Obscure – Recensione Obscure (2005)

In principio c’era Alone in the Dark. Poi, anni dopo, due pietre miliari come Residen Evil e Silent Hill facevano la loro comparsa sulla prima Playstation, terrorizzando e divertendo milioni di videogiocatori estasiati in tutto il mondo: nasceva così il Survival Horror, genere videoludico che avrebbe raccolto consensi oltre ogni aspettativa da critica e pubblico. Da allora, sulla falsariga dei capostitpi del genere, sono stati prodotti molti giochi: i vari Parasite Eve, Dino Crisis, Deep Fear (alzi la mano chi lo ha giocato sul Saturn!), Haunting Ground, Cold Fear e Dead Space sono solo alcuni esempi per dimostrare come la solidità del concept alla base del nuovo genere abbia influito sui titoli sviluppati per tutte le marche e le generazioni di console. E’ in questo scenario che si colloca Obscure, survival horror sviluppato da Hydravision che, pur ricalcando senza innovazione alcuna le meccaniche già viste negli anni passati, riesce ugualmente a far provare qualche sano brivido di paura giocando sull’ancestrale timore del buio, che da sempre affascina e terrorizza il bambino che c’è in noi.

 

 

Come in tutti gli horror, è una giornata come le altre. Ma poi…

 

 

Un copione già scritto

E’ tutto tranquillo al liceo di Leafmore, finchè alcuni studenti non iniziano a scomparire senza lasciare traccia. Mentre le autorità sembrano inspiegabilmente non interessarsi al caso, all’interno della scuola viene indetto il coprifuoco per impedire ai ragazzi di aggirarsi nei dormitori durante la notte. Kenny, uno studente con il pallino dello sport, si trattiene qualche ora in più in palestra per il suo allenamento di pallacanestro e, quando scopre che la sua borsa è stata rubata dallo spogliatoio, esce all’esterno seguendo un’ombra (il ladro?) che fugge in lontanaza. Naturalmente, anche il ragazzo scompare. Noi, nei panni dei suoi amici, ci addentreremo nei sotterranei e nelle stanze segrete del liceo, per scoprire una verità che avrebbe fatto meglio a rimanere nell’ombra… o meglio, nell’oscurità.

Già da queste poche righe emerge chiaramente come Obscure prenda spunto dagli horror movie girati a cavallo tra gli anni ’80 e ’90: Nighmare, Venerdì 13 e Scream sono solo tre degli esempi più ecclatanti. Il plot narrativo, insomma, è trito e ritrito, i soliti teenager che diventano carne da macello nelle grinfie di minacciosi mostri celati nell’oscurità ma non per questo è degno di poco interesse: chiunque abbia amato i film di cui sopra (e i loro infiniti cloni e remake) non potrà che apprezzare questo titolo. Intendiamoci: la storia alla base del gioco non raggiunge chissà quali vette di ispirazione, ma svolge egregiamente il suo compito di stupire, attrarre e far saltare sulla sedia con qualche colpo di scena ben architettato.

 

  Gli studenti scopriranno presto che era meglio rispettare il coprifuoco…

 

  

Chi ha paura del buio?

Quando cala la notte, a Leafmore, l’oscurità avvolge ogni cosa: allaga le stanze, confonde i contorni, allunga le ombre. Gli sviluppatori hanno prestato una grande attenzione nella realizzazione grafica di Obscure, riuscendo nell’intento di riprodurre un ambiente di gioco credibile e pauroso al punto giusto. L’architettura e i corridoi del liceo, a dirla tutta, ricordano molto l’ospedale di Silent Hill (gioco dove peraltro c’era anche una scuola alquanto agghiacciante), così come molte inquadrature riportano alla mente la casa del primo Resident Evil, in cui ogni angolo cieco nascondeva un potenziale pericolo. Badate bene, però, che tali considerazioni non sono da prendere come negative in senso assoluto: proprio perchè ispirate dai grandi del passato, le ambientazioni di Obscure sono tanto interessanti e credibili quanto inquietanti e spaventose. Degna di nota la cura riposta nelle ombre: che siano proiettate dagli oggetti, dai personaggi in movimento o generate dalle fonti di luce, si ha sempre l’impressione di trovarsi di fronte a un’ombra che si comporta esattamente come farebbe nella realtà. Gli sviluppatori hanno dimostrato di conoscere e di saper sfruttare l’hardware della Playstation 2, e quanto detto per il buio vale anche per la luce: le fonti luminose sono realizzate a regola d’arte, così come gli effetti di luce dinamici. E’ possibile, per fare un esempio, liberare una finestra sbarrata e vedere la luce che filtra dall’esterno, così come si può impugnare la torcia elettrica (stando molto attenti alla durata delle batterie…) e illuminare i propri passi durante l’esplorazione.

Fortunatamente, la cura riposta nella realizzazione di luci e ombre è stata riservata anche ai personaggi e ai mostri che popolano il mondo di gioco. I protagonisti comandati dal giocatore vantano delle animazioni sopra la media, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle armi bianche. I nemici che si incontrano durante il cammino sono altrettanto ben disegnati, anche se circondati da un’aura di "già visto" che li fa presto confondere con quelli combattuti in un Silent Hill a caso. Nessun problema, comunque: come già argomentato in precedenza, la somiglianza grafica con i survival horror ormai storici non può che giovare a un titolo nelle cui intenzioni non c’è niente di più se non la volontà di far correre qualche brivido per la schiena a noi videogiocatori appassionati di horror. Da sottolineare infine come gli scenari siano in tre dimensioni, rendendo possibile l’interazione con essi: camminando, i personaggi del gioco sposteranno sedie, romperanno vetri e faranno cadere a terra oggetti e soprammobili se li urteranno. Piccoli particolari che, nell’insieme, favoriscono l’immedesimazione e fanno sembrare Leafmore un liceo vero, vivo, tangibile… e possibilmente ancora più terrificante.

 

 L’illuminazione è studiata a regola d’arte per creare suspance

 

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