Mad Max – Recensione

Mad Max

E il naufragar m’è dolce in questo mare… Di sabbia

Il brand di Mad Max è sicuramente il protagonista di questo 2015. Certo, questo è anche l’anno del ritorno di Jurassic Park – con relativo clamoroso successo al botteghino – e di Star Wars – il cui settimo capitolo non mi fa dormire la notte tanto lo attendo – ma senza dubbio rivitalizzare una IP australiana dormiente da trent’anni e ricavarci un film e un videogame tripla A nel giro di un anno è stata una mossa non da poco per Warner Bros. George Miller ha infatti magistralmente diretto Fury Road qualche mese fa, uno dei migliori film d’azione degli ultimi vent’anni, una scarica di adrenalina che ormai ha portato il mondo post-apocalittico nato con Interceptor nel cuore di tutti i fan del genere. E anche di molti altri, fino a quel giorno ignari anche solo dell’esistenza del marchio. Non solo il filmone però: chi bazzica gli ambienti videoludici sapeva da tempo di un altro progetto, non meno importante, legato a uno dei primissimi lungometraggi di Mel Gibson, ovveroMad Max, il gioco.

Nel momento dell’annuncio del titolo da parte di Warner Bros., la comunità videoludica ha inizialmente fatto spallucce. Credetemi, io me ne intendo, solitamente le trasposizioni giocose dei grandi film di Hollywood – i cosiddetti tie-in – si sono sempre rivelati dei disastri ambulanti in passato, con esempi infiniti tra i quali The Matrix e Harry Potter I Doni della Morte. Budget risicati e spesi in gran parte per l’acqusizione della licenza, diluzione di una trama di 2-3 ore massimo in un videogame di almeno il doppio della durata, studi di sviluppo di secondo livello: i tie-in risultano di solito dei fallimenti. Tuttavia, le premesse di Mad Max sono andate migliorando di momento in momento, apprendendo nuovi dettagli.

Ah, è stato abbandonato lo sviluppo su old-gen? Mmh.

Ah, non seguirà la trama di Fury Road, ma sarà solo ambientato nel suo mondo? Mmh.

Ah, a svilupparlo ci sarà uno studio maestro di open world (Just Cause vi dice niente?) come Avalanche Studios? MMH.

Amazing Vistas Simulator

A quel punto ho rizzato le orecchie definitivamente: al timone di questo gioco infatti c’è il team che creò il primo Just Cause, mentre il nuovo gruppo con sede a New York si sta occupando di Just Cause 3(sono carichissimo anche per quello, ndr). I collegamenti con il titolo di Rico Rodriguez sono tanti ed evidenti, a partire dalla maestria nel realizzare enormi mondi esplorabili, ricchi di carattere, dettagli e dalla realizzazione grafica di prima classe. Mad Max per poco non guadagna la palma di open world più bello da vedere che abbia mai giocato – InFamous: Second Son mi viene alla mente – ma sicuramente è il titolo con i più bei panorami su cui abbia messo i polpastrelli, a pari merito forse con il sempre recenteThe Witcher 3. Le skybox, le distese di sabbia, rocce e nuvole, costellate da relitti di navi o scheletri di balena (il mondo di Mad Max è ambientato nel letto di quello che un tempo era un mare) e le pompe di petrolio di Gastown che bruciano all’orizzonte: uno spettacolo, davvero. Il motore grafico mostra versatilità anche nella gestione dell’illuminazione, in grado di rendere il ciclo giorno/notte uno dei più spettacolari mai visti. Inoltre, le prestazioni sono – su entrambe le console – ottime e gli sporadicissimi cali di frame-rate non inficeranno per nulla la vostra esperienza di gioco.

Al di là della grafica, Mad Max come dicevo non è legato direttamente né con Fury Road né con la trilogia originale, ma prende ispirazioni, location e stile da entrambe le fonti. Avalanche ha inventato il suo, neanche troppo silenzioso, Max e bisogna dire che da un punto di vista artistico questi ragazzi svedesi hanno fatto un lavoro stupendo: oserei dire che il mondo post-apocalittico di questo titolo è la perfetta mediazione tra lo stile over-the-top del film del 2015 e quello forzatamente low-budget degli originali. In tutto questo c’è anche una storia, ma sinceramente non vi servirà a molto: sì, esiste un filo conduttore di Max lanciato verso la liberazione del Grande Bianco dai signorotti locali, ma si dimostra essere solo un collante tra una spedizione e un’altra alla ricerca di risorse e nuove – ispiratissime – località da visitare.

Ogni angolo, ogni insediamento, ogni livello dimostra una cura certosina da parte degli sviluppatori, tanto da rendere quello che – apparentemente – è un deserto, un esteso e interessante mondo di gioco.


Il Sublime videoludico

Mondo che, prevalentemente, girerete in auto. E meno male, visto che il traversal system a piedi è nettamente la parte peggiore del gioco, mi sento di aggiungere. Immaginate la mappa di Mad Max come una tovaglia ricca di macchie. Come in tantissimi open world prima di lui e come in moltissimi sicuramente verranno dopo, le macchie corrispondono alle icone, le quali rappresentano insediamenti da depredare di rottami (la currency del gioco, utile per acquistare potenziamenti per Max, l’auto e le “basi” dei leader che ci ospiteranno durante la storia), luoghi d’interesse, missioni secondarie, i tostissimi Accampamenti nemici da conquistare simili alle basi di Far Cry e corse a perdifiato per le distese di sabbia. Il fulcro del nostro tempo nel gioco lo spenderemo quindi così, con mini-compiti da portare a termine, magari non sempre originali e forse un po’ ripetitivi, ma davvero divertenti. Perché il sistema di combattimento, mutuato come ormai tutti fanno da quello inventato da Rocksteady per i suoi Batman, funziona alla grande e la notevole varietà di nemici fa la differenza; perché ogni scontro contro altre vetture ci permetterà di sfruttare l’arsenale della Magnum Opus (l’Interceptor farà una brutta fine dopo pochi minuti…) in emozionanti lotte tra lamiere e pnetumatici e perché ogni tanto arriveranno le tempeste di sabbia o le sfide con i mini-boss a scombussolare le cose.

Tutto ciò, immersi ancora una volta nello splendido comparto grafico di Mad Max, in grado di rendere ogni sessione di guida un piacere. E Mad Max è un piacere da giocare; non vedo l’ora di riaccendere la PS4 e continuare la mia missione nel ridurre l’influenza nemica sulla mappa, godendomi qualche sana ora di sgommate e salti epici, accompagnato dagli inconfondibili accenti australiani dei protagonisti (certo che Warner poteva anche prendersi la briga di doppiarlo un gioco dal budget simile…).

Ben lungi da essere perfetto, Mad Max è un’esperienza profonda che consiglio a tutti gli appassionati del genere e dei mondi sci-fi. The Witcher 3 ha settato un nuovo standard per le side-quests, è vero. Shadow of Mordor (gioco con cui Mad Max condivide molto) ha innovato con il Nemesis System, che tra l’altro ci sarebbe stato da Dio anche qui, è vero. Metal Gear Solid V ha invece posto l’accento sempre in questi giorni su miriadi di approcci diversi per le missioni di un open world. Mad Max invece, se escludiamo la gestione dell’acqua e del carburante forse, non porta nulla di nuovo sulla tavola e non regala neanche attimi di narrazione superlativi, anzi.

Tuttavia, i suoi personaggi, i suoi luoghi, i suoi pugni, le sue accelerazioni mi sono già cari, come l’Ermo Colle di Leopardiana memoria. Vagare per le terre desolate, scoprire un passaggio tra due rocce e trovare una poltrona affacciata sull’abisso, sul “Sublime”, del Viandante sul Mare di Nebbia di Friedrich, è un’emozione che pochi giochi mi hanno permesso di provare e Mad Max è in queste cose che mostra le sue indubbie qualità.

 Siccome la copia ci è arrivata un attimo in ritardo causa problemi logistici nostri, ho avuto modo di leggere qualche parere internazionale su Mad Max, molti dei quali lo criticavano abbastanza pesantemente, tacciandolo di essere noioso e banale. Quanto mi sbagliavo a partire prevenuto! OK, mi piacciono molto gli open world e mi piace ancora di più il brand di Mad Max, ma mi sono divertito un casino. Certo, se cercate nuove frontiere del gameplay, guardate altrove. Uno dei migliori tie-in cinematografici di sempre.
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