Operation Flashpoint: Dragon Rising – Recensione Operation Flashpoint 2: Dragon Rising

Circa dieci anni fa, una piccola casa sviluppatrice, nata sotto il nome di Bohemia Interactive, realizzò un titolo bellico talmente particolare ed innovativo nel suo genere da spodestare tutt’oggi i più grandi titoli di guerra per il suo realismo e la forte componente tattica, il tutto in un contesto sandbox. Di per sé la parola "Sandbox" difficilmente si fonde con quella "First Person Shooter"; anzi i comuni FPS sono per lo più caratterizzati da aspetti "negativi" come una forte linearità all’interno di contenuti o ambientazioni, e una libertà d’azione quasi assente. Ma Bohemia volle integrare appieno tatticismo, realismo e libertà all’interno del suo FPS, ed il primo Operation Flashpoint, ovvero il possente Cold War Crysis, riuscì ad imporsi nel mondo videoludico. A seguire vennero poi rilasciate delle espansioni, che andarono ad integrare la celeberrima Guerra Fredda trattata nel primo capitolo. Col passare del tempo Bohemia Interactive si staccò dal publisher Codemasters, e iniziò lo sviluppo di un nuovo titolo, le cui meccaniche si volevano rispecchiare nelle stesse di Operation Flashpoint, e così sbarcò sugli scaffali Arma: Armed Assault, fino a giungere all’inizio dello scorso anno con il rilascio di Arma 2. Codemasters nel frattempo ha voluto tentare la sorte con un seguito di Operation Flashpoint, con grande timore dei fan data la mancata lavorazione del titolo da parte del team Bohemia.

 

 

 

I soliti americani impiccioni..!

Sin da subito il gioco si presenta ben congegnato. Il titolo ha inizio con una sequenza narrativa che riprende alcuni tra gli avvenimenti storici più importanti e significativi degli ultimi anni, tra cui è citata la Guerra Fredda trattata nel primo Operation. In Dragon Rising giungiamo all’anno 2010, afflitto da un’incurabile crisi economica che ha colpito in primo luogo la Cina. Alla base sembra esserci il cosiddetto Oro Nero, che ancora una volta semina guerra nel mondo. Ed ecco dunque la Cina che si organizza per colpire la Russia, anch’essa ferita dai colpi della crisi.  Lo scontro vede come fulcro l’immaginaria isola di Skira, posta nei pressi del mar del nord giapponese.  In mezzo a tale baccano come non potevano mancare gli Americani? Si immischiano infatti anch’essi nel conflitto scaturito in oriente, sotto richiesta della Russia, che per l’appunto ha perso la propria isola durante l’occupazione cinese.

Tutto questo sembrerebbe rispecchiare una furba critica verso la posizione politica e militare degli Stati Uniti d’America negli ultimi anni che si riversa in una sfrenata ricerca di petrolio nei territori arabi. Di certo si nota una forma di denuncia verso la società odierna, a partire dalla crisi stessa, di cui tanto si è discusso e che continua ad essere un forte problema nel mondo. Come in Cold War Crysis la componente politica sta alla base della trama, e seppur il conflitto sia questa volta puramente inventato, i temi trattati rispecchiano comunque problematiche realmente esistenti.
 
 

 

Impugniamo le armi e addentriamoci nell’isola di Skira!

Come già detto nella prefazione, Operation Flashpoint è stato caratterizzato in tutti questi anni dalla sua forte componente realistica e tattica, e dall’approccio sandbox mai visto in nessun altro FPS: un videogioco totalmente diverso dal giocatissimo Call of Duty. In Operation Flashpoint non saremo il nuovo super soldato di turno, munito di armi con munizioni pressoché infinite e resistente ad un intero caricatore sparatogli contro. Non ci troveremo a compiere imprese al limite dell’impossibile, spodestando un insediamento di nemici praticamente da soli, contro minimo un centinaio di soldati. Anche in Dragon Rising tale aspetto, seppur ridotto rispetto a Cold War Crysis, è stato saldamente mantenuto. Anche a livelli di difficoltà più facili, un neofita del genere si troverebbe in difficoltà nell’approcciarsi alle varie missioni; un cosiddetto "veterano" potrebbe invece trovare vita più facile in questo secondo capitolo. Catturare avamposti nemici non sarà così arduo come in Cold War Crysis, data la minor precisione dei colpi scagliati dai nemici (davvero estrema nel primo titolo Bohemia) ed un sistema di rigenerazione dell’energia più facilitato. Una volta colpiti si avvierà un interessante sistema di emorragie. La zona ferita verrà segnalata sul busto del nostro personaggio in basso sullo schermo. La zona risulterà verde, gialla, o rossa in base alla gravità del colpo subito. Dalla ferità si espanderà un’emorragia, che pian piano andrà a svuotare la nostra barra rossa della vita, fino a portare il personaggio alla morte. La fuoriuscita di sangue potrà essere curata attraverso bendaggi apportabili dal giocatore stesso e di cui potremo usufruire in qualsiasi momento. Curarsi bloccherà solo l’emorragia ma non ricaricherà la barra della vita. Naturalmente esporsi a colpi mortali causerà il decesso istantaneo del nostro alter ego, oppure esso cadrà immobilizzato a terra e dovremo attendere il soccorso di un nostro compagno medico, prima dell’esaurirsi della barra vitale. Se invece saremo feriti ad una gamba, non potremo più scattare, a differenza di Cold War Crysis dove invece si zoppicava ed il ritmo di gioco calava notevolmente, ed un proiettile conficcatosi nel braccio può influire sulla nostra precisione di tiro.

Per quanto concerne la gestione dei compagni di squadra, le meccaniche sono state notevolmente semplificate. I soldati che dovremo gestire sono stati ridotti a tre, e gli ordini che possiamo impartire loro sono stati organizzati in un comodo menù gestionale che si dirama da 4 sezioni principali in vari sottomenù, segnando una grande differenza rispetto a Cold War Crysis.  Rimane comunque indispensabile coordinare sapientemente le azioni dei propri compagni, senza i quali sarebbe impossibile il proseguimento delle missioni. Il titolo, se giocato ad alte difficoltà, non permetterà ai nostri uomini di ricomparire una volta deceduti lungo lo svolgimento della missione, obbligando ad un approccio, con il campo di battaglia, più calcolato e meno votato all’assalto immediato. Assai utile la mappa, che oltre ad indicarci la locazione nostra e dell’obbiettivo, permetterà di coordinare l’azione dei nostri soldati sulle lunghe distanze.

Nota negativa per il sistema di checkpoint implementato dagli sviluppatori. Se si è tanto parlato della componente sandbox che ha caratterizzato Operation Flashpoint lungo gli anni, la forma di linearità imposta da un tale sistema di salvataggi non può essere considerata altro che pessima. A lungo andare si potrà notare come gli obbiettivi siano tutti incentrati sull’ordine "spostati da questo punto a quell’altro". Ovviamente gli spostamenti rimarranno liberi, ma a causa di questa scelta degli sviluppatori la libertà viene ad essre complessivamente fortemente influenzata.

Non manca poi un buon settore multiplayer, con tanto di premi e gradi raggiungibili con il salire dell’esperienza acquisita in gioco. Le modalità di gioco spaziano dal classico deathmatch ("Annientamento") ed una sorta di conquista il territorio ("Infiltrazione"), il tutto su aree di gioco tutt’altro che limitate. Il numero massimo di giocatori per partita è di 32. A contornare il tutto non manca la possibilità di rivivere le vicende della storia in modalità cooperativa, dove i compagni non saranno più impersonati dall’IA ma dai altri giocatori. Riassaporare la trama assieme ai propri amici rimane uno degli aspetti più divertenti della serie Operation Flashpoint.


220 km quadrati di isola da esplorare… non è una passeggiata!

L’isola ricreata è davvero vasta, ed il tempo per percorrerla interamente è notevole (versione console a parte, dove il campo d’azione si limita all’area di missione). Fortunatamente non ci ritroveremo a viaggiare fra le lande di Skira con le nostre sole gambe. A farci compagnia troveremo numerosi mezzi liberamente utilizzabili, anche se la missione di per sé non lo richiede. Se, ad esempio, liberato un accampamento nemico, troviamo un’invitante jeep con tanto di mitragliatore piazzato sul retro, saremo liberi di salirci assieme ai nostri compagni, uno dei quali prontamente avrà occupato la postazione con mitragliatore. La guida risulterà tutt’altro che facile, e ci vorrà un po’ di pratica per avere padronanza di ogni veicolo, che potrà essere una comune automobile come un elicottero militare. Ogni postazione di ogni veicolo dovrà inoltre essere occupata da un soldato: se ad esempio siamo a bordo di un corazzato, la postazione di guida sarà ben differenziata da quella di tiro. Non potremo dunque, in maniera del tutto arcade, guidare il nostro veicolo e nel frattempo sparare un bel razzo dalla canna, ma dovremo invece far occupare il posto di tiro da un nostro compagno. Lo stesso discorso vale anche per elicotteri e qualsiasi altro mezzo di trasporto.

Tecnicamente parlando…

Dal punto di vista grafica il prodotto Codemasters appare affascinante, mosso dal motore EGO, sfruttato dai famosi videogiochi di guida appartenenti alla stessa Codemasters. L’isola è riprodotta in maniera ottimale, soprattutto dal punto di vista ambientale. Vista dall’alto appare davvero realistica, ed esplorandola da terra si noteranno i più piccoli particolari e la cura verso la realizzazione di essi. A differenza di Cold War Crysis, questa volta per nasconderci dai nemici ci sarà l’erba alta dei campi, che renderà maggiormente la sensazione di quanto selvaggia possa essere l’isola di Skira.  Le texture sono per lo più ben realizzate, ma si noterà anche come molte appaiano mal realizzate, come quelle dei nemici stessi, per lo più tutti uguali tra loro. Animazioni in movimento non del tutto convincenti, come da subito apparse sin dalle presentazioni del gioco. In corsa l’arma ondeggerà in maniera sin troppo scattosa ed esagerata. Non sarà invece possibile entrare nella visuale in terza persona, elemento omesso rispetto ai precedenti episodi della Bohemia. Sistema di luci ed ombre meraviglioso, l’intensità luminosa cambierà in base alle condizioni atmosferiche sull’isola. Non mancherà il sistema di messa a fuoco, ben realizzato e davvero immersivo. Esplosioni non eccelse ma comunque nel complesso d’effetto, e resa dell’acqua sotto tono.

Elemento negativo l’indistruttibilità degli alberi, che non potranno più essere sradicati neppure al passaggio di un corazzato. Alcune baracche e piccoli edifici potranno essere abbattuti, seppur non esista una vera e propria animazione del crollo dato che il tutto viene coperto dal fumo e dalla polvere annesse all’esplosione.

Audio molto buono, caratterizzato da effetti sonori realistici e musiche adeguate alle varie situazioni e soprattutto assenti durante l’azione di gioco in modo da ricreare un’atmosfera maggiormente realistica. Doppiaggio italiano anch’esso buono, seppur rientri nello standard, caratterizzato da una buona dose di emotività trasmessa dal nostro alter ego.

Conclusione

Tirando le somme, Operation Flashpoint 2: Dragon Rising è apparso nel mercato come una valida alternativa ai numerosi titoli arcade che pretendo di simulare vere azioni di guerra. Per chi ha giocato al primo titolo targato Bohemia un pizzico di delusione ci potrà essere, dato lo stravolgimento delle meccaniche di gioco e la veste grafica che, seppur più che dignitosa, nulla ha a che fare con il vecchio Cold War Crysis o Arma. Il divertimento è assicurato, e l’impegno tattico amalgamato ad una certa libertà d’azione sono stati mantenuti per la gioia dei fan e di un pubblico in cerca di qualcosa in stile hardcore player e non casual. Una volta conclusa la campagna ci sarà poi un interessante comparto multiplayer ad aumentare la longevità del prodotto, tra cui la possibilità di intraprendere nuovamente la trama nella modalità cooperativa. Insomma, l’isola di Skira è grande ed impaziente di accogliere nuovi soldati capaci e coraggiosi sul suo suolo. Cosa aspettate ad imbracciare le armi?

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