro Breath of Fire si attesta su livelli starndard, anche troppo. La maggior parte delle tracce della colonna sonora possono risultare carine, ma dopo un po’ finiscono inevitabilmente per diventare ripetitive e a volte fastidiose. Ci sono alcuni brani che spiccano per qualità, ma sono solo una piccola minoranza.
Anche qui la Capcom avrebbe potuto optare per un miglior lavoro di riarrangiamento. Gli effetti sonori fanno egregiamente il loro dovere, dai rumori degli attacchi a quegli delle magie.

Il cerchio si chiude

L’avventura di Breath of Fire impiegherà circa una ventina di ore per essere portata a termine; per essere un gioco di una certa età non è male. Ci si può sbizzarrire nella ricerca degli sciamani e nella gestione del proprio villaggio, ma sempre a livello di side-quest.
A seconda di alcune adempienze del giocatore si può giungere a differenti finali della storia, ma vale la pena provare a sbloccarli tutti.

Per concludere

Breath of Fire II trova i suoi difetti principali essenzialmente nell’essere un porting poco curato. Si ha l’impressione che la Capcom abbia preso il gioco originale e lo abbia sbattuto nelle cartucce del GBA, con qualche ritocco minimale, e abbia aspettato il guadagno.
Nonostante questo il gioco in sé rimane un affascinante classico, con una storia dagli spunti interessanti e una buona atmosfera. Gli amanti della saga e chi non disdegna gli RPG classici lo troverà senza dubbio piacevole.

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