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Hotline Miami

Febbraio 21st, 2015 Giorgio Crosali
Recensione di Giorgio Crosali pubblicata il 14/01/2013

“Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo”.

Questa citazione è uno dei pochi modi con cui si può spiegare Hotline Miami, dall’idea “malata” (o geniale?) che l’ha concepito, al gioco stesso in ogni sua parte. Raramente nella storia dei videogiochi si è assistito a qualcosa di così gratuitamente cruento e apparentemente senza logica, al punto che molti l’hanno descritto come “ciò che i creatori di GTA non sono riusciti a fare”, e concordiamo davvero pienamente.

Disagio

Cos’è Hotline Miami? In termini comuni, se ne potrebbe parlare come un gioco d’azione bidimensionale con telecamera a volo d’uccello, dall’aspetto volutamente retrò e che pare un omaggio alle produzioni a 8 bit di altri tempi. Realisticamente invece, è sicuramente il frutto di un trip a base di lsd, talmente allucinogeno da coinvolgere in esso anche il giocatore, e senza bisogno di “ingredienti” aggiuntivi. Il solo avvio del gioco conferma quanto detto, mostrandovi un menù dai colori sgargianti dal look anni ’80 che si muove con una lenta musica chiptune, quasi a voler dare un senso di allegria. E poi si inizia il gioco: oscurità. Tutto ciò che c’era di allegro apparentemente sparisce, per potervi introdurre alle dinamiche del gioco, ovvero uccidere. Uccidere, nel modo più rapido e cruento possibile. Questo è ciò che dovete fare lungo i livelli, strutturati come giornate di vita di un evidente killer: vi svegliate nel vostro appartamento, rispondete al telefono, dove frasi allusorie vi indicheranno la meta del prossimo bersaglio, ove dirigervi e fare fuori tutti, indossando una maschera animalesca per camuffare la vostra identità. E l’allegria riprende, nel modo più assurdo possibile: tornate a vedere sfondi pulsanti di colori appariscenti, e la telecamere balla insieme ai vostri spostamenti mentre vi muovete rapidamente di stanza in stanza, accompagnati da ritmi musicali pulsanti e violenti. Un mix disturbante, che porta quasi a essere intimoriti da se stessi nel momento in cui ci si rende conto di quanto tutto ciò sia divertente.

Ultraviolenza

Rapidità d’esecuzione e cruenza generalmente non vanno di pari passo, ma in Hotline Miami non è solo possibile, è necessario: è un gioco “hardcore”, dove basta essere colpiti da un singolo colpo di arma (da fuoco o meno) per morire, costringendovi a ripetere lo stage dall’inizio. Per riuscire a completare un livello ci sono due vie: uccidere nel modo più rapido possibile con le armi, o prendere i nemici uno alla volta, cercando di non essere individuati mentre li avvicinate, metterli k.o. con un pugno o lanciandogli addosso l’arma, e poi finirli. Entrambi gli approcci sono premiati, e qualunque strada scegliate sarà sempre e comunque una carneficina, con crani frantumati, budella sparse, arti mozzati e quanta più sangue possibile consentano i pixel. Esistono anche altre interazioni, come ad esempio prendere il nemico di spalle per poterlo usare come scudo umano, ma generalmente è difficile usare approcci del genere e risulta più semplice cercare di eliminare il nemico più in fretta possibile.
Nonostante la difficoltà, non appare affatto frustrante: la rapidità è la chiave, e i livelli non sono mai così grandi da tediare ogni volta che si fallisce, ed anzi, la struttura arcade del gioco spinge a migliorarsi di continuo per ottenere un miglior risultato finale. Certo, man mano che si prosegue le cose diventano più difficili e i livelli più grandi, ma se così non fosse non esisterebbe una sfida crescente.
Parliamo di più di maschere e armi: all’inizio di ogni missione va scelta una maschera, le quali vengono sbloccate di livello in livello, raccogliendole nella mappa o soddisfacendo certi requisiti. Ogni maschera ha un suo bonus, ad esempio una rende i pugni del giocatore mortali ed un altra lo fa correre più veloce. Ci sono anche maschere che danno malus, per aumentare la sfida ove il giocatore lo desideri. Per quanto concerne le armi invece, lo sblocco avviene accumulando punti, e vengono generate casualmente in determinati punti nelle mappe; ogni stage inizia a mani nude (salvo che non indossiate una maschera che prevede un’arma di partenza), e difficilmente troverete due volte di fila la stessa arma nel punto dove l’avete raccolta in precedenza. Di fondo, è anche la cosa di cui preoccuparsi meno: un colpo di qualsiasi arma è mortale, l’unica differenza è nell’esecuzione.

Acidi

Come gioco, Hotline Miami è tutto qua. Possiamo sottolineare ulteriormente come l’azione sia accattivante, ma l’esperienza completa non è definibile con frasi standard da cui trarre dei voti per formare una semplice summa di pro e contro. Il diavolo è nei dettagli, e ci vuole attenzione per cogliere le sottili citazioni di questo gioco e trovare il senso alla trama, che pare irrilevante ma in realtà si lascia ad un’interpretazione soggettiva come accade nel cinema per i film di Tarantino o Kubrick. Non è scontata, non è banale, non è stupida, ma non è nemmeno chiara, e come solito è il viaggio che conta. Ciò che questo gioco lascia non è cosa uguale per tutti, e non è un gioco per tutti i palati. È ovviamente inadatto alle persone più sensibili, ed è una produzione estremamente amatoriale che richiede una buona dose di volontà per andare oltre alle apparenze e alle vestigia vetuste. Inoltre non è esente da difetti: ci sono diversi bug sia strutturali (capita ad esempio di trovare nemici che escono dall’area di gioco) che di servizio – vedi il supporto di Steamworks che non funziona correttamente, l’impossibilità di giocare in finestra, il pessimo controllo con il pad.
In queste situazioni non esistono vie di mezzo: o lo si ama, o lo si odia.

  • Tags
  • Devolver Digital
  • Hotline Miami
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Giorgio Crosali

Impegnato a ignorare i giochi popolari, rovinare il proprio fegato, portare Gamesource in giro per le fiere italiane e viaggiare per il mondo in cerca di giochi sconosciuti da spacciare per capolavori.

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Testata Giornalistica su Autorizzazione del Tribunale di Milano n.404 del 20/12/2013
Direttore Editoriale: Jgor Masera | Editore: Marco Martinelli
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