Mindjack – Recensione Mindjack

Il mondo degli sparatutto, si sa, è di matrice prettamente occidentale. Che si parli di prima o terza persona, la genesi del genere si deve al buon caro occidente, grazie a titoli storici che ogni appassionato dovrebbe conoscere ed amare. Quando una software house nipponica ed importante come la Square-Enix decide di produrre e sviluppare sparatutto, significa che sta imboccando la strada dell’occidentalizzazione, tra l’altro evidente anche dagli ultimi capitoli della sua fantasia finale.

Mindjack è uno sparatutto in terza persona apparentemente come molti altri, ma non privo di qualche elemento interessante. Diciamo sin da subito che l’esperimento TPS di mamma SE può però considerarsi fallito. Per quanto le idee iniziali fossero buone e promettenti, lascia interdetti lo spreco di idee interessanti che, se fossero state sviluppate meglio, avrebbero dimostrato potenzialità ben diverse.

 

 

Signori e Signore… ecco a voi il futuro!

Come nel più classico dei cliché, il gioco ci trasporta in un futuro prossimo dove la tecnologia è progredita in maniera vertiginosa e dove potenti corporazioni cercano di prendere il controllo del globo. Il giocatore vestirà i panni di un bellicoso agente della Federal Intelligence Agency, tale Jim Corbin, in grado, grazie alla tecnologia in mano ai federali, di appropriarsi di corpi altrui e di comandarne e deciderne i movimenti.

Per tutta la durata dell’avventura (non molto lunga, per dirla tutta), il plot narrativo resterà sempre di fondo, mostrandosi sporadicamente sotto forma di cut scene spesso criptiche e povere di spiegazioni. A fine gioco si ha la sensazione di aver capito poco o nulla della trama, proprio per colpa di scelte narrative e registiche che non riescono a dare al giocatore la consapevolezza di ciò che gli accade intorno. Questo, purtroppo, è solo uno dei molteplici passi falsi che costellano Mindjack.


Guarda come ti controllo il nemico!

Dal punto di vista prettamente ludico il gioco non si discosta dai classici stilemmi del genere portati in auge dall’immortale Gears of War. Per uscire vivi dagli scontri sarà bene utilizzare saggiamente le varie coperture sparse per i livelli, spostandosi utilizzando l’immancabile capriola in avanti. Peccato che i controlli appaiono sin troppo legnosi e complessi da assimilare, rendendo spesso gli scontri complessi oltre misura e fastidiosi. Non è certamente un buon biglietto da vista per un TPS, dove i controlli dovrebbero, di norma, essere semplici ed immediati per invogliare il giocatore alla battaglia.
 

 

Fin qui, difetti a parte, niente di nuovo. Le novità arrivano quando il gioco inizia a mostrare i vantaggi del sistema di controllo degli avversari. Uscendo dal proprio corpo è infatti possibile impossessarsi di quelli degli avversari, con tutti i vantaggi che questo implica. L’idea di fondo sembrerebbe quantomeno interessante, capace da sola di giustificare alcuni passi falsi del plot narrativo. Ma anche qui, lo sviluppo non è riuscito a rendere giustizia alle buone idee di base.

Una volta che un nemico verrà messo fuori gioco, si avranno pochi secondi per avvicinarsi e convertirlo alla nostra causa. Ma non solo, il malcapitato potrà essere controllato, premendo i pulsanti dedicati, direttamente da noi. Purtroppo, questo sistema si rivelerà poco efficace dal punto di vista tattico, per via dell’interfaccia poco intuitiva durante il cambio di corpo, e specialmente per la scelta infelice di permettere lo scambio anche quando il nostro alter ego incapperà in una morte prematura, rendendo gli scontri eccessivamente semplici.

Il gameplay, nonostante alcune idee originali, si dimostra mal sviluppato ed eccessivamente macchinoso. Insomma, un ennesimo passo falso. A risollevare un po’ le sorti del titolo, però, ecco sopraggiungere la riuscita modalità online, decisamente più divertente e riuscita del gioco in singolo.

Futuro asettico

Graficamente parlando, Mindjack si presenta poco più che accettabile, ma comunque, vistosamente sotto tono rispetto a certe produzioni odierne. La pecca più evidente è rappresentata dagli ambienti, troppo vuoti e troppo perfetti per sembrare anche solo lontanamente realistici. Discretamente migliori i modelli poligonali, in ogni caso appena sufficienti.
 

 

Non si toglie di dosso quest’aria di mediocrità nemmeno il comparto sonoro, assolutamente anonimo ed incapace di svolgere appieno il suo compito. Buono invece il doppiaggio inglese, forse uno degli elementi migliori di tutta la produzione.


Tirando le somme.

Nonostante alcune idee interessanti, che avrebbero fatto faville se sviluppate in maniera più accurata, Mindjack si rivela come un gioco mediocre e frettoloso. Non c’è nulla che riesca a brillare di luce propria, anzi, tutto sprofonda mestamente se si pensa allo standard dei TPS odierni. Insomma, parliamo di un progetto mal riuscito ed un passo falso per la mamma della fantasia finale.

Mindjack è sconsigliato a tutti, amanti dei TPS e non. Se siete amanti del genere potreste dargli una chance, ma assicuratevi di provarlo prima di portarvelo a casa.

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