Girl Fight – Girl Fight

Botte e pupe

Sono passati ormai trent’anni dall’uscita del glorioso Karate Champ, uno dei primi, riusciti tentativi di creare un picchiaduro giocabile e abbastanza complesso. Da allora questa nicchia di mercato si è estesa grazie a innumerevoli prodotti dello stesso genere, più o meno riusciti, tra cui veri e propri giganti che hanno dato vita a saghe longeve e di successo come Mortal Kombat, Dead or Alive e l’intramontabile Street Fighter. In mezzo a tali eccellenze, capita che piccole compagnie di sviluppo decidano di tentare la stessa strada con produzioni a basso costo, ricche di inventiva ed entusiasmo, talvolta creando piccole perle. Altre volte accade che il prodotto finale sia pessimo, anche senza tenere conto della concorrenza esercitata da titoli meglio riusciti dello stesso genere. Tentando di inserirsi nell’ambiente dei picchiaduro disponibili online la  Kung-Fu factory, autrice di Spartacus legends e Hello Kitty seasons, ha sviluppato quello che sembra voler far più leva su adolescenziali pruriti ormonali, piuttosto che su combo e giocabilità.

 

 

Come ti picchio nel Matrix

La storia del titolo della casa californiana (distribuito da Majestic e Microprose) vede otto lottatrici trasformate in impulsi informatici catturate da un’organizzazione intenzionata a farle lottare in arene digitali, dentro una dimensione parallela in stile Matrix. Lo scopo delle procaci pulzelle, dotate di poteri paranormali e di una spiccata predisposizione alla rissa, sarà quello di giungere al combattimento finale con l’intelligenza artificiale creata dall’organizzazione, la cui sconfitta permetterà alle nostre lottatrici di poter recuperare la forma umana. Il plot non sarebbe neanche tanto male, soprattutto in un genere videoludico che di solito non ha nella trama il suo punto di forza, ma è stato sfruttato in modo superficiale, con una pressoché inesistente caratterizzazione dei personaggi e la totale mancanza di scene animate o filmati. 

 

 

Ma che bel paio di…poteri psionici

Dal punto di vista tecnico, almeno vedendo i primi screenshots e filmati rilasciati, Girl fight sembrava almeno sufficiente, specialmente per una piccola produzione come questa. Lottatrici abbastanza ben definite, dai costumi procaci che evidenziano notevoli stacchi di coscia, qualche raro fondale decente e interessanti effetti stilistici per sottolineare la dimensione parallela dello scenario. Il problema è vedere tutto questo in movimento: animazioni legnose degne del primo Mortal kombat (ma lì almeno eravamo nel 1992), scenari monotoni e privi di particolari, collisioni imprecise ed espressività facciali da statua di cera. A giudicare dalla cura messa nei costumi delle lottatrici, in vari artworks soft-core e sugli algoritmi di gestione degli sballonzolamenti anatomici, gli sviluppatori sembrano voler tentare la stessa strada di Rumble Rose e Dead or Alive, ma il confronto è semplicemente improponibile: lì almeno le procacità femminili erano un’aggiunta ironica a un comparto tecnico, sonoro e di giocabilità di tutt’altro livello. Anche dal punto di vista sonoro questo titolo si assesta a malapena a livelli di sufficienza, tra la berciante voce dell’intelligenza artificiale, che introduce i round, e varie musiche elettro-dubstep (un misto di reggae, beat, drum’n bass nato dalla scena underground londinese nei primi anni 2000) abbastanza riuscite, ma a lungo andare stancanti e poco varie.

 

 

Il Dead or alive dei poveri

Se dal punto di vista tecnico sfiora a malapena un voto mediocre, dal lato della giocabilità, molto importante per qualsiasi prodotto di questo genere, le cose vanno molto peggio. Le premesse di base sono le stesse di ogni picchiaduro: Arcade, Versus, Online, Tutorial, Allenamento, più varie opzioni per utilizzare i punti accumulati e sbloccare nuovi costumi, poteri, artworks, biografie e lottatrici (all’inizio potremo usare un solo personaggio). Prima di ogni round potremo selezionare due poteri speciali, che variano dall’invisibilità, alla possibilità di fare danni doppi e recuperare energia, fino ad un aumento della difesa, ma il loro coinvolgimento nelle lotte è quasi nullo. Le avversarie, infatti, sembrano attaccarci ciecamente, senza il minimo stile o tattica, rendendo inutile l’allenamento e la ricerca di uno stile personale di combattimento. Lo stesso sistema, tra l’altro basato su pochi colpi e qualche legnosa combo, è una copia malriuscita del Triangle system di  Dead or alive. A intristire ancor di più la situazione troviamo errori paradossali (a che serve poter cambiare personaggio durante la partita, se per farlo bisogna comunque ripartire dall’inizio?), una risposta ai comandi imprecisa, collisioni che sembrano dettate dal caso, e una scarsa scelta di personaggi tra solo otto lottatrici, di cui, come dicevamo, solo una inizialmente disponibile. Il titolo di Kung-Fu factory, dunque, affonda proprio dove un picchiaduro dovrebbe avere i suoi punti di forza: giocabilità, numero dei lottatori, precisione e varietà del sistema di controllo.

 

 

Chi di botte ferisce…

Già dal logo iniziale, in cui una procace lottatrice sembra volersi slacciare la parte superiore dell’ingombrante biancheria, rivela il target a cui vuole rivolgersi e il tentativo degli sviluppatori di creare il fratellino minore di Dead or alive. Con la sua giocabilità inesistente, i controlli pessimi, le poche lottatrici, il comparto tecnico a malapena accettabile, questo titolo esce completamente sconfitto dalla prova, anche senza volerlo paragonare ai suoi inarrivabili concorrenti di Midway, Tecmo e Capcom. Triste vedere il glorioso nome della Microprose, attivissima in molti capolavori sin dai tempi del leggendario Spectrum, associato a un prodotto simile, la cui pessima realizzazione è resa ancora più incomprensibile dal fatto che ormai siamo in un’epoca videoludica in cui è molto difficile scendere al di sotto della mediocrità. Nonostante il basso prezzo in cui è disponibile sui rispettivi store online, il titolo Kung-Fu factory manca totalmente di interesse anche per il più irriducibile appassionato di picchiaduro in piena crisi di astinenza. 

 
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