Need for Speed: The Run – Recensione Need for Speed The Run

Ci sono volte nella vita nelle quali tutto va bene, ogni cosa gira per il verso giusto e i risultati finali si rivelano esaltanti. Ci sono volte nella produzione di un videogioco dove tutte le idee si sposano perfettamente tra loro, tutti gli elementi si amalgamano per dare vita a un piccolo capolavoro e spesso il mondo videoludico ringrazia.
Quando questo insieme di fortunati eventi si ripete per due volte consecutive si viene a creare una serie ammirata, con tanto di fan affezionati e fidati; il tutto, però, porta anche a delle aspettative di maggior livello, e la parte più difficile arriva quando con i lavori successivi non si riesce a confermare l’andamento eccellente che si era raggiunto.
Nella maggior parte dei casi, quando si verifica una situazione simile, la serie decide di intraprendere nuove strade, introducendo novità consistenti o mescolando nuovi elementi ai vecchi, tentando di trovare la chiave giusta per riaprire la porta del successo. Quando questa chiave non vuole girare, però, il risultato è spesso un esperimento affrettato e mal riuscito, senza un’identità propria e di poca sostanza.

Questo è quanto è accaduto (e continua ad accadere) a Need For Speed (NFS), serie ormai storica, che grazie ai suoi capitoli Underground aveva raggiunto l’apice del successo per poi intraprendere una scia di risultati poco convincenti che hanno diviso sempre più i fan storici. Need For Speed Hot Pursuit, piccolo gioiello firmato Criterion Games, sembra aver risollevato recentemente le speranze dei fedelissimi, ma comunque negli ultimi anni la serie si è spinta sempre verso nuove coste finendo il più delle volte col naufragare senza rotta: tentativi come Shift o i vari Nitro e Carbon non rendono giustizia ai loro predecessori, né mostrano una loro personalità. Solo Hot Pursuit, appunto, si rivela degno del favore dei nostalgici: tuttavia, affidare il ritorno al successo ai rivali storici creatori di Burnout (e al loro stile) non poteva diventare routine.
Così EA torna alle origini e assegna le redini dell’ultima scommessa ai suoi professionisti, quel team interno Black Box padre dei due capolavori Underground e degli altri titoli "clandestini": riusciranno a ritornare al successo?


La Corsa

Come il titolo del gioco suggerisce, la modalità principale di questo NFS è rappresentata dall’idea più cinematografica che il team Black Box abbia mai avuto: una corsa clandestina Coast to Coast di oltre 4000 km, da San Francisco sino a New York, promossa da un non precisato riccone che mette in palio 25 milioni di dollari per l’unico vincitore. Quota di partecipazione: 250.000 dollari; cifra che Jack Rourke, protagonista indebitato fino al collo e sempre nei guai con la mafia, non può permettersi. Ed è qui che entra in gioco la cara e premurosa Sam Harper, legata a Jack da un rapporto non precisato (probabilmente amica da tempo che prova qualcosa per il protagonista), la quale decide di investire su di lui e farlo partecipare alla corsa, promettendogli in cambio il 10%; due milioni e mezzo di dollari sono tanti, ma ci si chiede perché il pilota, che difatti fa tutto il lavoro e arriva pure a rischiare la vita durante la corsa, accetti così tranquillamente solo il 10%.
Ad ogni modo, Jack non si tira indietro e inizia la scalata verso il primo posto: i partecipanti infatti sono più di 200, e ovviamente il protagonista si trova tra gli ultimi, costringendo il giocatore ad una rincorsa lunga più di 4000 km attraverso tutti gli Stati Uniti.

 


Tornante su neve tipico dello scenario sulle Montagne Rocciose: i più difficili da affrontare

 

L’idea è fantastica, ispirata ovviamente alla spettacolarità dei classici Fast & Furious, e apre a migliaia di risvolti e sessioni di gioco che farebbero sognare qualunque appassionato. Immediatamente ci si aspetta gare mozzafiato su scenari tutti diversi, in grado di alternare sprint a tutta velocità nella Death Valley a discese per i tornanti innevati del Colorado, con tanto di valanghe o fughe sui binari mentre si lotta per guadagnare posizioni. Ed è questo quello che i ragazzi di Black Box mettono in pratica.
Gli ingredienti spettacolari ci sono tutti: valanghe appunto, corse nei tunnel della metropolitana, fughe tra palazzi in mezzo a cantieri aperti, ponti che crollano subito davanti alla propria auto, slalom in città e voli tra strade interrotte sopra enormi incroci.
Il problema è che nessuno di questi rende: per nemmeno un minuto durante tutto il gioco si riesce a rimanere sbalorditi o soddisfatti da tutti questi elementi. Gli scenari, per quanto elaborati, sembrano impersonali (e graficamente non eccellenti), gli avversari sono tutti piuttosto scarsi, le gare sempre simili e anche quando succede qualche evento speciale si finisce nel 90% dei casi a ritrovarsi con un Reset.

Reset

L’elemento inedito nel gameplay di Need For Speed The Run è senza dubbio il Reset.
Mentre in tutti gli altri titoli della serie ogni uscita fuoristrada, ogni incidente o altre sfortune prevedevano uno "spettrale" ritorno in strada con la perdita di qualche secondo (in perfetto stile Mario Kart), questa volta EA ha deciso di suddividere ciascuna gara (difatti tutti degli sprint) in diversi checkpoint, dai quali ripartire appunto in caso qualcosa andasse storto.
Stando allo stile della gara (sprint nei quali recuperare posizioni o secondi preziosi) sembra l’unica soluzione possibile, il problema è che anche questa viene messa in atto male. Nella maggior parte dei casi infatti i motivi di reset sono dovuti a leggere uscite fuoristrada (a volte veramente minime) o a incidenti con il traffico. Spesso le due cose si uniscono: due auto viaggiando in senso opposto finiscono col bloccare tutto il suolo asfaltato proprio quando è ormai impossibile frenare, non lasciando spazio per passare se non fuori strada, e a quel punto il gioco riconosce che si è usciti dal percorso e attiva automaticamente il reset al checkpoint. Le opzioni quindi diventano spesso l’incidente o uscire di strada, ma entrambe portano al reset; non ci sarebbero ulteriori problemi se ripartendo le cose andassero diversamente, purtroppo però il reset ripresenta tutte le volte le stesse condizioni, e quindi a meno di grossi rallentamenti o guadagni di tempo ci si ritrova di nuovo di fronte allo stesso "blocco" del primo tentativo. A conti fatti spesso (perché tutto ciò è più frequente del previsto) l’unica soluzione è frenare bruscamente e attendere che si liberi lo spazio per passare (con conseguente perdita di terreno nei confronti degli avversari) oppure provare e riprovare sino ad esaurire i reset e ricominciare da capo, attendendo caricamenti infiniti ad ogni ripartenza dal checkpoint.

 


Sfida a tempo, se non si raggiunge il checkpoint entro lo scadere del tempo
entra in gioco il Reset

 

Il principale difetto di questo sistema infatti sono gli interminabili tempi di attesa per riavviare scenari, gare o reset, caricamenti troppo frequenti che finiscono col portare a circa dieci ore di gioco una corsa che come tempo totale passato su strada si aggira intorno alle due ore: senza esagerazioni, togliendo il tempo perso su strada a riprovare le stesse tratte dopo i reset, si tratta di circa 5-6 ore nette di caricamenti e riavvii, un’eternità soprattutto per un gioco che dovrebbe mostrarsi sempre rapido e frenetico. Tempi inoltre destinati ad aumentare in caso di giocatori meno abituati al genere, mentre i più esperti non riusciranno a fare molto di meglio, purtroppo.

C’è veramente bisogno di velocità

Chi dovesse resistere ad una trama di fondo poco riuscita e ai tempi di caricamento storici potrebbe riuscire a godersi un titolo che bruttissimo non è. L’intera corsa è divisa in dieci scenari, uno per ogni "paesaggio" specifico, a loro volta formati da circa cinque corse ciascuno.
Queste gare, come detto prima tutte degli sprint da un punto A a un punto B, possono essere essenzialmente di quattro tipi: guadagna posizioni, dove entro la fine dello sprint bisogna guadagnare tutte le posizioni richieste; guadagna tempo, dove si hanno pochi secondi per arrivare ai vari checkpoint sino all’ultimo; lotta, dove entro lo scadere del tempo assegnato bisogna raggiungere, superare e rimanere davanti al proprio avversario, ripetendo per tre o quattro volte nello stesso sprint; e infine sconfiggi rivale, una gara contro piloti più esperti che occupano posizioni importanti nella corsa.
In mezzo a tutto questo ogni tanto ci si ritrova in sessioni fuori dall’auto, inedite per la serie, sotto forma di Quick Time Events, tra fughe all’ultimo secondo e scontri contro la polizia, utili a spezzare un po’ l’equilibrio statico della corsa e a movimentare l’azione, ma rimangono rare e fin troppo scontate.

 


Jack in una sua fuga fuori dall’auto: sembra che il poliziotto avrà la peggio

 

Il gioco va avanti sempre così, alternando ogni tanto le tipologie di sprint, e lasciando l’unica possibilità di personalizzare l’esperienza di gara alla scelta dell’auto.
Assodato il fatto che anche in questo capitolo non sarà possibile modificare le vetture (se non kit wide body per alcuni modelli), il parco macchine si divide in quattro categorie: sportive, adatte ai percorsi urbani; esotiche, per tracciati tecnici; muscle car, pura potenza su autostrada; e infine Supercar, bolidi costruiti appositamente per ottenere le massime prestazioni. Tutte queste categorie sono poi divise per Fasce, dalla 1 alla 6, in ordine di potenza/velocità massima, dalle auto da 200 km/h sino a quelle da 400 km/h.
La quantità e la varietà dei modelli disponibili nella corsa, tuttavia, é irrisoria: alcuni episodi durante la storia obbligano a scegliere un modello su tre e si finisce con l’avere non più di tre auto per categoria (una sola per le Supercar) nel proprio garage, anzi, dal proprio benzinaio.
Sì, perché il cambio vettura si effettua tramite una breve sosta in una stazione di servizio durante il tragitto, proprio per mantenere alto lo spirito della corsa non-stop. Il problema principale, però, é che non si trovano in tutti gli sprint, quindi saltarne una può voler dire affrontare tutto lo scenario con un auto non adatta al tracciato (e a volte può essere veramente difficile); se a questo si aggiunge che alcune sono fin troppo mimetizzate e che il piccolo indicatore di vicinanza alla stazione spesso sbaglia, segnalando distanze chilometriche quando ci si passa accanto, si può ben capire perché i controller rischiano più volte di finire in aria o contro un muro.

Non eccellente

Il bilancio tracciato finora può far pensare di trovarsi di fronte al peggior Need For Speed della storia. Senza voler togliere primati del genere a ProStreet e Co., si può facilmente affermare che The Run é un gioco gradevole per molti aspetti, ma con tanti, troppi difetti. Quelli citati fin qui bastano a rendere l’idea, tuttavia ciò non significa che gameplay e trama siano da buttare, solo non sono eccellenti, né vengono supportati da altri elementi validi.
Il sonoro, ad esempio, da sempre punto fermissimo della serie, in questo capitolo cade nell’anonimato più assoluto, con poche tracce e nessuna entusiasmante, inoltre non é più possibile nemmeno impostare una playlist propria (come invece in Hot Pursuit). Stessa valutazione per il reparto grafico: complice gli ovvi paragoni con altri titoli (se vi siete stancati di Hot Pursuit basta citare Shift 2 o più semplicemente Gran Turismo), é impossibile non notare grandi lacune, oltre che nella realizzazione dei personaggi, soprattutto negli sfondi e panorami durante le gare; classica attenzione invece per le vetture, tutte ben curate, ma da sole non bastano.

 


Auto curate egregiamente, peccato per gli sfondi non sempre validi

 

Non bisogna dimenticare, infine, che The Run é nulla senza l’online: l’intero gioco si basa sul confronto dei tempi di ogni scenario e dell’intera corsa gestito da Autolog, il sistema di raccomandazioni e sfide tra Amici già inaugurato con successo da Hot Pursuit. Alla fine di ogni scenario, appunto, Autolog mostra la posizione del proprio tempo nella classifica dei propri Amici, e lo stesso discorso vale per il tempo totale della corsa, mentre addirittura diverse vetture si ottengono proprio battendo un certo numero di raccomandazioni, sfide proposte da Autolog per battere i tempi dei propri avversari.
Per chi però non dovesse disporre della rete Internet la longevità del gioco si riduce drasticamente, limitandosi alla Corsa e a poche sfide poco entusiasmanti, sempre a tempo.

Nostalgia mancata

Proprio quando ci si aspettava un ritorno ai fasti grazie all’intervento della collaudata EA Black Box, il team di sviluppo canadese di Electronic Arts manca l’appuntamento con i fan e non riesce a restituire alla serie lo smalto che merita. Tanti, troppi difetti, troppe mancanze e pochi motivi per entusiasmarsi. Nulla di nuovo, solo un altro miscuglio di buone idee messe insieme senza un filo logico, che si perdono nella confusione di un titolo  tutto tranne che in stile Need For Speed. Se si doveva continuare a rinunciare al tuning, alle corse clandestine notturne, ai neon luminosi e alle belle ragazze, tanto valeva continuare sulla stessa scia di Hot Pursuit.
Rivogliamo Need For Speed, quello vero.

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