Metal Gear Acid – Recensione Metal Gear Acid


La storia continua

Sono passati più di 20 anni da quando la saga Metal Gear ebbe inizio su MSX, con un capitolo capace di rivoluzionare il mondo dei giochi grazie ad una nuovissima componente stealth che ne decretò difatti l’enorme successo. Da allora il capolavoro di Hideo Kojima guadagnò sempre più fama sino a diventare la pietra miliare e un modello esemplare per tutti. Soprattutto dopo l’approdo su Playstation, con il fortunatissimo Metal Gear Solid, la saga si è mantenuta su livelli di trama e giocabilità altissimi (ai quali si sono ispirati numerosi titoli “concorrenti”) riuscendo perfettamente nella conversione su PS2. Come se non bastasse, l’ulteriore sfida di Kojima è stata proprio quella di passare a PSP, per la quale un “solito” Meta Gear Solid sembrava non essere nelle intenzioni del genio giapponese. Ecco allora una sorta di ritorno alle origini, nel quale il titolo perde il suo “Solid” per cambiarlo in “Ac!d”: il protagonista è ancora lui, l’eroico Solid Snake, ma il resto è tutto una sorpresa.

Chi è Hans Davis?

Ripartiamo da zero: probabilmente è questo quanto Mr. Kojima debba aver pensato di fare con Metal Gear Ac!d (da ora anche Acid o MGA); ma nessuno meglio di lui sapeva quanto sarebbe stato faticoso e rischioso. L’unica soluzione era dunque apportare diverse innovazioni senza troncare con il passato. Resta la componente “intrighi e misteri”, forse più presente qui che nel resto della saga e capace di far girare la testa ai giocatori, in balia di una storia fin troppo complessa. Protagonista di queste vicende sembra essere il nostro Solid Snake, o almeno questo è il nome con il quale si presenta all’inizio della storia; a coordinarlo però non c’è il solito Roy Campbell, ma uno sconosciuto Roger McCoy, presunto amico del precitato colonnello. La causa che rende necessaria la missione di Snake è il dirottamento di un aereo (con a bordo il candidato presidente USA Viggo Hach) sul quale è stata installata una bomba a tempo: la richiesta dei terroristi è Pythagoras, un progetto sul quale si conosce poco o nulla.
E’ così che Snake è costretto a recarsi in Moloni, un paese frequente vittima di numerose guerriglie interne, dove si trova il laboratorio di Lobito: questo è di proprietà della BEAGLE, una società multinazionale molto potente che, a dispetto della propria fama pubblica, gestisce loschi traffici militari. Il compito di Snake è quello di infiltrarsi e trovare il Dr. William Flemming, custode e creatore di Pythagoras, ma a complicare il tutto troviamo le truppe di Leone, ex-soldato americano adesso al comando di un esercito di mercenari, ingaggiato da un ignoto anch’egli per ottenere l’ambito progetto.
Snake inizia la missione consapevole delle proprie capacità ma anche dei propri limiti: infatti si ritrova immerso in un incarico totalmente oscuro, del quale non ha nessuna informazione e nessun indizio: ne ottiene uno solo nel momento in cui incontra Gary Murray, un fuggiasco che sembra conoscere l‘ubicazione di Flemming, ma proprio quando Snake la raggiunge inizia la vera trama del gioco. Stranamente, un terminale di riconoscimento super avanzato identifica Solid Snake come “Hans Davis”: ciò si spiega solo nei casi in cui il computer sia rotto o Snake sia realmente Hans Davis. Esclusa a priori quest’ultima opzione, il nostro soldato continua fra mille dubbi e incertezze, incontrando fortunatamente Teliko, unica sopravvissuta della squadra speciale inviata sul luogo prima di Snake e la cui missione era tristemente fallita.
La caccia a Flemming continua finché non si scopre l’ardua verità (??): Flemming non è in realtà chi si credeva che fosse, ma soprattutto non lo è nemmeno Snake, che si ritrova ad essere identificato ancora una volta come Hans Davis. Scoperte queste notizie e fortunatamente recuperato Pythagoras, l’obiettivo diventa inseguire Flemming per ottenere il codice di decodificazione del progetto. In questa battaglia Snake dovrà però confrontarsi nuovamente con chi si dimostrerà essere qualcun’altro e lo confonderà ulteriormente, mentre Roger verrà spinto dai suoi superiori a dubitare di lui. Il nostro eroe dovrà venirne fuori da solo, forse con meno carisma di quanto ne abbia dimostrato nelle sue precedenti avventure, in preda a crisi d’identità e sempre più dubbi che lo porteranno ad un passo dal crollo morale. Quanto tutto sembrerà perduto, Snake recupererà fiducia in se stesso, nel Solid Snake che è realmente e sarà pronto a sfidare il solito nemico, che ancora una volta si rivelerà essere l’amato e odiato Metal Gear. Alla fine dello scontro la verità verrà rivelata a più riprese dalle diverse personalità che hanno mosso e controllato gli eventi dall’alto, ma ciò di cui Snake verrà a conoscenza costituirà solo una minima parte di questi eventi.


Collegamenti con il passato

In MGA ve ne sono presenti sia in quanto trama che in quanto gioco. Il fulcro della storia di Acid consiste nel conflitto interiore di Solid Snake con un passato che non ricorda ma che “vuole essere ricordato”. Iniziato da una strana coincidenza, il fantasma di Hans Davis viene coltivato per tutto il gioco sino a renderlo parte integrante di un ignaro e incosciente Snake che ne diviene una vittima quasi inerme. Ogni affermazione su Hans-Snake si adatta sempre di più con quanto il nostro eroe si trova a vedere: in quella posizione diviene impossibile continuare a credere di non essere Hans Davis. Inoltre non saranno poche le volte in cui l’identità nascosta di Snake verrà fuori, manifestandosi chiaramente. Tutto ciò arriva a confondere anche il giocatore stesso e solo alla fine tutti i dubbi ottengono una spiegazione, che rimarrebbe però parziale non rigiocando la storia alla luce dei fatti appresi.
Ma oltre ai collegamenti con il passato di Snake, in Acid esistono anche delle connessioni con i precedenti Metal Gear. Su tutti salta subito all’occhio la presenza del mega robottone bipede capace di sparare missili nucleari: ancora una volta è una questione personale fra lui e Snake, che dovrà toglierne di mezzo l’ennesimo. La battaglia con il Metal Gear è sicuramente la più logorante, forse troppo, considerando che la propria sorte è decisa al 90% dal mazzo scelto prima di iniziare la missione, e dunque ad occhi chiusi. Viene riproposto poi un altro degli elementi più amati da Kojima: i poteri paranormali. Alice Hazel, assistente di McCoy e di Snake in questa missione, è stata assunta proprio in virtù delle proprie capacità sensitive e premonitrici, raccomandate dai servizi segreti americani. Snake, che rimarrà scettico quasi fino alla fine, affiderà la propria sorte malvolentieri a questa ragazzina indovina che mostrerà grande maturità o ridicolo infantilismo ad alternanza, senza mai lasciar parlare troppo di sé. Sicuramente non troppo caratterizzata, sembra quasi improprio affiancare il suo nome a due personaggi storici della saga come Psycho Mantis e The Sorrow, paragonata ai quali Alice ha infimi poteri.
Ma l’elemento che più ha reso speciale la saga di Hideo Kojima e che si ripropone (anche se solo in piccola parte) anche in questo capitolo è quello della metareferenzialità, ovvero il superamento della barriera fra videogioco e giocatore, che porta ad un rapporto diretto con quest’ultimo. E’ come se i personaggi del gioco sapessero di fare parte di un videogame e di essere controllati dal giocatore, rivolgendosi a lui con frasi del tutto esterne alla trama: non stupitevi dunque se nel bel mezzo di una normale discussione Snake si riferirà al proprio nome visualizzato sullo schermo o ad altri elementi puramente tecnici.

Gioca la tua carta, Snake

Veniamo al dunque, affrontando questo particolare sistema di gioco completamente nuovo per la saga, che costituisce una componente determinante per la valutazione globale. MGA deve la sua fama non tanto esclusivamente alla sua appartenenza alla serie Metal Gear, quanto al radicale cambiamento del suo sistema di gioco. Viene messa da parte la tanto amata azione stealth per lasciare posto ad uno strategico basato su turni e azioni preimpostate. Il giocatore avrà a disposizione delle carte con caratteristiche diverse da utilizzare al meglio a seconda dei casi. Tutta l’azione sarà separata in turni, che verranno divisi fra i personaggi presenti nell’area di azione del giocatore. In ogni turno Snake potrà giocare minimo due carte delle sei disponibili (al massimo); se nella mano dovesse avere meno di due carte allora non potrà sfruttare al massimo il suo turno. Ogni volta che il giro si conclude il giocatore pesca due carte e può così giocarne tante quanto è il suo “Resto” (ovvero il numero di azioni eseguibili a turno). La rotazione e di conseguenza la velocità con cui il giocatore può rigiocare e ottenere il turno, è determinata dal “Costo”, equiparabile più o meno alla fatica. Ogni carta ha un costo che viene attribuito al giocatore al momento dell’utilizzo; solo quando il valore del costo residuo calerà nuovamente a zero il giocatore potrà riavere il turno: si capisce dunque che a costo maggiore corrisponde un attesa più lunga, che potrebbe essere fatale se ci si trova in balia del nemico. E’ bene dunque calcolare adeguatamente le proprie azioni e limitare il più possibile i costi. Vita e status alterati sono poi molto semplici e basilari, facilmente comprensibili e ben applicati: con un po’ di attenzione non si avrà alcun problema.
C’è da dire che il sistema in sé è realizzato abbastanza bene, anche se verrà sofferto dagli amanti della saga. Verrà apprezzato invece da chi ha voglia di godersi una trama avvincente senza il fiato perennemente sul collo, potendo pensare per tutto il tempo necessario a come agire o proseguire. Tutto ciò però si adatta pessimamente alla longevità del gioco: andando con comodo si raggiungono le venticinque ore circa, ma anche riuscendo in venti ore a vedere il finale non si potrà non avere sofferto un sistema fin troppo statico. Nei momenti critici, le carte e i turni diventano i migliori amici del videogiocatore (anche se rimangono comunque odiate dagli amanti dell’azione tipica della saga), ma quando si deve semplicemente proseguire o spostarsi rapidamente questo sistema risulta logorante. Alla lunga stanca, è troppo monotono e la perdita di tempo diviene considerevole, mentre ad occhio e croce con il sistema tradizionale si poteva raggiungere la fine in 10-15 ore, andando spediti. E’ una perdita di grande valore, in quanto il nuovo sistema non ha nulla di male ed è ben organizzato, ma la durata delle missioni dovrebbe essere nettamente inferiore per farlo apprezzare, concedendo magari qualche oretta in più alla trama, che sembra fatta finire troppo in fretta dopo una più che lunga “introduzione”. Quella che poteva essere una scelta promettente si trasforma dunque in una parziale delusione, con la speranza che in futuro (in occasione di nuovi titoli) possa essere fatta qualche revisione, così da eliminare i punti deboli di questo gioco.


Missione compiuta

In conclusione, Metal Gear Ac!d è un gioco apprezzabile, divertente e per certi aspetti interessante, non al livello dei capitoli per console fissa ma comunque un ottimo lavoro. La grafica in-game rimane di ottima fattura, apprezzabilissima, così come la scelta dei filmati d’intermezzo a “fumetti”, davvero piacevoli. La trama, nonostante qualche alto e basso, non delude ed affronta tematiche forse mai sfiorate in altre occasioni; inoltre l’ottima commistione fra elementi nuovi e già proposti offre un ottimo risultato che non fa rimpiangere la serie “madre” ma che allo stesso tempo non cerca di imitarla, evitando così il rischio di qualche delusione sia sul piano dei risultati che per gli amanti della saga non possessori di PSP. Un gioco consigliato, da giocare possibilmente tutto d’un fiato e almeno due volte, ma non ancora un must have.

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